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In “Storia illustrata della lingua italiana” i mille volti della lingua di Dante

Nel loro nuovo libro, i linguisti Luca Serianni e Lucilla Pizzoni ripercorrono la storia della nostra lingua attraverso l'uso delle immagini

Angelo PerronebyAngelo Perrone
In “Storia illustrata della lingua italiana” i mille volti della lingua di Dante
Time: 4 mins read

Lingua madre di chi è nato con essa e vi è cresciuto sino all’età adulta praticandola nella vita personale e nel lavoro. Oppure lingua della nuova patria, di chi l’ha acquisita con il tempo e con non piccolo sforzo, per necessità di lavoro o per amore: di un luogo, di una persona, di un’arte o professione. O infine lingua del ricordo e della memoria, di chi allontanandosene per diletto, o per costrizioni della vita, vi ha custodito, attraverso i dialetti locali, l’accento regionale, i modi di dire del paese d’origine, qualcosa della propria esistenza precedente, quasi il retaggio di un’altra vita appartenente ad un altrove, eppure così radicato in sé.

Comunque, lingua da imparare ed approfondire, prima vagabondando tra le mille regole ed eccezioni, suoni e costruzioni verbali, poi prendendone graduale confidenza, sino a provare ad ingaggiare con essa un confronto a testa alta.

La lingua italiana vive nei pensieri e nella scrittura di milioni di persone, non solo in Italia ma nel mondo, e in particolare in America, ed ha una sonorità di echi che, per gli stranieri, la distingue da tutte le altre lingue. Una storia plurisecolare che affonda le sue origini nel latino e giunge fino ai giorni nostri, al rapporto con le altre lingue tradizionali a cominciare ovviamente con l’inglese, sino ai linguaggi specifici usati dai moderni mezzi di comunicazione, la tv, la messaggistica degli smartphone, i social.

Molteplici voci e mille volti hanno formato e influenzato la lingua usata nelle espressioni artistiche-letterarie e in quelle scientifiche-professionali e più in generale nelle espressioni quotidiane, rendendola nel tempo diversa dalle sue origini ma mantenendone le caratteristiche di adattabilità al presente.

Un percorso, quello all’interno dell’evoluzione della lingua nei secoli, che certamente può essere svolto – anche in modo innovativo e acuto – soffermandosi sulle regole grammaticali e le sue eccezioni, sulle costruzioni sintattiche e logiche, sulle forme dello scrivere, così radicalmente cambiate nel tempo: non si scrive più non solo alla maniera di Dante o Boccaccio, ma nemmeno di Manzoni, e persino degli scrittori del ‘900 come Gadda o Moravia. Studiando, in una parola, come i meccanismi della lingua siano stati influenzati e poi modificati da ragioni storiche, da cambiamenti sociali, e non solo da quelle puramente logiche.

La storia della lingua e i suoi mutamenti però possono essere anche raccontati “per immagini”, attraverso la ricca documentazione cartacea, fotografica, digitale, che accompagna una tradizione linguistica così lunga e articolata. È lo scopo perseguito dai linguisti Luca Serianni e Lucilla Pizzoni nel loro ultimo lavoro, appunto una Storia illustrata della lingua italiana (Carocci editore, 2017).

Una sfida intellettuale che si rivolge al lettore per accompagnarlo in un viaggio tanto agile e gradevole quanto stimolante e dotto, perché capace di individuare e selezionare quelle molteplici tracce che segnano lo sviluppo di un impianto linguistico e con esso di un intero popolo. L’illustrazione ha il merito di rendere visibile e al tempo stesso concreta qualsiasi citazione dei passaggi essenziali di quel viaggio all’interno della lingua dalle lontane origini latine alle moderne espressioni linguistiche.

Un toccare con mano, un constatare con il potere ineguagliabile del documento cartaceo originale, del ritratto, del disegno o delle più moderne fotografie o riprese video, quanto risulti lungo e complesso quel percorso. E soprattutto quanto l’evoluzione della lingua sia strettamente correlata ad altre manifestazioni della cultura italiana, pittura e scultura, e della scienza (riproduzione di opere letterarie, stampe di libri).

Il Placito Capuano

Di qui, il fascino del documento (in latino) contenente le prime espressioni in volgare giunte sino a noi (“Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”) tratte dal Placito capuano risalente al 960 d.C. Una sentenza emessa dal giudice di Capua in una controversia tra i monaci di Cassino e un privato, e deliberatamente scritta, anche, in volgare perché il suo contenuto fosse più chiaro ai destinatari: un segno, questo, di quanto all’epoca il volgare stesse appunto soppiantando il latino come lingua comune dando origine appunto alla lingua italiana.

Oppure la preziosità del codice Vaticano Latino 3195 che è il primo manoscritto autografo della tradizione letteraria italiana, risalente a Francesco Petrarca. O la suggestione del dipinto di Domenico di Michelino (1465) raffigurante Dante Alighieri mentre mostra in una miniatura il suo sommo poema. Documenti che raffigurano visivamente le origini della tradizione letteraria italiana legata all’espressione linguistica fiorentina.

Un linguaggio scritto, differente dal parlato usato anche negli ambienti più colti e avente caratteristiche diverse nelle varie regioni con profonde accentuazioni dialettali, rimasto tuttavia praticamente immutato come lingua letteraria sino all’800. Quando, con Alessandro Manzoni, proprio quella lingua letteraria giunge ad identificarsi in pieno con la stessa lingua parlata in tutta Italia, così portando a compimento, anche dal punto di vista linguistico, il disegno risorgimentale di unificazione della nazione.

Fra Cristoforo inveisce contro don Rodrigo, ne I Promessi Sposi

E’ l’edizione definitiva del 1840 de I Promessi Sposi (con numerose illustrazioni xilografiche) che rappresenta l’espressione preziosa e suggestiva del lungo e faticoso processo di raccordo linguistico del paese, che assume a modello il fiorentino, in sintonia con l’originaria ispirazione dantesca (da qui l’invito del Manzoni a “risciacquare i panni in Arno”, dunque a fare riferimento a quell’idioma come base di tutto l’italiano scritto e parlato).

Passaggi vertiginosi e radicali, sia pure in un arco di tempo contenuto, sono quelli che avvengono nel ‘900, e che documentano i processi di alfabetizzazione generalizzata degli italiani, dopo la seconda guerra mondiale, attraverso la diffusione del mezzo televisivo e dei programmi culturali specifici (come l’indimenticabile “Non è mai troppo tardi” del maestro Alberto Manzi, con cui le regole grammaticali diventano insolita materia di trasmissioni televisive di successo e strumento di diffusione della lingua) e soprattutto per mezzo di forme espressive comuni che hanno rafforzato l’identità nazionale e fortemente superato i particolarismi dialettali residui.

Si può guardare al passato per immaginare meglio il futuro, anche nell’uso della lingua italiana. Una sfida avvincente, entrare in un territorio complesso e pure difficile, spesso inesplorato per ciascuno di noi che lo pratichiamo, per scoprirne le meraviglie ancora sconosciute: un viaggio nell’italiano che sa stupire ancora, ogni giorno.

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Angelo Perrone

Angelo Perrone

Angelo Perrone è giurista e scrittore. È stato pubblico ministero e giudice. Si interessa di diritto penale, politiche per la giustizia, tematiche di democrazia liberale: diritti, libertà, diseguaglianze, forme di rappresentanza e partecipazione.Svolge studi e ricerche. Cura percorsi di formazione professionale. È autore di pubblicazioni, monografie, articoli. Scrive di attualità, temi sociali, argomenti culturali. Ha fondato e dirige “Pagine letterarie”, rivista on line di cultura, arte, fotografia. a.perrone@tin.it

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