Sconcertante e disarmante quest’ultimo lavoro di Giampaolo Rugarli («Giampaolo Rugarli», Marsilio), non certamente per il suo modo di narrare, tutt’altro, quanto per il panorama umano che ci pone dinanzi, librantesi com’è tra fantasia e realtà, con personaggi del cuore e della memoria accanto a figure storiche a tutto tondo (a cominciare da un’Isadora Duncan che t’ammalia già dalla copertina).
Rugarli – e non è narratore nuovo a questo – ci propone un romanzo che una volta s’usava chiamare storico, richiamantesi pagina dopo pagina a fatti e volti che hanno davvero segnato l’inizio del secolo XX, e non solo nella Milano un po’ nebbiosa un po’ nevosa, ma pur sempre fredda, in cui le vicende delle varie sue creature hanno a svolgersi.
Commedia umana, questa, solo apparentemente a più voci, operante com’è da eccellente solista.
Tra gli inferni e i disastri nazionali (dalla sconfitta di Adua alla rotta di Caporetto) si muovono questi poveri diavoli, disillusi e stupefatti per i colpi che l’esistenza quotidiana riserva loro.
Tradimenti e incesti, amori e passioni, romanticismi e perdizioni, un sociale piatto come il privato, salotti e postriboli, ospedali e cimiteri fan da cornice, e dan linfa, a questi personaggi che cercano di trovare un senso alla loro vita e si ritrovano invece con l’anima dilaniata, a pezzi, senza parole e senza spiegazione alcuna. Poesia e realtà spicciola, sogni e confronti inevitabili, contraddizioni e fedeltà la fanno da cornice in questa società ove virtù e corruzione s’intrecciano
pagina dopo pagina, tra verità e rimorsi, tra grandezze e miserie, tra simulazioni e follie, tra speranze e colpi che lasciano più di un segno. Donne e uomini, mogli e sorelle, figli e genitori rosi da dubbi eppur assetati di vero, costretti loro malgrado a rassegnarsi all’oblio perché a certe pene, a certe rivelazioni davvero è difficile, se non impossibile, rassegnarsi o dar loro un senso e una ragione.
Troviamo qui scienziati e politici (Mussolini, Nenni), attentati (Sarajevo), naufragi (Titanic, Lusitania), tragedie come quelle della Duncan; uno scenario coinvolgente tra dirigibili, a lume di candela (perché la luce elettrica, ai suoi albori, bisognava tenerla spenta per via della guerra e dei possibili bombardamenti notturni); in un narrare che va contro tendenze, contro corrente, originale e stimolante. Il tutto condito da un sarcastico sorriso (o ghigno?), un’intelligente ironia sulle cose e sugli uomini alla quale Rugarli ci aveva già da tempo abituato ma che qui danno al tutto l’aspetto della nostra cronaca quotidiana. Di là dalla scena d’inizio ’900 non si fa per niente fatica a ritrovare qui, infatti, l’Italia d’oggi, con i suoi drammi e contraddizioni, e con la crisi che non risparmia né coscienze né istituzioni.