Il regista e scrittore Giovanni Soldati ha messo su una combriccola di figure dello spettacolo per scrivere, conversando, un libro celebrativo del pane, ingrediente irrinunciabile dell’italico modo di vivere. Sullo sfondo fa risuonare lo sbicchierare di Vino al vino di papà Mario. “Le storie di farina, vino e amori con gli amici di una vita”, sottotitolo a Pane al pane (Infinito edizioni, 2015), sono proposte al lettore come corale celebrazione dell’umile quanto buonissimo, eterno nostro nutrimento.
La galleria di voci è un inno alla simpatia. Dalla compagna Stefania Sandrelli, che firma l’introduzione, a Olmi, Rosi, Paoli, Arbore, Vanzina, Scola poco prima di andarsene, Bertolucci, Nino Benvenuti; ai tanti altri, coinvolti a raccontare e commentare di croste e molliche, sapori e odori, lieviti oli e sali, ambienti e atmosfere, cucine legni e gas di mille cotture. Attraverso interventi e racconti il pane, da cibo diventa vita e abitudini, cultura, lo stile e il modo d’essere e di esprimersi di tutti noi italiani: ricchi e poveri, patrizi e plebei, infami e misericordiosi, uomini e caporali (giusto Totò manca nel libro, ma non ha fatto in tempo!), uomini veri mezz’uomini ominicchi ruffiani e quacquaraquà.
L’Italia è anche il suo cibo, con alcuni irrinunciabili nella ricchissima offerta: l’olio d’oliva, la pasta, la bufala, il pane e il vino appunto. Sbagliano gli americani a ridurre tutto questo ben di Dio a una questione di dieta a punti, la celebrata dieta mediterranea, e giro vita. C’è ben altro. Dobbiamo risalire l’arco della storia per capirci qualcosa. Chicchi di cereali sono stati trovati nelle caverne dei primitivi; successivamente gli antichi egizi hanno messo il lievito, i greci l’olio d’oliva e gli aromi, i latini altri lieviti, e il vino! nel senso che facevano colazione inzuppando pane nel vino.
Con ebraismo e cristianesimo il simbolismo del pane (e del vino) come autenticità fratellanza (spezzare il pane) vita (la manna mosaica, la promessa eternità del pane-corpo di Gesù), trasmesso dai Testamenti porta l’alimento dentro la sfera del sacro e lo fa divenire il dono da chiedere al Padre: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. I poveri avrebbero guardato al “tozzo di pane” come ricompensa del lavoro e lenimento della miseria. I credenti l’avrebbero vissuto come testimonianza del legame tra natura e divinità. Nell’età media, grazie anche a questa cultura, nobili e monaci preservarono i chicchi e la vite che i pesanti zoccoli degli invasori nomadici mettevano a rischio.
Quando Mario Soldati nel 1956, due anni dopo l’apertura delle ostilità televisive in Italia, realizza e manda in onda l’inchiesta Viaggio lungo la Valle del Po alla ricerca dei cibi genuini, cibo e vino transitano, anche per il grande pubblico, nell’antropologia e nella sociologia, un lavoro completato, nei decenni successivi, con i tre volumi di Vino al vino, che raccontano l’Italia di quegli anni di trasformazione e conflitti attraverso “i misteri del vino”.
Giovanni ha ricominciato dove il padre aveva messo punto, allestendo, con i personaggi che hanno contribuito, un libro che è piacere e gioia per il lettore, come il pane buono e il vino buono lo sono per il palato. Tra i ricordi, il pane di Sicilia: il “cunzato a corona di Capo d’Orlando”, gli “scuccuzzù, palline di grano saraceno”, gli “spiedini di gamberetti dal baffo rosso lungo sessanta centimetri, provenienti dal Canale di Sicilia, adagiati su del pane duro che s’imbeveva del loro sugo di cottura”. E lo “speciale tipo di pane scuro cotto a legna con sopra semi di papavero e cumino, davvero unico”, gustato insieme a Stefania in occasione del premio Cordio.