I mosaici hanno qualcosa di magico. Giocano non solo con il colore ma con la luce e con l’ombra. Le piccole tessere che li compongono, a seconda dell’orientamento, intercettano i raggi luminosi in modo diverso tra loro. Ogni mosaico è una vibrazione che sembra trasformare la massa in energia, l’immagine in vibrazione di vita.
Il Friuli Venezia Giulia è uno dei luoghi dove l’arte antica dei mosaici ha lasciato straordinarie testimonianze. Basterebbe pensare al tappeto infinito che forma il pavimento della Basilica di Aquileia, o agli elegantissimi mosaici di Grado. Ma la tradizione del mosaico in Friuli Venezia Giulia non è legata solo al passato.


Con la mostra che si è aperta oggi all’Istituto di Cultura di New York (686 Park Avenue), scopriamo che la tradizione dei mosaicisti è più viva che mai, grazie alla “Scuola dei mosaicisti del Friuli” di Spilimbergo che dal 1922 – con i suoi studenti e docenti – fa conoscere l’arte del mosaico in Italia e nel mondo.
Da lì vengono molte aziende di mosaico, come quelle rappresentate in Istituto: la Miotto e la Travisanutto. Sedi prestigiose e frequentate che ospitano opere musive di Giovanni Travisanutto e Stafano Miotto sono il Santo Sepolcro di Gerusalemme, la Basilica della National Shrine of the Immaculate Conception di Washington DC, la cattedrale di Knock in Irlanda, oltre 40 stazioni della metropolitana a New York, gli aeroporti di Washington DC, di Atlanta, di Orlando, di Seattle.
Stupefacente è il fatto che la tecnica elaborata a Spilimbergo permette di costruire dei giganteschi puzzle, e creando perciò i mosaici in Italia, per poi ricomporli e allestirli in loco.
Gli artisti che forniscono i disegni vengono da tutto il mondo, da Dezo a Bansky, e l’arte del mosaico in questo modo parla la lingua dell’immaginario contemporaneo con l’eccellenza dell’artigianalità italiana più antica.
Questa storia affascinante, proiettata verso il futuro è stata l’oggetto di un’affollata presentazione all’Istituto di Cultura, alla quale ha partecipato il Console Generale Fabrizio Di Michele, una delegazione del Friuli Venezia Giulia capeggiata dal presidente Massimiliano Fedriga, assieme a rappresentanti dell’ERAPLE (Ente Ragionale Acli per i Problemi dei Lavoratori Emigrati). Hanno parlato anche Marco Marcorigh, dell’Associazione CLAPE, e Steven Miotto, fondatore della Miotto Mosaics.

Il viaggio della Regione è stato un’occasione per stringere nuovi rapporti ad ampio raggio, sia in collaborazione con l’ICE, guidato da Antonino La Spina, sia con l’Istituto Italiano di Cultura di New York, come ci ha confermato il direttore Fabio Finotti.
E se si dovesse pensare a un brand per il Friuli Venezia Giulia, forse il mosaico sarebbe l’immagine più adatta a rappresentarlo.
La regione infatti è davvero un mosaico di lingue, tradizioni, etnie, religioni: è una regione che compone la sua unità da tante tessere diverse, come Umberto Saba, diceva dell’Italia intera.
Cosa si vuole di più? Il mosaico rappresenta una cultura che difende le singole tessere dell’individualità, ma che cerca anche di comporle in un disegno complessivo. L’arte antica e moderna dei mosaicisti ci insegna anche questo, e ci dimostra di quanto genio e di quanta pazienza ci sia bisogno per ottenere i risultati che saranno esposti al piano nobile dell’Istituto Italiano di Cultura fino al 21 luglio, all’interno della mostra “Progetto mosaici: valorizzazione del lavoro friulano e giuliano negli USA”.
Discussion about this post