Dacia Maraini, la scrittrice italiana che ha tracciato con le sue opere un segno indelebile nella letteratura del Novecento, giovedì sera ha presentato alla Casa Italiana Zerilli Marimò il suo ultimo libro Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza.
Il direttore della Casa Italiana della NYU Stefano Albertini ha introdotto la scrittrice, sottolineando come sia riuscita nel suo libro a dare una nuova prospettiva di Santa Chiara d’Assisi, affrontando in modo nuovo il misticismo delle donne nella chiesa cattolica. Sul palco, in conversazione con Dacia Maraini, la docente della NYU Jane Tylus.
La scrittrice (che avevamo intervistato prima della presentazione) ha raccontato di come il tema del libro le sia stato suggerito da una diversa Chiara, una diciannovenne siciliana che le ha scritto diverse lettere in cui raccontava alla “Cara scrittrice” del profondo disagio con se stessa, col suo corpo e con la concezione del sesso dei tempi moderni, e affermava il forte bisogno di riscoprire valori, ideali e coraggio.
E la forza della Chiara poi diventata santa, sta in quel sottotitolo che descrive la sua personale strategia della disobbedienza: infatti, pur non essendo mai andata apertamente contro la chiesa cattolica, Chiara d’Assisi ha di fatto preso le distanze da tutta quella sete di potere e ricchezza che hanno portato la chiesa di Roma a compiere atti del tutto contrari agli insegnamenti di Cristo. Chiara non ha mai detto nulla contro i papi o la chiesa, ma ha chiesto di vivere in povertà, rifiutando i soldi di Roma e confidando solo nella carità, affermando con la sua vita e il suo operato quello che riteneva giusto.
“Chiara era molto amata – ha detto detto Dacia Maraini – perché era una donna coerente, democratica e giusta, che ha sempre vissuto come modello di ciò che predicava, restando fedele al suo ideale fino alla fine”. La santa, infatti, non era solo una religiosa, ma una donna con un idealismo molto forte, chiaro e coraggioso. “Chiara, chiedendo il privilegio della povertà, scelse di confidare solo sulla generosità altrui – ha spiegato Dacia Maraini – questo voleva dire rischiare di non sopravvivere, ma allo stesso tempo significava uscire dal controllo delle donazioni di Roma”.
La scrittrice ha raccontato anche della sua infanzia in Giappone, quando a causa degli ideali dei genitori, che nel 1943 si rifiutarono di giurare fedeltà alla Repubblica di Salò, fu rinchiusa insieme alla sua famiglia in un campo di concentramento, dove conobbe la miseria della prigionia e della fame. “Da quel momento sono sempre rimasta interessata alla reclusione in tutte le sue forme: dal convento alla prigione, fino ai campi di concentramento”. Così ha concluso la scrittrice, che si professa laica, pur ritenendo importante conoscere la religione cattolica, perché come dice Benedetto Croce “essa rappresenta le nostre origini”.
“È vero che c’è un’Italia che segue solo i propri interessi – ha dichiarato la Maraini – ma c’è anche un’Italia che resta coraggiosamente fedele agli ideali”. E qui ha ricordato il magistrato antimafia Giovanni Falcone, che è andato avanti col suo lavoro pur sapendo di poter essere ucciso da un momento all’altro (come poi è accaduto).
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