Una conversazione tra vecchi amici, ma anche un’occasione per discutere insieme a più livelli uno dei romanzi che hanno avuto più successo in Italia quest’anno. L’incontro per la presentazione del libro Tevere, Marsilio Editore, lunedì 24 novembre alla Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University è certo stato, per l’autrice Luciana Capretti, un ritorno a casa. A New York, infatti, la scrittrice ha abitato per molti anni e costruito, col suo lavoro di corrispondente della Rai, molte strette e profonde amicizie.
Proprio per questo, probabilmente, la presentazione del volume si è subito trasformata in una discussione vivace e approfondita, che non ha lasciato scoperto nessuno dei temi che l’autrice ha affrontato con coraggio nel suo romanzo. Presentata da Anna Guaita , corrispondente del Messaggero e dalla psichiatra Flavia Robotti, Luciana Capretti ha parlato soprattutto della sua ”donna universale”, proprio nei giorni in cui la la lotta alla violenza contro le donne è all’ordine del giorno al Palazzo di Vetro dell’Onu.
”La mia è una storia universale” ha spiegato l’autrice ”perché è la storia di una donna che ha subito violenza e non importa se è italiana… La storia è ambientata tra la Seconda Guerra Mondiale e la Roma borghese degli anni settanta. Universale perché è una storia di sentimenti, è il dramma di una donna, Clara, che ha subito violenza e ne paga le conseguenze nel proprio corpo e nella propria psiche, è il conflitto di chi cerca comunque di ricreare la vita nei figli e di ricominciare ad amare”.
”Ho amato molto questo libro appunto perché racconta una storia che conosco bene tra le mie pazienti”, le ha fatto eco Flavia Robotti, che ha raccontato a un pubblico particolarmente commosso il dramma della depressione nelle donne che hanno subito il trauma della violenza, un male infido che spesso arriva con molti anni di ritardo, proprio quando sembrava che la memoria avesse cancellato un doloroso e lontano episodio.
Nel corso di quella che è stata, appunto, soprattutto una conversazione tra vecchi amici abituati a farsi delle domande, però, si è parlato anche degli altri livelli di un romanzo che è insieme una storia personale, un dramma storico e anche un giallo che tiene il lettore in sospeso fino alle ultime pagine. Luciana Capretti, così, ha raccontato di essere partita da un episodio realmente accaduto, quello di una conoscente misteriosamente scomparsa e di essere risalita, passo dopo passo, ricerca dopo ricerca, proprio come nel suo libro fa un tenace poliziotto, a riscoprire una drammatica vicenda. (Qui la recensione di Antonietta Sammartano pubblicata su La VOCE)
A perpetrare la violenza, ha scoperto, non è stato questa volta un ”alieno”, il marocchino o il nazista descritti nei film del dopoguerra, ma proprio chi fino ad ora è stato descritto dalla storia come il vincitore dalla parte dei giusti. E la sua vittima, invece, è una donna che stava, per scelta, per educazione, o forse per caso, dalla parte sbagliata. “Non è stato facile scriverlo, c’è voluto coraggio. In Italia si comincia solo ora e a fatica a parlare di queste cose”, ha spiegato Capretti, ”Io ho cercato di raccontare la storia con la s minuscola”.
Anna Guaita ha sottolineato che Luciana Capretti nella sua scrittura ha pietà e affetto per i vinti, ma cerca anche di capire “le ragioni profonde delle azioni degli aguzzini, degli indifferenti, dei complici. E’ la sua matrice morale, che aveva già espresso con altrettanta passione anche nel primo romanzo, Ghibli, del 2004“.
Adesso, ha ammesso Luciana Capretti al termine della sua presentazione, la sua speranza è che, dopo il successo in Italia, il romanzo possa essere tradotto in altre lingue. Per far capire a tante altre Clara sparse in tutto il mondo che il loro dramma è purtroppo molto comune. E che i loro aguzzini non sono sempre degli ”alieni”.