Esiste un luogo cui apparteniamo, lontano e bellissimo. Un oceano che spesso ignoriamo. Un luogo remoto e allo stesso tempo intimo. Blu come i fondali del mare della Grecia in estate e il cielo di certe notti piene di stelle. Quel posto è nostro, e in qualche modo fa parte di noi.
Questo luogo ritroviamo nelle ultime opere dell’artista viareggina Angelica Bergamini, oramai americana di Brooklyn, attualmente esposte alla Ivy Brown Gallery di New York. Le opere sono quasi tutte immerse in quel blu. E quasi tutte ci riportano in una dimensione che il più delle volte trascuriamo. Blu è il colore dell’introspezione, della relazione con il proprio sé, che ci appartiene profondamente e ci mette in relazione l’un l’altro, finanche con l’etereo. Un luogo che abita tutti noi e l’intero universo e che ritroviamo ogni qualvolta puntiamo lo sguardo verso l’infinito. Un infinito da cui tutti proveniamo e dove arriveremo. Un orizzonte, che più che una linea è un varco: uno luogo che Bergamini ricerca e poi coglie, regalandocene una visione personale e perfetta, che ci unisce e ci permette di entrare in comunicazione con lei, noi stessi, la vita, la morte, il cosmo, oltrepassando ogni distanza, ogni limite fisico-temporale, oltre qualsiasi aldilà ed eternità. Un oceano cosmico, dunque, cui apparteniamo e nel quale viviamo: acque amniotiche che pensiamo di aver abbandonato ma nelle quali siamo costantemente immersi, anche se non le ricordiamo. Dalle quali tutto ha origine, tutto deriva.
Questa assenza di confini e di limiti fa della collezione di Angelica Bergamini, I Will Meet You There, un lavoro eccezionale. Nato in un momento storico di grande dolore e solitudine – legato alla pandemia – durante il quale, recuperare il rapporto con il proprio sé era l’unica cosa giusta da fare, al fine di non ridurre quello stand-by imposto ad un inutile passare del tempo; rapporto che Bergamini conosce bene, avendo seguito da sempre un‘evoluzione artistica – nonché una vasta produzione – da tempo legata all’introspezione; della quale ho già scritto in passato, anche in questa mia rubrica.
All’interno di un percorso altrettanto naturale, dunque, il blu risulterà l’unico colore in grado di rispecchiare l’istinto, la ricerca e le esigenze creative di questa autrice così profonda e raffinata: inevitabile non soffermarsi sui preziosi indizi inseriti in questo universo, dalla incisione di numeri ai simboli, l’intensità, le forme. Partendo dallo zero, ad esempio, come le opere 0 (Zero) #2, e #3, inizio di tutto, ovvero origine, ma anche grembo cosmico, che accoglie e raccoglie noi e l’universo in un infinito indefinibile.
O, ancora, I Will Meet You There #8, nel quale è una scala a rappresentare la connessione in ascesa e in discesa, con il mondo terreno e non, che consente quella relazione tra noi, il passato e il futuro, il cosmo, le stelle, gli antenati, in quello spazio in cui dimoriamo anche con i cari che abbiamo perso. Una scala che è un mezzo per salire o scendere verso luoghi altrimenti inaccessibili benché altrettanto veri – perché vissuti e dunque esistenti – dentro e fuori di noi. I lavori #7 e #9, nei quali le stelle, antiche e lontane – abitanti del nostro Io più sconosciuto, emettono la luce di miliardi di anni fa e ci raccontano dell’infinito e di qualcosa di stellare che fa parte, da sempre, anche di noi.
Infine, il numero #11, nel quale ritroviamo ancora più forte il senso della nascita, in cui il movimento del tratto artistico, non è solo forma ma anche suono, ritmo o, meglio, ninna nanna: culla e abbraccio ancestrale ed eterno, medesima vibrazione che possiamo immaginare come sfondo sonoro al movimento tra i pianeti.
Ma è la barca rossa dell’opera, In the Sea of Time and Space Whisper My Name, quella nella quale siamo trasportati e che ci rappresenta nella sua concretezza: passaggio da una vita a un’altra; viaggio che siamo tenuti a vivere e che nei lavori di Bergamini perde qualsiasi legame con il limite terreno, senza più inizio né fine. Perché le sue opere riescono a rapportarci al tutto, alla vita del cosmo di cui siamo un granello infinitesimale, in una dimensione atemporale e adimensionale.
La barca, dunque, non meno della scala, sono i simboli che ci mettono in relazione con tutto ciò che ci sembra non più presente; o che è passato, finito: solo l’energia ci riconduce a un concetto di insieme, un’immersione in un oceano che adesso è anche Amore, quello universale, concretizzato dal segno artistico e dalle atmosfere intime della serie Love Letters, inciso dalle parole delle quali intravediamo il segno della scritta “I will meet you there”. Perché siamo ancora barchetta rossa, ancora vivi, che ci rivolgiamo a chi non c’e più, rassicurandoli che sappiamo che ci rincontreremo là, I will meet you there. Ti incontrerò là. Ti rincontrerò.
Per chi è a New York e può ammirare questi pezzi unici, preziosi come gioielli di raro valore e bellezza. In mostra presso la Ivy Brown Gallery (NY) fino al prossimo 17 Agosto e, con altri lavori, presso la Lehman College Art Gallery di New York, dal 31 Agosto al 13 Novembre 2021.