Il canovaccio è sempre lo stesso, i luoghi della vicenda non cambiano e così pure i personaggi (anche se, per ragioni ovvie, ci sono “nuovi” criminali di turno); allora, che cos’è che coinvolge e trattiene il lettore fino all’ultima pagina quando si trova alle prese con un’altra delle storie di Montalbano & Co.? Certamente l’intelligenza e il rebus da sbrogliare e risolvere di volta in volta, nonché quel linguaggio – colto e popolare a un tempo – in cui italiano e siciliano vanno a formare una lingua particolare gustosa e saporita (proprio come quei cibi e quei vini che il commissario non sa rifiutare), e poi quel filosofeggiare di Andrea Camilleri, che insegna e diverte insieme,sugli uomini e sulla loro spesso misteriosa quotidianità.
Non fa differenza, e il successo nelle librerie lo conferma sempre, «Il gioco degli specchi», popolato da spacciatori di droga e da mafiosi, con cittadini ancora omertosi e cittadini questa volta decisi a collaborare con la giustizia, perché venga fatta finalmente luce sulla verità dei fatti, una verità che, pirandellianamente, appare una, nessuna e centomila; e non manca neppure la giovane donna bellissima alla quale l’attempato commissario non sa proprio resistere e che – guarda caso – è invece al centro di quest’ennesimo groviglio di vipere che si rivoltano l’una contro l’altra. Il tutto, personaggi e cose e vicende, svolgentesi entro un’irreale stanza degli specchi dove ciò che si ha davanti può essere il vero o il suo esatto contrario, il riflesso o il controriflesso di una realtà impercettibile e sfuggente, come quella delle parole e delle indagini che ci si trova a sbrogliare. Montalbano non vuole cadere vittima delle apparenze, anche se qui il rischio lo corre davvero più di una volta.
Eppure, malgrado la lentezza dei riflessi e la stanchezza derivanti dall’età sempre più avanzante, anche stavolta – poteva essere diversamente? – il commissario riesce prima e meglio degli altri a trovare il bandolo della matassa e a scoprire le ragioni e le cause di ammazzamenti brutali e di bombe lasciate “per caso” dinanzi a negozi e portoni di case apparentemente fuori da ogni sospetto.
Montalbano, insomma, anche qui colpisce ancora; e la lettura non si riesce a interromperla pur se sembra ci si trovi parte di un film già visto e rivisto. Ovvio che – trattandosi un thriller – non si può entrare nel merito dei particolari su cui ogni lettore deve far luce da sé e da solo. Una narrazione comunque, questa di Camilleri, che pur non essendo apparentemente paludata e “alta”, è pur sempre avvincente e bella, oltre che di grande intrattenimento per via di quell’umorismo latente che la pervade e per quel ghigno di ironia sulle cose e sugli uomini di ogni giorno.