Il romanzo, uscito in estate in America col titolo Go Set a Watchman e in arrivo in Italia il 17 novembre tradotto in Va’, metti una sentinella,ha avuto un prequel celeberrimo, di una attualità sconvolgente nel titolo italiano, data la tragica situazione socio-politica nazionale ed internazionale che oggi realmente prefigura, Il buio oltre la siepe. Forse allora si trattò, consapevolmente o non, di una citazione in antitesi da parte del traduttore italiano che ribaltò la celebre siepe di Giacomo Leopardi che “sedendo e mirando, interminati / spazi di là da quella, e sovrumani / silenzi, e profondissima quiete / io nel pensier mi fingo», tanto che «così tra questa / immensità s’annega il pensier mio”, etc.. Perciò si potrebbe pensare, non solo e semplicemente, ad una citazione della metafora espressa da Scout nel romanzo.
In effetti, il titolo inglese diceva ben altro, qualcosa di più delicato e pateticamente forte, proprio di una sensibilità femminile, cioè quell’infinito, per ciò stesso atemporale ed indefinito, To Kill a Mockingbird, un usignolo.Si trattava di un’immagine estremamente patetica e coinvolgente. Dobbiamo dire che è il destino orrifico delle traduzioni dei titoli di libri. E ancor più orripilanti quelle dei titoli di film sacrificati alle idiosincrasie e agli appetiti di pubblici locali e in genere in funzione di cassetta. Quel romanzo della nostra gioventù, pubblicato nel 1960 e subito l’anno dopo Pulitzer Prize for Fiction, nel successivo 1962 ebbe la versione filmica di Robert Mulligan e la lacrimevole, intensamente emotiva interpretazione dell’allora amato Gregory Peck – Atticus Finch, che si meritò come premio ben tre Oscar. Seguirono trenta milioni di copie e la fama di Best Novel of the Century. La gloria e la beatificazione nazionale dell’autrice furono ininterrotte negli anni, assieme agli onori della cronaca anche per l’amicizia e per i consigli elargiti a Truman Capote (i due erano originari della stessa cittadina) per la scandalosa indagine su un fatto di cronaca nera con il “romanzo verità” In Cold Blooddel 1966, uscito a puntate sul New Yorker. Fama rinverdita nel film da Catherine Keener in Truman Capote – A sangue freddodi Bennett Miller e nel 2006 dall’Oscar Sandra Bullock in Infamous – Una pessima reputazione.
Il romanzo della Lee percorse con successo la fine del vecchio millennio e assurse nel nuovo a simbolo dell’America nuova, quella delle svolte egualitarie e delle leggi antirazziali, fu assunto come interprete di una ideologia che si intendeva interpretare politicamente agli occhi del mondo, di contro ad un sostrato genetico nazionale che rimaneva ed è ancora estremamente razzista, prova le stragi ricorrenti che si ascrivono a pazzi cani sciolti oppure le violente reazioni poliziesche. Perciò il George W. Bush che inventò falsi pretesti per la guerra a Saddam, nella stessa linea patriottica, il novembre 2007, le assegnava l’Award della Medal of Freedom, data, si badi bene, acoloro che hanno dato “un contributo particolarmente meritorio alla sicurezza o agli interessi nazionali degli Stati Uniti, alla pace nel mondo, alla cultura o ad altra significativa iniziativa pubblica o privata”(“an especially meritorious contribution to the security or national interests of the United States, world peace, cultural or other significant public or private endeavors”).Nulla di tutto questo possedeva il libro di Lee (pen namedi Nelle Harper Lee) e la motivazione lo esprimeva: “Ha influenzato il carattere del nostro paese in meglio. È stato un dono per il mondo intero. Come modello di buona scrittura e sensibilità umana questo libro verrà letto e studiato per sempre”. Non poteva fare di meno il presidente nero Barack Obama che nel 2010 le conferiva la National Medal of Arts per “i contributi eccezionali alla eccellenza, alla crescita, al sostegno e alla disponibilità delle arti”.Se si guarda bene, scomparivano dalla motivazione i valori patriottici, di sicurezza nazionale di Bush e si accampavano e si ribadivano i soli valori artistici.
Perciò come una folgore si è abbattuta sull’opinione pubblica americana l’operazione (culturale o esclusivamente finanziaria?) portata avanti da Tonja Carter, avvocato della scrittrice, che nel 2011, scartabellando, dice lei, in un vecchio baule, si è trovata tra le mani il sorprendente manoscritto, dal misterioso, oscuro, militaresco titolo di Go Set a Watchman. Alla sua stupita lettura e alla conferma della sua esistenza e della antica redazione da parte dell’autrice ebbe seguito la consegna all’agente Andrew Numberg, che lo considerò il vero libro primo di una trilogia, testo ritenuto perduto. Tutto si è svolto da quel momento, fra tanti interrogativi, in rapida successione, l’annunzio della pubblicazione a febbraio del 2015 a cura della Harper Collins (el Regno Unito da William Heinneman) e l’uscita in un giorno fatidico il 14 luglio, quello della presa della Bastiglia, simbolo della nuova era dei diritti umani.
In Italia la traduzione sarà edita da Feltrinelli con il titolo di una sciatteria e banalità inaudita, per volerlo rendere alla lettera, Va’, metti una sentinella. Si tratta pertanto del sequel del primo, sebbene sia stato completato prima del più tardo romanzo.
L’operazione, fatta dal suo avvocato e dal suo agente, ha suscitato grande scalpore e non poche perplessità. La domanda che sorge naturale è perché Lee per cinquantacinque anni abbia ribadito che non avrebbe mai scritto alcun altro libro e ora improvvisamente dia l’avallo (si scrive “sorpresa e felice”) alla fortuita scoperta in un suo safe-deposit box , si badi, il nulla-osta a questa scandalosa edizione.E la scrittrice, sorda e cieca, con postumi di infarto, è realmente in possesso delle sue facoltà mentali già messe in dubbio dal processo al suo ex agente e dalla stessa sorella morta di recente? Difficile stabilire le ragioni di questa uscita che a molta opinione pubblica americana è apparsa sconcertante o quanto meno inopportuna, perché stravolge un’immagine consolidata dell’autrice e della coscienza americana, prima e dopo l’approvazione del Civil Rights Act del 1964, voluto da Kennedy, che non ebbe tempo e piacere di vederselo approvato. Ma forse la ragionevole spiegazione sta tutta nella tiratura iniziale di ben due milioni di copie.
La sequenza dei titoli e delle inchieste portate avanti da The New York Times e dal Washington Post la problematicità e l’opposto schierarsi dell’opinione pubblica statunitense, scioccata e turbata da questo scoop, evidente e madornale, non tanto e solo letterario, come fu allora presentato il primo romanzo. Ora è proclamato dalla stampa “il libro del secolo”, e ci credo. Cito soltanto uno dei più recenti interventi di luglio su The New York Times. Alexandra Alter l’11 titolava While Some Are Shocked by ‘Go Set a Watchman’ Others Find Nuance in a Bigoted Atticus Finch eattaccava: “Con tutto il dibattito che ruota sulle origini del romanzo di Harper Lee 'Go Set a Watchman', la più grande bomba si è rivelata essere un colpo di scena esplosivo che nessuno ha visto arrivare. Atticus Finch, l'avvocato crociato di ''To Kill a Mockingbird', il cui principio di lotta contro il razzismo e la disuguaglianza ha ispirato generazioni di lettori, è raffigurato in 'Watchman' come un passatista razzista che ha partecipato a una riunione del Ku Klux Klan, ha opinioni negative circa gli afro-americani e denuncia gli sforzi di desegregazione.
“Vuoi negri a vagone nelle nostre scuole e nelle chiese e nei teatri? Ve li volete nel nostro mondo? Atticus chiede alla figlia, Jean Louise (l'adulta Scout), in 'Watchman'”. Come èpossibile che questo nuovo Atticus sia lo stesso crociato che nel 1960 difendeva contro un’opinione pubblica ferocemente avversa il “negro” Tom Robinson nell’America profonda di un Alabama irrimediabilmente razzista e reazionario, in quel buco di Maycomb meticolosamente descritto dalla piccola Jean Louise? Come è possibile che fosse quell’Atticus che rappresentava in Oltre la siepe“la coscienza morale” dell’americano degli anni Sessanta dello scorso secolo, quello della Nuova Frontiera additata il 20 gennaio 1961 da John F. Kennedy con il suo discorso inaugurale: “Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese”, lui che proclamava alle nazioni del mondo la lotta contro i “comuni nemici dell’umanità, la tirannia, la povertà, le malattie e la guerra”. Come poteva essere lo stesso Atticus, colto gentile assennato moralmente integro, che da avvocato si era assunto la difesa del reietto Tom Robinson, “negro” e già riprovevole in tutte le società per l’orrendo tipo di delitto, anche se ingiustamente attribuitogli, lo stupro? Erano gli anni di speranze e di attesa di un mondo migliore, che riviveva nella narrazione a ritroso del terribile linciaggio in una società ingiusta e crudele, immensamente violenta, sommersa dai pregiudizi, da parte di una donna che ne interpretava la speranza di redenzione.
Ora quell’Atticus diventa un bieco razzista che partecipa addirittura ad una riunione del Ku Klux Klan, che dice cose come “I negri come popolo sono qui ancora nella loro infanzia”. Cosa ne è di quel Finch, icona culturale di un’epoca e di una nazione che per decenni ha oltrepassato gli stretti e limitati confini della letteratura, come dice la stampa americana, per ispirare la condotta morale di tante generazioni di avvocati, insegnanti e operatori sociali?
Resta da chiedersi, davanti a questo completo ribaltamento del simbolo, dove e quando l’America ha sbagliato. Allora, in quegli anni Sessanta, quando l’editore avrebbe rifiutato questa prima versione del romanzo della trentaquattrenne Nelle e avrebbe investito tutto sulla retorica mielosa dei buoni sentimenti del cittadino medio, sulla mistica bontà del Buio oltre la siepe, sull’orrore tragicamente emotivo dell’evidente ingiustizia, diciamo della giustizia sommaria, sulla pietà per un terribile assassinio, visto con gli occhi di una bambina, nel disgusto per la sua fanciullezza profanata?
Oppure oggi con questa aperta sfida alla società multietnica degli States, ove il wasp si avvia inesorabilmente a divenire minoranza? In una società aperta in cui non c’è più un gruppo etnico ad avere il predominio, in cui tutte le etnie del mondo sono ormai equamente rappresentate, anche se la cronaca quotidiana ci dimostra che l'umanità non ha mai saldato il conto con le sue origini, brutali contro tutte le minoranze, indiane e nere, irlandesi o italiane. Lo sconcerto contro la libertà dell’acquisto delle armi è un falso problema. Altrove stanno le radici della ricorrente violenza, la pazzia delle stragi. È quella stessa società che vota nei grandi e piccoli consigli comunali l’ostracismo contro il Columbus day per il supposto Colombo assassino di indiani e nasconde sotto il tappeto l’odio mai sopito contro il “negro” che teme di trovarsi nella stessa Chiesa, nella stessa classe dei propri figli. E tutta la retorica buonista di un cinquantennio insegnata nelle scuole attraverso il testo di Harper Lee, con il suo libro Cuore degli Americani? Saranno per un Americano questi i 27.99 dollari ben spesi nella sua vita per scoprire il “lato oscuro” della sua anima, il suo inconfessato e inconfessabile dark side?
Noi, che profondamente amiamo l’America del progresso, della giustizia e delle libertà, noi che ci sentiamo dentro cittadini della Big Apple, dobbiamo e vogliamo sperare che la brutale messa in mora della bontà del primo Finch possa aprire un dibattito più aperto e leale, profondo, nella coscienza americana, sul suo razzismo che ha voluto mistificare e rimuovere, eleggendo un presidente “nero”. E infine gli ha opposto un Senato a maggioranza di oppositori repubblicani. Come si suole dire, ne ha fatto un’anatra zoppa. Davanti a progetti grandiosi e riforme mancate, come quella sull’emissioni inquinanti o sulla limitazione della vendita delle armi o quella più necessaria ed umanissima della riforma sanitaria, davanti alla difesa della salute e alla preservazione della vita in nessuna società civile dovrebbe contare di più il dio denaro. Noi crediamo nelle virtù etiche degli USA, siamo fiduciosi, anzi certi che non si lasceranno ammaliare dalle sirene del nuovo plutocrate, ma andranno baldanzosi incontro al loro destino di libertà e di eguaglianza.