Sigillano silenzi, sanciscono alleanze, impartiscono assoluzioni e infliggono condanne, i baci feroci. Baci impressi a stampo sulle labbra per legare anima con anima, il destino che per tutti è la legge della guerra, dove cacciare è soltanto il momento che precede l’essere preda.
Con questa premessa comincia il nuovo romanzo di Roberto Saviano, Il bacio feroce edito da Feltrinelli è uscito il 12 ottobre. Prosegue il ciclo della “Paranza dei bambini” e lo scrittore torna a raccontare i ragazzi dei nostri giorni feroci, nati in una terra di assassini e assassinati, disillusi dalle promesse di un mondo che non concede niente, tantomeno a loro. Sono galvanizzati dalla fame, dalla rabbia, dall’insoddisfazione e pronti a dare e ricevere baci che lasciano un sapore di sangue.
Lo scrittore è tornato a Torino per una serata promossa dal Salone internazionale del Libro, con Feltrinelli e Officine Grandi Riparazioni, insieme a ragazzi figli di immigrati nati in Italia, ma che non sono riconosciuti come tali dallo stato italiano. In altre parole, quelli cui spetterebbe la cittadinanza come previsto dalla legge sullo ius soli all’italiana che tanto penosamente sta compiendo il suo iter in parlamento e che ancora non sappiamo si riuscirà ad essere approvata per la fine della legislatura.
E c’è un legame simbolico tra il luogo e il format che Saviano ha scelto per la presentazione del suo romanzo-verità che come il precedente racconta di giovani e giovanissimi, nati, cresciuti e spesso uccisi nella rete della criminalità a Napoli e dintorni. Un mondo di Bambini che non hanno mai conosciuto la giovinezza, già adulti perché costretti ad adattarsi alla dura legge della strada, in un momento storico in cui le prospettive di affermazione del sé vengono annullate da un sistema politico e sociale che non sostiene chi desidera condurre onestamente la propria vita e permettersi un’esistenza onesta e serena.
Per gli adolescenti protagonisti delle sue storie, tratte dalla realtà che spaventa più dell’opera di immaginazione, la legalità non è un’alternativa: “La strada del bene non ci ha portato niente, la strada del male qualcosa porterà. È più facile raccontare qualcosa di positivo, di illusorio, ma non è il mio compito. È mio dovere informare il lettore sulla verità, parlando del male che è dentro e fuori di noi, per essere consapevoli di ciò che sta accadendo proprio in Italia, dove il simbolo del valore di ognuno è dettato ormai da quanti soldi si portano a casa, non importa in che modo. Il bisogno di sentirsi potenti va oltre qualunque legge, qualsiasi morale”.
E nei capitoli descrive le vite infernali della periferia di Napoli che alla fine si identifica in ogni periferia del mondo, dove si vive nella certezza di non avere un futuro e che rischiare la vita sia l’unica occasione per combinare qualcosa. Morire è molto meno umiliante che perdere tutti i privilegi acquisiti senza alcuno sforzo per questa generazione criminale per la quale “tutto si riduce ad una graduatoria di soldi e di potere”.
Lo scrittore approfondisce poi il discorso sul dibattuto ius soli: “da una parte ci sono i miei personaggi che usano condotte criminali per vivere al massimo, diventando uomini senza scrupoli, anche se per poco, perché il mondo in cui vivono non permette di guardare al futuro. È tutto e subito, proprio come nel mondo dei social, dove non c’è il tempo di lasciar depositare nulla, tutto è virale, di istantaneo consumo. Così le loro vite, i soldi, il potere. Si contrappone la gioventù che con me presentano Bacio feroce vogliono entrare attraverso la cittadinanza italiana. Sono figli di immigrati nati in Italia o che hanno vissuto gran parte della loro vita in questo paese, che qui hanno studiato e si sono formati. È cercano Il diritto e soprattutto l’identità di appartenere ad una comunità, come sola strada a garantire legalità. La legge deve tutelare un milione e 200mila persone, di cui 800mila bambini, che parlano, vivono e amano italiano”.
Questi ragazzi prima o poi riusciranno a realizzare i loro sogni e ad esprimere i loro talenti, e magari saranno costretti a farlo da un’altra parte, all’estero. E lo scrittore si pone la domanda : Perché farli andare via dopo che sono stati formati in Italia? Dopo che hanno investito le loro vite in Italia?
“I giovani italiani emigrano continuamente per lavorare con dignità. Non possiamo permettere che avvenga una seconda emigrazione solo per l’ottusità razzista di un Paese che non comprende quanto lo Ius soli significhi ricchezza – sottolinea Saviano– ogni anno 200mila di loro vanno all’estero per trovare un’opportunità, che fuggono da un sistema che non li accoglie”.
Tornando al romanzo, proseguono le vicende della paranza dei Bambini che ha conquistato il potere, controlla le piazze di spaccio a Forcella, ma da sola non può comandare. Per scalzare le vecchie famiglie di Camorra e tenersi il centro storico, Nicolas ’o Maraja deve creare una confederazione con ’o White e la paranza dei Capelloni. Per non trasformarsi da predatori in prede, i bambini devono restare uniti. Ed è tutt’altro che facile. Ogni paranzino, infatti, ha la sua missione da compiere : Nicolas vuole diventare il re della città, ma ha anche un fratello da vendicare; Drago’ porta un cognome potente, difficile da onorare; Dentino, pazzo di dolore, è uscito dal gruppo di fuoco e ora vuole eliminare ’o Maraja; Biscottino ha un segreto da custodire per salvarsi la vita; Stavodicendo non è scappato abbastanza lontano; Drone, Pesce Moscio, Tucano, Briato’ e Lollipop sono fedeli a Nicolas, però sognano una paranza tutta loro… Fra contrattazioni, tradimenti, vendette e ritorsioni, le vecchie famiglie li appoggiano per sopravvivere o tentano di ostacolarli, seminando discordia direttamente in seno alle paranze.
Alla domanda posta dai ragazzi in sala :”Cosa possiamo fare noi lettori per poterti aiutare a divulgare la verità, a far conoscere la realtà che è racchiusa nelle tue storie?”
Saviano risponde:”Smettere di essere indifferenti, di comportarsi come questa faida tra bambini non avvenisse qui in Italia, quindi comunicare, parlare, discutere, approfondire, informarsi. Essere complessi, in sostanza perché solo dove esiste coscienza si può trovare un filo di speranza”.