Il Belpaese è un museo a cielo aperto che affascina da secoli i visitatori di tutto il mondo ed oggi più che mai emerge la necessità di creare sinergia tra il patrimonio artistico, umanistico, architettonico, paesaggistico con le risorse digitali e l’innovazione tecnologica, decodificando in un unico linguaggio globale ed inclusivo il Sapere.
L’Italia è il Paese che custodisce insieme alla Cina il maggior numero di patrimoni UNESCO e nell’immaginario collettivo il suo nome è associato allo stile di vita mediterraneo, ai colori della sua cultura culinaria, miscellanea delle variegate influenze che grazie alla posizione nevralgica della penisola, hanno lasciato tracce indelebili attraverso le loro occupazioni. Il Mare Nostrum, come lo chiamarono i romani per il suo valore accomunante, fu lo strumento facilitatore degli scambi alimentari ma anche culturali di tutti quegli elementi che oggi costituiscono la cosiddetta dieta mediterranea, che rappresenta insieme ad altri componenti, l’identità del popolo italiano. Incommensurabile valore quello delle opere che caratterizzano le città e degli artisti che nel susseguirsi dei secoli hanno donato all’Italia aspetti connotativi unici ed ammirati nel mondo intero.

Da sempre l’arte ha subito l’influenza della politica, pensiamo all’Impero Romano, egemone assoluto dell’area euro-mediterranea tra il I secolo a.C. ed il V d.C. grazie alla sua gestione ed organizzazione socio-politica che è alla base di tutta la civiltà occidentale. Quanto più le politiche attive terranno conto delle risorse culturali del nostro Paese, tanto più si assisterà ad uno sviluppo sociale ed economico in maniera direttamente proporzionale; seppur si viva in un contesto culturale così ricco, le risorse destinate alla valorizzazione di queste eccellenze risultano sempre tristemente esigue rispetto alle altre realtà europee e mondiali e tutto ciò, nonostante che il comparto della cultura italiana produca redditi per miliardi di euro, coinvolgendo quasi due milioni di unità lavorative. Ma il reale benessere prodotto è l’impatto di ricaduta sul tessuto sociale in cui il bene artistico opera, la sua capacità di inclusione, di accrescimento della capacità critica e di radicamento identitario. Investire nella cultura significa dunque tutela ed ampio accesso ai beni, che essi sorgano nei piccoli centri urbani, linfa del nostro paese, che nelle grandi metropoli, tutto in una visone di welfare ad ampio raggio, anche attraverso l’innovazione, la ricerca, le competenze, la digitalizzazione.
Il Museo Lavinium di Pomezia, ne rappresenta un exempli-gratia, per la sua concezione innovativa ed evocativo-emozionale, con le sue scenografie rambaldiane che supportano il viaggio di Enea attraverso guide interattive.
E’ auspicabile che al digitale si affianchi un nuovo rinascimento green nella tela culturale in cui si intessono beni materiali ed immateriali, turismo, patrimonio eno-gastronomico e società civile; è in questa ottica che Italia smART Community, promossa da Pentapolis Onlus ed Eco in Città, nella persona del suo Portavoce Italia, Massimiliano Pontillo, vuole accomunare in un unico canale relazionale e produttivo, istituzioni, governo, imprese, enti di ricerca, università, fondazioni, società civile, media, start up. Le due giornate si svolgeranno a Torino il 9 e 10 Ottobre, nella cornice del Museo Nazionale dell’Automobile, il Museo della Fantascienza e l’Abbazia di Novalesa. L’iniziativa è inserita anche nel programma del IV° Festival Italiano dello Sviluppo Sostenibile, organizzato da ASviS, sulle linee guida dell’Agenda 2030.
L’Italia non può permettersi di rimanere indietro nella rivoluzione digitale della fruizione dei beni artistici ed architettonici, dobbiamo allinearci alle eccellenze mondiali con filosofia nietzschiana per cui cultura è soprattutto unità di stile che si manifesta in tutte le attività di una Nazione e si sviluppa ed armonizza nelle sue connessioni.