È il 1973. Il Grande Crimine sta per prendere forma. Obiettivo: la Globalizzazione. Niente più anacronistici confini, niente più Stati sovrani. “La tecnologia sta accorciando i tempi e gli spazi, in tutti i settori, a tutti i livelli, a velocità sempre maggiore. L’economia e la finanza sono già pronte ad adeguarsi. La politica deve fare altrettanto”.
Il complotto viene illustrato dal superbanchiere Dan Seller al Segretario di Stato americano Bill Postinger mentre quest’ultimo fuma un sigaro cubano della miglior fattura (“sigari cubani in bocca al Segretario di Stato”, riflette il suo interlocutore, traendo anche da questo piccolo dettaglio una conferma del fatto di essere nel giusto).
In breve: il processo di globalizzazione va guidato da chi i risultati li sa raggiungere davvero, non certo “inutili carrozzoni” come le Nazioni Unite ma multinazionali e banche. In quanto alla politica, dovrà adeguarsi ai tempi. “Protezionismi e nazionalismi vanno scoraggiati in ogni modo – spiega paziente Seller – Va scongiurato qualunque rischio di mettere le élite dei vari Paesi in contrasto fra loro. I germi di un liberismo spinto, economico e soprattutto finanziario, dovranno essere iniettati con intensità e costanza nelle vene del sistema”.
Può Washington fare tutto questo, alla luce del sole? Non direttamente. Ad occuparsene dev’essere una struttura appositamente dedicata, creata da Seller e altri come lui. “Riunirò presidenti, ambasciatori, segretari di Stato, investitori di borsa, banchieri internazionali, ricchi industriali, capi di sindacato, magnati dei mass media, professori di stimate università, segretari di rispettate associazioni e fondazioni. Non solo americani, ovviamente. Europa e Giappone avranno la stessa importanza degli Stati Uniti. Questa organizzazione sarà globale, come il mondo che abbiamo in mente. Ci presenteremo come un innocente consesso di gentiluomini cui preme il benessere dell’umanità. Ma di fatto scriveremo gli indirizzi della politica planetaria”.
Chiunque a questo punto avrà riconosciuto il gruppo Bilderberg, o un’altra delle realtà (anche meno “nascoste”, WTO, Davos, G8, scegliete voi) che in questi anni hanno contribuito a costruire l’intelaiatura del mondo globalizzato, smantellando dazi e dogane, monete nazionali, a volte governi democraticamente legittimati.
I signori della cenere, il nuovo romanzo di Tersite Rossi, duo letterario giunto, con questo accattivante pseudonimo, al suo terzo libro, anche questa volta con le edizioni Pendragon di Bologna (che avevano dato alle stampe la loro opera prima, È già sera, è tutto finito, mentre il secondo, Sinistri, era uscito per E/O), affronta di petto questi temi, molto cari ai lettori “complottisti”, o anche semplicemente incazzati. Lo fa con un surplus di originalità e invenzione. E lo fa cercando sempre di intrattenere il lettore.
Lo stile di Tersite Rossi è tipicamente post-moderno. Mescola concetti e ragionamenti “alti”, sul futuro dell’umanità, o sull’eterno conflitto bene-male, con situazioni e dettagli “bassi”, fumettistici, pulp (i glutei perfetti della segretaria di Postinger, “avvenente bionda fasciata dentro un attillato taileur blu scuro”, le righe di coca tirate ripetutamente da Lorenzo, ex-studente italiano di letteratura con il vizio del poker, diventato squalo della finanza a New York, i sogni erotici del ragioniere sfigato sull’orlo del licenziamento e così via). È inoltre uno stile trasversale ai generi letterari: li attraversa – il giallo, la fantascienza, anche il romanzo d’avventura – ma non li sposa, semmai li sintetizza (dialetticamente?).
Anche i piani temporali, si intersecano. L’apertura ci porta in un’isola del Mediterraneo dove gli invasori, guerrieri dori, massacrano senza pietà la popolazione locale, ed in particolare le donne, dopo avere scoperto l’inganno ordito al loro danni dalla sacerdotessa della Grande Madre. In primis, insomma, c’è la sconfitta delle società matriarcali. Tutto parte da lì: compresa, per dirla con Engels (autore che crediamo non dispiaccia a Tersite Rossi), l’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato.
Il “cuore” dell’azione si sviluppa però nel 2006, ovvero nel periodo immediatamente precedente all’esplosione della grande crisi finanziaria internazionale di cui ancora, specie in Italia, paghiamo le conseguenze.
Molte delle cose raccontate da Tersite Rossi sono, con ogni evidenza, plausibili (evito di scrivere “vere” perché temo questa parola, in ragione degli abusi che spesso si commettono nel nome della verità). Nel mondo globalizzato, si dice ad un certo punto, molti dovranno lavorare di più per avere di meno. Questo è impopolare, osserva il politico. Come si farà a convincere l’opinione pubblica che è bene andare in quella direzione? “Nessun bisogno di convincerla – è la risposta – Basterà farle credere che non c’è scelta”. Non è quello che i cantori del capitalismo globale ci ripetono ogni giorno?
Ma il romanzo, costruito con un ritmo serrato, incalzante, è fatto anche di altri ingredienti, più “ludici”, come il sanguinario fight club a cui si dedica un broker di Wall Street nel Bronx il giovedì sera, o la ribellione improvvisa del Fantozzi di turno scatenata dall’eloquio del manager di una agenzia del lavoro (un misto di inglese, arroganza e luoghi comuni).
In queste pagine ci sono però anche fulminanti spiegazioni di espressioni economiche come “cartolarizzazione”, più efficaci di tanti articoli divulgativi sul tema. Capito il giochino e perché funziona? I signori della cenere cavalca l’azione come un film di cassetta. Al tempo stesso fa filtrare qualcosa di più, sulle regole che governano il Grande Crimine in cui siamo immersi fino al collo, spesso inconsapevolmente. Il “giochino”, come lo abbiamo definito, gli autori in realtà lo spiegano nel post-scriptum: si chiama narrativa d’inchiesta e il suo scopo è “offrire al lettore l’occasione di avvicinarsi a temi, fatti e idee che l’informazione di massa non approfondisce o, spesso, nemmeno sfiora. E di assegnare a quei temi, fatti e idee una nuova forma che, pur facendo perno sul verosimile, spesso e volentieri si spinge oltre la verosimiglianza, per diventare, a volte, quasi predizione”.
Tersite Rossi, fra l’altro, elenca con molta onestà tutte le sue fonti: ad esempio, per quanto riguarda i meccanismi del capitalismo finanziario e la crisi dei subprimes, con salvataggio finale delle banche da parte del governo americano, libri come The Big Short (Il grande scoperto) di Michael Lewis, o Too big to fail (Il crollo) di Andrew Ross Sorkin. Fra gli altri nomi, quello del controverso giornalista e saggista Paolo Barnard, di cui sul web potete trovare molte cose.
Resta un interrogativo: davvero l’era delle sovranità nazionali è tramontata per sempre? Proprio le evoluzioni recenti della politica americana, compreso l’aumento straordinario delle spese militari deciso dal presidente Trump, non ci stanno mostrando forse – assieme anche alla Brexit – che l’era della globalizzazione (con le sue ombre, i suoi fantasmi, ma anche qualche luce, se guardiamo ad esempio alla crescita del benessere in Asia) sta prematuramente tramontando, o quantomeno che è destinata a generare un’antitesi terribile? È quello che è successo, in fondo, nella stagione del primo colonialismo, altro Grande Crimine, sfociata nella Prima guerra mondiale.
Tersite Rossi, che fanno base a Trento, sono, all’anagrafe, Mattia Maistri e Marco Niro. Lo pseudonimo scelto per il loro “collettivo di scrittura” è ovviamente un omaggio a Tersite, l’antieroe omerico, ma anche all’uomo comune, il signor Rossi, appunto.
Tersite Rossi, I signori della cenere, Pendragon, 2016.