Il ritrovamento degli appunti di viaggio nel baule fradicio d’acqua, e la loro pubblicazione in libro, hanno consentito un prezioso regalo a chi ama le cronache dell’anima. La lettura accompagna nell’intimo di un vigoroso giovane nato a Sydney da madre italiana, Valerio Daniel De Simoni. E’ un percorso che si svolge in parallelo con il viaggio e l’avventura del protagonista, due grandi passioni che purtroppo, a Valerio, costarono la vita a soli ventiquattro anni di età, in un idiota e tragico incidente d’auto del quale non porta nessuna responsabilità. Diario di viaggio – Travel Journals, rigorosamente bilingue, pubblicato in Italia da Luca Sossella Editore, è fatto di graffiti, sms, email, tracce su fogli A4, risultato di nove mesi di peregrinazioni fra tre continenti e di un itinerario interiore altrettanto ricco e tormentato.
Nelle parole di sua madre Vittoria Pasquini, Valerio Daniel è un bambino precoce che a otto mesi cammina senza prima gattonare, a due anni va in piena notte sotto le stelle a cercare il padre morto chiamando “Daddy! Daddy”, in mezz’ora impara a guidare la bicicletta e se ne va da scuola senza avvertire nessuno. Con quel temperamento, da giovane, visto The Inconvenient Truth di Al Gore, si getta corpo e anima nelle battaglie ambientaliste, convinto che il Yes We Can e l’etica buddhista che va acquisendo, possano fare della responsabilità individuale e della sua inesauribile energia, la base su cui aggregare un movimento che contribuisca a risolvere i problemi del mondo.
Greenpeace è un primo approdo, cui segue Adverto, un originale e proprio business multimediale environmentally friendly. Quindi la sfida più grande: la spedizione in Quad Bike verso tre continenti e 34 paesi, oltre 50.000 chilometri da percorrere in un anno, per mobilitare, insieme ad alcuni amici, le coscienze e raccogliere fondi, portando alla fine nella casa australiana il record mondiale di percorrenza su piccoli veicoli a quattro ruote.
Quel viaggio, che si dipana tra l’estate 2010 e la primavera successiva, attraversando l’Europa e interrompendosi tragicamente in Africa, a Lilongwe, costituisce l’opportunità per l’introspezione, la scoperta degli altri, l’apprendimento dell’arte della convivenza, l’acquisizione della maturità. Nella festa della curiosità davanti al nuovo e al diverso, al moltiplicarsi di rapporti umani, stagioni, lingue, culture, espressioni artistiche; nelle avventure e disavventure di una vita di strada che dipende dalla resistenza dei quad e dalla salute dei protagonisti, cresce un progetto di vita responsabile, che temperi l’edonismo del ragazzo italiano australiano di buona famiglia, con l’impegno sociale verso i più sfavoriti membri della comunità umana.
Le parole scritte nel diario al mattino del suo ultimo giorno dicono sin dove questa maturazione si fosse spinta: “Ho davanti a me ventiquattr’ore nuove di zecca! Faccio voto di viverle in pieno ogni momento e di guardare tutti gli esseri con gli occhi della compassione”. Nel primo mese della Quad Squad Expedition, attraversando la povertà dell’Europa balcanica, aveva messo su carta, il 23 agosto, che la sua vocazione ad aiutare chi era indietro e soffriva diventava un fatto anche “emozionale”, e che la partecipazione dei giovani e dei bambini che incontravano, lo portava dentro “la loro cultura, i loro bisogni, le loro speranze, i loro sogni e le loro vite”.
Da quella consapevolezza interrotta è nata l’associazione multiculturale a lui intitolata, che si occupa, in particolare, di fornire assistenza, accoglienza e sussistenza a giovani migranti e rifugiati.