“Alain Delon è una miscela perfetta di bellezza delicata e virilità. In lui ci sono dolcezza e pericolo. È un essere magnetico”: così Claudia Cardinale ha descritto l’ultimo grande divo di un cinema ormai scomparso, nonché suo partner in Rocco e i suoi fratelli e Il Gattopardo di Luchino Visconti. Questi film hanno consacrato il grande attore francese come star mondiale, il cui fascino era legato a uno sguardo duro, deciso e tenebroso, ma con la faccia d’angelo.
La frase è contenuta nell’unica biografia autorizzata da Delon, Alain Delon: Amours et Mémoires, pubblicata in Francia nel luglio del 2023, scritta dall’esperta di cinema Denitza Bantcheva. L’attore le ha concesso l’accesso agli archivi, permettendole di pubblicare documenti inediti: dai telegrammi alla madre Édith, che lo aveva abbandonato a 4 anni, all’unica foto esistente di Delon con i genitori, ai bigliettini del primogenito Anthony – “Mio caro papà ti voglio tanto bene… Il tuo piccolo principe” – fino alla struggente lettera postuma a Romy Schneider, la sua “Pupelle-bambolina” e uno dei suoi grandi amori, morta a 44 anni distrutta dall’alcol e dal dolore di aver perso un figlio adolescente.
La biografia contiene anche la tanto attesa rivelazione sul suo rapporto con Brigitte Bardot (“Lei ed io non abbiamo mai avuto una relazione. Siamo grandi amici da 65 anni”) e le testimonianze inedite di molti colleghi e amici.
“Ho voluto essere il migliore, il più bello, il più forte per le donne della mia vita. Se dovessi morire domani, Dio voglia che muoia d’amore”: così Delon nella prefazione della biografia scritta dall’attore stesso. Certamente, per amore ha iniziato a recitare e d’amore è vissuto l’attore francese, una delle più grandi icone cinematografiche del dopoguerra. Secondo alcuni pettegolezzi, Delon sarebbe stato l’amante dell’attrice Michèle Cordoue, molto più grande di lui e moglie del regista Yves Allégret. Fu proprio lei a pensare che il giovane belloccio fosse perfetto per il film che stava girando suo marito, Godot del 1957. Non a caso, molti anni dopo, Delon dirà: “Non avevo mai sognato di fare l’attore. Sono entrato nella professione e ho continuato a recitare per le donne”.
Per avvenenza fisica, capacità e altre doti che trasformano un attore in divo, Delon ha giocato su diversi “tavoli”. Nel cinema mainstream basta citare, per rendersene conto, Il Gattopardo, Rocco e i suoi fratelli, ma anche Mr Klein e L’Ultima notte di quiete. Nelle trasmissioni TV lo chiamavano “il bello” e, con quella faciloneria che da sempre contraddistingue i programmi di spettacolo vario, veniva descritto come “l’idolo delle donne” e “la nemesi dell’uomo normale”.
Ma non è proprio così, soprattutto per i ruoli nel cinema d’azione, che hanno costituito gran parte della sua carriera: da Frank Costello faccia d’angelo a Tony Arzenta, Delon ha sempre avuto anche un pubblico maschile. Di solito killer, spesso bandito o poliziotto, pubblico o privato, Delon piaceva sì alle donne, ma questa è una caratteristica del divo d’azione – e da sempre dopo James Bond! – ma c’era anche qualcosa che, invece di suscitare invidia, favoriva l’identificazione dello spettatore maschile che magari proprio avvenente non era, forse per la capacità di Delon di mostrarsi sempre in controllo della situazione: una questione di sguardi, di sceneggiatura ma anche di gestualità. Forse per il suo passato nella Legione straniera francese, in cerca di disciplina dopo un’infanzia burrascosa e ribellistica, era un eroe d’azione credibile, un manovale con il suo strumento di lavoro preferito.
E poi, dopotutto, non era un arrogante, almeno sullo schermo. Anche quando aveva tutte le donne del mondo, c’era sempre una ferita che emergeva malgrado tutto: come a dire che, alla fin fine, era un perdente, proprio come tutti. E spesso ci lasciava le penne, per ingenuità: come in Tony Arzenta e Tre uomini da abbattere. Anche Anne Parillaud (la Nikita di Luc Besson con cui ebbe una storia nei primi anni ’90) lo rimprovera in Per la pelle di un poliziotto ricordandogli che Jean-Paul Belmondo (eterno rivale), ferito, avrebbe mostrato solo un contegnoso sorriso.

Un uomo solo, alla fine, Alain Delon, come in Scorpio e in Frank Costello, ma anche in I senza nome e Il clan dei siciliani: uno che, grazie ad abilità e fascino, può avere il grisbì, le donne e tutto il resto, ma che, all’ultimo passo… inciampa. Insomma, una virile vulnerabilità.
Tanto e forte amore Delon non lo provò solo per le donne della sua vita, ma anche per gli animali. In un’intervista, contò di aver vissuto con ben 14 cani contemporaneamente e si lasciò andare a una dichiarazione controversa: “Il mio cane Lubo? Lo amo come un figlio e non lo lascerò solo. Se morirà prima di me, non prenderò altri cani. Ma se la mia ora dovesse arrivare prima, chiederò al veterinario di farlo morire con me. Voglio che muoia tra le mie braccia, piuttosto che soffrire sulla mia tomba. Attorno a me ci sono 35 cani, sepolti dappertutto. Sogno di riposare in mezzo a loro… Se andrò in Paradiso o all’Inferno? Penso che finirò nel mezzo. Con possibilità di promozione, mica sono idioti, lassù”.
Da considerare, infine, alcuni suoi giudizi sferzanti che contribuiscono al ritratto del grande attore. Sulla morte: “Sono assolutamente favorevole all’eutanasia, trovo che sia la cosa più logica e naturale. Da una certa età in poi, abbiamo il diritto di scegliere per noi stessi.” Su Trump (“Non mi interessa, è un idiota. Ma io resto un uomo di destra”) e su Macron (“Non è certo De Gaulle! Avrebbe fatto meglio a continuare quello che faceva prima. Da quando eleggiamo presidenti di 40 anni? Serve esperienza per fare il presidente”).