Una volta c’erano uomini che portavano alla vittoria. Una volta c’era Agamennone. Che pagò un alto prezzo. Ma i tiranni non sanno mai che un giorno dovranno pagare. Eppure basterebbe conoscere la storia, il mito per essere più accorti. C’è sempre un Agamennone, un re dei re, anche ai giorni nostri. Anzi, tutti vorrebbero esserlo e chissà se ce n’è almeno uno che ne abbia le doti. Chi? Trump? O Putin? O Merkel? Tanto per limitarsi alla scena occidentale.
Uno è sempre l’Agamennone dell’altro. Ma non sempre ci riesce. Bersani vorrebbe far fuori Renzi e dar fuoco al suo governo, ma ha già perso anche se vincerà l’esercito del ‘no’. Ed è possibile che finisca nel falò pure lui. E Berlusconi, che cerca di resuscitare dalle ceneri, non ha imparato la lezione. Si fa sbeffeggiare da un Salvini, che crede indispensabile come l’eroe Achille per espugnare Troia. Non si rende conto che avrebbe bisogno anche di uno scaltro Ulisse. Certo, Parisi non è un Ulisse, ma Silvio dà più valore al capo della Lega che ai propri generali.
“Che può temere il vincitore?” chiede l’Agamennone di Seneca alla profetessa troiana Cassandra, che gli risponde: “Proprio quello che non teme”.
Omero ha inventato ‘il molto determinato’ Agamennone, come il resto della stirpe degli uomini. Ma della tragedia che lo attende in patria, a Micene, ne hanno scritto: Euripide, Eschilo, Sofocle, Seneca, Vittorio Alfieri, Goethe…
Ancora Seneca fa dire a Cassandra: “Il re di mille re è morto per il dono di una donna, per un adulterio, per un inganno, così che sconta un destino uguale a quello che ha inflitto ai Troiani”. E la sublime Cassandra di Christa Wolf osserva: “Come dimentichiamo in fretta e totalmente”.
Lo sanno tutti che la guerra di Troia era scoppiata perché il principe troiano Paride aveva rapito Elena, la moglie di Menelao, re di Sparta e fratello di Agamennone. “Un popolo che combatte per la bellezza!” osserva Cassandra, ma Christa Wolf ci fa una grande rivelazione: Elena non esiste. E fa spiegare a Cassandra: “In Elena, che avevamo inventato, noi difendevamo tutto ciò che non avevamo più”.
E oggi? Renzi combatte per la bellezza della ‘sua’ riforma costituzionale. Ma non combatte per la bellezza della Costituzione, altrimenti comincerebbe a farla giurare agli immigrati non appena mettono piede nella nostra patria. Significa combattere per la bellezza del nostro Paese: non tentiamo nemmeno di preservarlo, difenderlo. Non ci preoccupiamo di rafforzare la nostra cultura, di farla rispettare. Basterebbe rileggersi l’Eneide, dove Virgilio, quando narra della prossima vittoria dell’invasore Enea sul latino Turno, fa rivolgere alla dea Giunone questa preghiera a Giove: “Ti chiedo soltanto ciò che non è vincolato dal fato, lo chiedo per il Lazio e per la dignità dei tuoi. Quando stabiliranno leggi e patti tra loro, fa che i Latini indigeni non cambino il vecchio nome, non si debbano chiamare Troiani o Teucri, non cambino lingua e non cambino veste. Sia Lazio, siano Albani per secoli i loro re, e la stirpe romana sia potente per il valore italico. Troia è caduta, lascia che cada anche il nome”.
Anche se la guerra di Troia avviene intorno al XII secolo a.C. e la conquista del Lazio da parte dei fuggiaschi Troiani è dell’ VIII secolo a.C., quello che importa è l’antico messaggio: i richiedenti asilo vogliono stabilirsi in Italia e pertanto si devono assimilare. Non abbiamo ancora capito che l’ospitalità, se non è considerata tale, non è né un diritto né un dovere.
Per darsi una rispolverata degli antichi valori omerici di onore e gloria, – leggete il poetico saggio Io, Agamennone (Einaudi) di Giulio Guidorizzi, che spiega come per gli eroi greci “il valore è ciò che distingue un uomo da un altro” ed “essere senza vergogna è l’insulto più brutto”.
Nella seconda parte è Agamennone a raccontare la sua verità sulla contesa tra lui ed Achille, che portò quasi all’annientamento dei due alleati greci. Il pomo della discordia: ancora una donna, la schiava Briseide. E sarà Cassandra, l’ultima amata schiava di Agamennone, a prevedere la sua fine per mano della moglie Clitennestra. Ma allora per la bellezza si era disposti a morire.