Facciamo un salto nel tempo e nei costumi: se oggi la donna è vista in un certo modo nella pittura, nella pubblicità, nei film, alla tv, fermamoci un momento e pensiamo come poteva essere “vista” l’immagine della donna nel Cinquecento. Allora, senza tutti sofisticati mezzi di oggi, c’era solo la pittura per immortalare le dame, le cortigiane, le donne del popolo. E così hanno fatto i grandi pittori dell’epoca, dal grande maestro Tiziano a tutti i suoi celebri contemporanei quali Giorgione, Lotto, Palma il Vecchio, Veronese e Tintoretto.

Per capire come questi famosi pittori italiani ci abbiano raccontato l’immagine della donna, c’è una grande mostra a Milano a Palazzo Reale, dal 23 febbraio al 5 giugno. Circa un centinaio le opere esposte di cui 47 dipinti (ben 16 di Tiziano) molti dei quali in prestito dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, cui si aggiungono sculture, oggetti di arte applicata come gioielli, libri e opere di grafica. Un’esposizione che aspira soprattutto a riflettere sul ruolo dominante della donna nella pittura veneziana del XVI secolo, che non ha eguali nella storia della Repubblica o di altre aree della cultura europea del periodo.
La struttura portante dell’esposizione affronta in otto sezioni un argomento eternamente valido ma anche completamente nuovo, presentando l’immagine femminile attraverso tutto l’ampio spettro delle tematiche possibili e nel contempo mettendo a confronto gli approcci artistici individuali tra Tiziano e gli altri pittori del tempo. Partendo dal tema del ritratto realistico di donne appartenenti a diverse classi sociali, passando a quello fortemente idealizzato delle così dette “belle veneziane” si incontrano via via celebri eroine e sante, fino ad arrivare alle divinità del mito e alle allegorie. Inclusi nella mostra anche i ritratti e gli scritti di famosi poeti che cantarono l’amore ed equipararono la ricerca del bello all’esaltazione della donna e della bellezza femminile, come anche ritratti delle donne scrittrici, nobildonne, cittadine e anche cortigiane veneziane.

Ma perchè proprio Venezia? Perchè con la sua cultura cosmopolita era, e non solo riguardo alle donne, un luogo assai più illuminato. Aveva una cultura internazionale, si parlavano molte lingue, si praticavano religioni diverse: c’era più rispetto per l’aspetto umano. E sebbene gli strati sociali fossero ben distinti, tuttavia la forma urbis stessa consentiva a donne dei ceti più diversi di curare fianco a fianco, nelle parrocchie, i poveri e i malati. Se la donna veneziana non aveva un ruolo pubblico, aveva però un ruolo sociale molto forte. E, fatto rarissimo a quel tempo, poteva disporre della propria dote.

Tuttavia le protagoniste dei dipinti (sante o eroine, mogli o madri, dee pagane o figure mitologiche che fossero), tutte bellissime, generosamente scollate, elegantissime, ingioiellate, potrebbero oggi far storcere il naso ai cultori del politically correct: è vero che queste donne sono viste con gli occhi dell’uomo, ma per Tiziano la donna rappresentava la parte migliore della creazione divina e tale celebrazione, condivisa anche dagli altri maestri e dai poeti, generò nelle donne una grande autostima, tanto da porre le basi per la “querelle des femmes”, il movimento veneziano di fine Cinquecento in cui l’autorità maschile era messa fortemente in discussione».
Grazia, dolcezza, potere di seduzione, eleganza innata sono dunque le componenti fondamentali delle immagini femminili della Scuola Veneta. Per Tiziano la bellezza artistica corrisponde a quella femminile: meno interessato al canone della bellezza esteriore rispetto alla personalità di una donna e alla femminilità in quanto tale, riesce a non sminuirne mai la dignità, indipendentemente dal contesto, dalla narrazione o dalla rappresentazione. Le “belle veneziane” sono donne reali o presunte tali, ritratte a mezza figura e fortemente idealizzate.

Grazie allo studio approfondito di testi fondamentali come ultimamente L’arte de’ cenni di Giovanni Bonifacio (1616), una sorta di enciclopedia dei gesti, queste donne non vengono più considerate come cortigiane ma come spose. Con vesti spesso scollate, dove il mostrare il seno non è simbolo di spregiudicatezza sessuale, ma, al contrario, sta a significare l’apertura del cuore, un atteggiamento di sincerità e verità, atto consensuale della donna verso lo sposo per suggellare le nozze. Queste opere sostituiscono i ritratti reali di donne delle classi patrizie o borghesi, avversati dal sistema oligarchico di governo che rifiutava il culto della personalità individuale.

Quando Tiziano ritrae donne reali si tratta di figure non veneziane, come Isabella d’Este, marchesa di Mantova, o sua figlia Eleonora Gonzaga, duchessa di Urbino. Le cortigiane erano spesso anche colte ed alcune di loro diventarono famose per i loro scritti, come per esempio Veronica Franco, che in una lettera ringrazia persino Tintoretto per averla ritratta. Tuttavia, sino ad oggi esistono pochissimi ritratti identificabili con sicurezza con cortigiane individuali in dipinti a olio. Ci sono poi le eroine come Lucrezia, Giuditta o Susanna che rappresentano l’onore, la castità, il coraggio e il sacrificio o Maria Maddalena nella sua fase spirituale di penitenza. E infine le figure mitologiche come Venere che nasce dal mare come Venezia e personifica la città. In tutte le donne dipinte Tiziano celebra le loro molteplici e diversificate qualità. Agli occhi di chi le guarda appaiono tutte come fortissime personalità, come divinità. E un po’ (forse) anche lo sono.