Monnezza di stato: è già nel titolo, esplicativo, diretto, duro, drammatico e paradossale che ben si comprende il lavoro dovizioso che diventa denuncia di Antonio Giordano, oncologo e direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia (oltre che columnist di recente acquisizione de La VOCE di New York), che, a quattro mani con il giornalista Paolo Chiariello, ripercorre lo scempio che ha portato alla terra dei fuochi, al disastro tra le provincie di Napoli e Caserta. Le Terre dei Fuochi nell’Italia dei veleni, questo il sottotitolo del libro con prefazione a cura di Franco Roberti, procuratore nazionale Antimafia edito dalla Minerva Edizioni.
Le “terre”, perché non c’è solo la Campania, la morte non c’è solo tra Acerra, Giugliano e Casal di Principe. Il libro va oltre. Scoperchia i legami fittissimi tra la Camorra senza scrupoli, la politica inerte, lo stato connivente, la scienza negazionista e la stampa silente.
La strada per uscirne c’è, “la strategia”, ci dice Giordano, “è nelle bonifiche di quei territori e soprattutto nella prevenzione per la popolazione (3,5 milioni di abitanti, nda) che vive quelle zone. Cittadini che sono suscettibili a sviluppare patologie in maniera più elevata rispetto ad altre zone”. Tra gli aspetti clamorosi poi, c’è l’atteggiamento della scienza “omertoso”, come lo definisce Giordano, su qualcosa che si sapeva da 40 anni. E neppure la necessità di non creare allarmismo può giustificare un atteggiamento del genere, poiché, continua l’oncologo, “l’allarmismo vale se si dicono cose non vere”.
Antonio Giordano: prima la conoscenza, poi la protesta
Quante sono le terre dei fuochi? L'Italia è tutta avvelenata?
Nel libro analizziamo la realtà campana che, grazie all’attività della magistratura, della stampa, ma anche dei cittadini che si sono riuniti, spontaneamente, in associazioni, hanno portato alla ribalta un problema che affligge quel territorio così come altre zone d’Italia e, più in generale, del mondo. Pensiamo, ad esempio, all’Africa diventata la discarica dei Paesi più industrializzati, ma anche all’America. È evidente che il business dei rifiuti tossici è globale e che non conosce confini, tuttavia diversi sono i rimedi. In Texas, per esempio, sono state effettuate opere di bonifica che hanno drasticamente ridotto il problema e l’impatto sulla salute dei cittadini. In Italia troppo poco è stato fatto.
Nel suo libro ha evidenziato i legami strettissimi tra camorra, politica, imprenditoria e, persino scienza. Legami strettissimi, dicevamo. Come combatterli se anche la scienza diventa connivente quando nega l’evidenza?
Il problema, come diceva, investe differenti categorie sociali. Questo è il motivo per cui non mi stanco di profondere il mio impegno all’interno delle scuole e delle università. La nostra generazione e quella precedente hanno fallito. La speranza del mondo sono i giovani di oggi.
Nel libro si parla di camorra e di mafia, ma anche di terrorismo. Qual è la differenza tra questi due tipi di criminalità?
Sinteticamente possiamo dire che il terrorismo ha combattuto e combatte lo Stato dall’esterno mentre la camorra, così come la mafia, ha le sue estensioni e ramificazioni negli organi dello Stato attraverso referenti insospettabili e di spicco.
Il suo libro è molto divulgativo. Crede che basti scrivere per diffondere l'informazione? Crede nelle manifestazioni di piazza, nei cortei, nelle associazioni? È quella la strada da imboccare, quella della protesta?
Credo che la protesta fine a se stessa debba essere definita sterile. La conoscenza dei problemi, invece, e la conseguente protesta, possono accendere i riflettori sulla questione ambientale e sconfiggere l’immobilismo in cui ci hanno costretti a vivere per oltre quarant’anni.
Oggi i cittadini vogliono sapere, sono desiderosi di informarsi e di contare nelle decisioni che riguardano se stessi e le loro famiglie. Un esempio recente è quello dei cittadini di Ercolano che si sono stretti intorno al loro parroco, Don Marco Ricci, per raccogliere le firme e denunciare l’aumento delle patologie tumorali in una zona dove insiste una discarica di rifiuti tossici. Ecco l’opinione pubblica ha finalmente coscienza del problema e si unisce per denunciare. Dove i politici non provvedono, tradendo il mandato che gli hanno conferito gli elettori, si trovano di fronte alle proteste. È finito il tempo in cui ci si affidava alla classe politico dirigenziale. Oggi la gente ha capito che deve muoversi in prima persona.
L'America è oramai la sua seconda patria. Ma ci sono anche lì "terre dei fuochi" o è un fenomeno made in Italy?
È innegabile che anche l’America viva il problema dell’inquinamento. La differenza rispetto all’Italia consiste nella certezza della pena. I colpevoli, una volta assicurati alla giustizia, pagano anche attraverso importanti risarcimenti ai danneggiati e alle loro famiglie. Inoltre, la classe politica americana così come quella amministrativa è più sensibile ed educata alla tutela del territorio. Forse perché beneficia, da sempre, di un maggiore e più costante ricambio generazionale.
Nel 1992, ha individuato e clonato il gene oncosoppressore RB2/p130, che ha una funzione di primaria importanza nel ciclo cellulare dal momento che controlla la corretta replicazione del DNA e, quindi, previene l'insorgenza del cancro. Lei, ad oggi, dirige lo Sbarro Istitute di Philadelphia: quali passi avanti sono stati fatti dalla sua scoperta? Ci sarà davvero un giorno la cura per il cancro? E, infine, crede che se ci fosse una cura "alternativa" questa potrebbe essere ostacolata dalle multinazionali farmaceutiche che non avrebbero interesse a diffonderla?
I passi fatti dagli scienza dagli anni Novanta ad oggi sono immensi e sono sicuro che nel prossimo futuro ci saranno delle cure sempre più specifiche e tagliate su misura rispetto al male del paziente. Del resto questo già sta accadendo. Relativamente alle multinazionali posso dire che il condizionamento della ricerca da parte loro si concretizza maggiormente in quei Paesi in cui la ricerca è poco finanziata dal Governo, come ad esempio avviene in Italia. In America, invece, questo fenomeno è fortemente ridotto. Le grandi scoperte avvengono all’interno delle Università da sempre sostenute dal Governo Federale Americano. Mi auguro, quindi, maggiori investimenti nel settore della ricerca scientifica in Italia.
Paolo Chiariello: scienza e informazione facciano la loro parte
Nessuno è immune, nessuno è innocente, nessuno che può tirarsene fuori. Tra gli attori del disastro sinonimo di morte che ha infangato anche l’immagine di ciò che ancora c’è di buono, c’è anche la stampa. E senza nascondersi dietro ad un dito, lo sottolinea il giornalista Chiariello: “Il ciclo dei rifiuti – spiega – era in mano ad aziende proprietarie di importanti testate nazionali ed è per questo che i messaggi in passato non sono stati divulgati, anche perché allora senza i social network, non c’era interesse a che le informazioni passassero. Oggi c’è un bel pezzo di società che ha capito che bisogna liberarsi da un'informazione non corretta”.
Una criminalità onnipresente, uno Stato inerme, una politica collusa, un'imprenditoria malsana, una scienza negazionista. E un'informazione che tace. Questi gli attori dello scempio, come descriveresti le responsabilità di ciascuno?
Qualunque discorso serio intorno ai veleni che respiriamo, alle acque avvelenate, alle terre che hanno ingoiato rifiuti d’ogni genere, non può prescindere da una premessa: non esiste solo una terra dei fuochi in Campania. È un dramma che colpisce anche altre regioni dove però si finge che il problema non esista. L’Italia è un Paese che deve sciogliere un nodo serio: ogni anno il giro d’affari in euro del traffico di rifiuti speciali, ossia della sola produzione industriale, si aggira sui sette miliardi di euro. Quel che inquieta è la discrasia nei dati tra rifiuti industriali prodotti e quelli smaltiti. In pratica sappiamo che produciamo un tot di tonnellate di rifiuti industriali, ma poi di fatto legalmente abbiamo dati secondo cui vengono smaltite decine di migliaia di tonnellate in meno. Che fine fanno questi rifiuti industriali che mancano all’appello? Dove vanno a finire? Chi li smaltisce? Dove vengono smaltiti? Molte tonnellate le stiamo trovando sotto terra tra Napoli e Caserta. Noi lo sappiamo. Sappiamo che questi rifiuti sono stati affidati a cifre irrisorie da imprenditori del Nord ai camorristi del clan dei Casalesi che hanno fatto fortune incredibili interrando tutto in Campania e in altre regioni del Sud. Se ne parla poco inspiegabilmente ma Lazio, Molise, Puglia hanno subito lo stesso affronto, le stesse ferite. E ora veniamo al resto della domanda. Tutto questo è potuto succedere perché Stato e Antistato spesso sono andati a braccetto. Negli anni passati si è realizzato tra Napoli e Caserta un patto scellerato tra Stato, Camorra e imprenditoria deviata, sulla pelle dei cittadini.
L’informazione è stata silente, ha taciuto? I fatti dicono che un giornalista è stato ucciso (Giancarlo Siani) perché voleva fare luce sui rapporti Stato-camorra. I fatti dicono che uno scrittore, Roberto Saviano, vive scortato, da fantasma, ed è costretto a stare fuori dai confini nazionali perché vogliono ucciderlo in quanto colpevole di aver acceso un faro permanente sui loschi traffici del clan dei Casalesi, quelli che hanno accumulato miliardi di euro con i rifiuti interrati sotto i nostri piedi. I fatti dicono che senza questi giornalisti e senza la gente che è scesa in piazza, si è ribellata, il dramma della terra dei fuochi non avrebbe mai avuto l’attenzione che meritava. Quanto alla scienza negazionista o positivista, non amo partecipare ai dibattiti sul nulla. La scienza si fa nei laboratori e negli istituiti specializzati, dove nasce una sana competizione. Quando la scienza esce da questi ambiti, diventa marketing e spesso fa anche cattiva comunicazione non è più scienza ma qualcos’altro. Non ne posso più di politici che parlano di scienze, scienziati che fanno politica, giornalisti che dicono messa e preti che fanno i reporter.
Vittime delle terre dei fuochi sono i cittadini. Quanta consapevolezza credi ci sia oggi rispetto al passato?
Credo che l’attenzione e la consapevolezza della gente sia massima in questo momento. Troppi morti per tumori, troppa disattenzione dello Stato hanno costretto la gente a documentarsi, a confrontarsi anche con esperti per capire che cos’è successo, che cosa sta succedendo nella loro terra, perché tanti di loro muoiono di tumori, che cosa c’è di vero nella questione delle falde acquifere avvelenate, dei camorristi che hanno interrato i veleni.
Molti studi sulla terra dei fuochi, che in realtà sono "le" terre dei fuochi, partono dall'America: credi che all'estero ci sia una diversa libertà di ricerca e di conoscenza e, soprattutto, di espressione?
In Italia libertà e indipendenza della ricerca scientifica, così come la libertà d’espressione e d’informazione sono aspetti della nostra quotidianità da incentivare, migliorare. C’è sempre troppa politica dietro scienza e informazione. Se siamo arrivati tardi a stimolare una sensibilità seria rispetto ai temi dell’ambiente forse la responsabilità è stata anche di una informazione un po’ superficiale e di una scienza che non sempre ha brillato per indipendenza dal potere politico. Sapere che il Governo federale americano trova risorse per finanziare una ricerca sulla salubrità dell’ambiente e delle acque in un pezzo d’Italia (la zona tra Napoli e Caserta) dove ci sono suoi concittadini che lavorano (militari e civili delle basi USA) fa piacere, fa rabbrividire che l’Italia non usi la stessa attenzione per i suoi cittadini sul suo territorio.
Molto spesso la stampa tace perché (come sottolineavi) è condizionata da chi ne detiene la proprietà. Questo significa che in Italia non esiste un'informazione libera? Come può un cittadino fidarsi degli organi di informazione?
La libertà d’informazione quando è condizionata non la si può più definire libertà, proprio perché ha un limite nel momento in cui può essere condizionata. Dire che dietro certi gruppi editoriali importanti ci sono gruppi economici o anche politici è la rappresentazione di una verità fattuale che rende il nostro Paese una sorta di unicum nella comunità internazionale occidentale. In fondo quando parliamo di confitto di interessi, concentrazioni editoriali, a questo ci riferiamo. Poi però devo aggiungere che anche in questi gruppi editoriali, è il giornalista che può e anzi deve ritagliarsi il massimo della libertà. È qui, in questi contesti, che un giornalista italiano riesce a stabilire se è un cane da guardia delle istituzioni piuttosto che un cane da salotto o da riporto dei potenti di turno.
Monnezza di Stato descrive meccanismi e collusioni. Quali sono le difficoltà che incontra chi vuole raccontarli?
L’Italia è un grande Paese, una grande democrazia e qualunque difficoltà incontri sul tuo cammino per raccontare una tragedia come quella della terra dei fuochi, dei veleni interrati, del futuro dei nostri figli avvelenato da camorristi e imprenditori senza scrupoli può essere superata grazie alla grande capacità che abbiamo di raccontare la realtà. Non esiste alcun impedimento se non la tua intelligenza nel cogliere il dramma, la tua capacità nel trovare le fonti giuste per raccontarlo e soprattutto il modo per illuminare pagine buie della nostra storia recente. Nella questione terra dei fuochi lo Stato ha avuto gravi comportamenti omissivi e commissivi. Lo Stato è andato a braccetto con i mafiosi in alcuni frangenti. Lo Stato ha agevolato l’esportazione verso la Campania di rifiuti industriali smaltiti illegalmente. Lo Stato ha ora l’obbligo di bonificare e controllare che le risorse usate non finiscano nuovamente nelle mani dei camorristi che hanno sporcato.
Nunzia Marciano, nuova collaboratrice della VOCE, è una giornalista di Canale 8, Tv di Napoli.