Cercherò di parlare di un libro. Un libro strano, che fa pensare. Un libro scritto da un giornalista e scrittore che si chiama Marco Cesario, si intitola Medin (Rogiosi Editore). Sono trenta storie, frutto di una decina d’anni di viaggi e ricordi.
Lo sfondo è il Mediterraneo e le città che vi si affacciano: un peregrinare che parte da Barcellona, passa per Istanbul, Tangeri, Il Cairo, Tolone, Creta, Israele, la Tunisia, l’Algeria, Trieste: così ecco la conversazione con lo scrittore israeliano Amos Oz tra le mura di Gerusalemme; a Tel Aviv con il giornalista di Haaretz, Gideon Levy; a Ischia con la blogger della rivoluzione tunisina Lina Ben Mhenni. E storie sconosciute, quella del fotografo catalano Francisco Boix y Campoo, del fruttivendolo-eroe Mohammed Bouazizi, che con il suo gesto ha dato il via alle rivolte nel mondo arabo; storie di esilio e di resistenza come quelle della giornalista turca Füsun Erdogano, del maestro Rami Balawi che a Gaza continua a insegnare storia, nonostante i bombardamenti. Gideon Levy, spesso critico nei confronti della politica adottata da Israele, racconta delle tante minacce ricevute dalla destra ebraica, solo perché prende in considerazione il punto di vista dei palestinesi.
Nel capitolo Tangeri, porto del Mediterraneo, Cesario racconta del viaggio fatto con una collega messicana tra Marocco e Andalusia, attraverso lo Stretto di Gibilterra, per raccontare la “tratta della vergogna” Marocco-Spagna, quella che una volta era Messico-Stati Uniti. “La ‘fortezza Europa’ ha importato il sistema statunitense per schiacciare i flussi migratori sfruttandone le risorse in termini di manodopera in nero a prezzo zero”, scrive. “La polizia marocchina faceva il lavoro sporco di quella spagnola bloccando i barconi ancora prima che partissero. E oggi ci troviamo davanti alle stesse questioni, legate al tragitto Libia-Italia: la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra, e per anni blocca i profughi sub-sahariani in condizioni disumane. Inorridisco quando sento parlare della necessità di bombardare i barconi. Quelle persone hanno diritto d’asilo: stiamo assistendo a un esodo di uomini, donne e bambini che vogliono ‘solo’ salvarsi. Basta discutere di migrazioni unicamente in chiave di sicurezza: cominciamo a parlare di diritti umani”.
La domanda: cos’è oggi il Mediterraneo? “È un mare di disperazione e desolazione. È un deserto, è un mare che divide, ma che potrebbe tornare a unire, rinvigorendo uno scambio che dura da millenni. Considerarlo barriera per respingere i migranti è contro natura: serve andare oltre il paradigma di ‘fortezza Europa’ e trovare nella storia i semi del nuovo futuro di quelle acque, un futuro fatto di inclusione e rinascita”.
Meglio, credo, non si poteva dire. Lo vorrei segnalare a Matteo Salvini, a Beppe Grillo, ai tanti che hanno dimenticato quello che fummo, quello che ancora siamo, quello che altri ci hanno fatto patire; e quello che ci è costato essere quello che tanti sono riusciti a diventare. Non perché cambino idea, dovrebbero averne. Solo perché prendano atto che non tutti sono come loro, non tutti come loro vogliono diventare.
Marco Cesario, Medin. Trenta storie del Mediterraneo, Rogiosi Editore, 2015.