Nonostante l’epidemia di COVID-19 la creatività non si ferma. Si ripete infatti Photoville a New York, festival artistico dedicato alla fotografia, che torna con la nona edizione con notevoli differenze rispetto alle scorse edizioni.
Dal 17 settembre al 29 novembre, l’esposizionesi rinnova coinvolgendo location della città, a Brooklyn, Manhattan, Queens, Bronx e Staten island, oltre a nuove piattaforme multimediali per connettere le storie dei fotografi attraverso le loro immagini con un pubblico più esteso. Tutti gli incontri e i workshops si svolgono on line e le installazioni sono disposte in parchi e spazi aperti per garantire il distanziamento e la sicurezza.
Photoville Festival NY nel 2019 ha presentato più di 600 artisti con 85 mostre e installazioni, 16 incontri e più di 45 attività, tours, workshops aperti a tutti. Ne avevamo scritto qui.

La nostra collega e fotografa Francesca Magnani partecipa nuovamente all’esposizione con le sue opere. L’abbiamo intervistata per conoscere il suo progetto.
Come è cambiato l’aspetto della città in questo momento storico? Che differenze hai colto?
“Camminando per strada si rimane colpiti dalle molte serrande abbassate dei negozi chiusi. Ovunque si vedono strutture in legno che i ristoranti di New York sono stati autorizzati a costruire in strada e che hanno cambiato l’assetto stradale e il panorama cittadino. Tra pochi giorni potranno riaprire con il 25% dei tavoli in sala. La metropolitana invece non è mai stata così pulita come ora. Per la prima volta nella storia di New York viene chiusa la sera per essere totalmente disinfettata. Per chi la prende da sempre è straniante vederla così tirata a lucido. Le persone si reinventano e riorganizzano entro i limiti e le restrizioni imposte dal sindaco e dal governatore, ma ciò non significa che si è perso quello spirito che rende la città unica. Certo la strada ha cambiato faccia – un esempio è la storia di quel parrucchiere che si è messo, riscuotendo un enorme successo, a tagliare i capelli per strada, in posizioni scenografiche, storia che raccontammo ai lettori della Voce qui”. Anche nella mostra che presento adesso c’è un esempio di “reinvenzione”. Si vede come i newyorkesi hanno iniziato a privilegiare mezzi di trasporto alternativi in cui ci si sposta stando all’aria aperta, i battelli della flotta di NYC Ferry“.

Che cosa è rimasto uguale e cosa non tornerà più come prima?
“Credo che l’energia e la creatività dei newyorkesi non siano venute meno, si sono volte in altre direzioni. Basti notare l’inventiva che viene messa nella realizzazione delle mascherine, su cui sto realizzando un altro progetto, fotografico e antropologico. Ecco perché fotografo anche le persone che arrivano alla mostra con una mascherina che reca un messaggio, e più in generale mi interessa osservare come la gente si relaziona a un’opera, a maggior ragione in questo caso in cui, a causa della pandemia, i muri sono caduti e al loro posto le immagini sono appoggiate su strutture effimere, di metallo e tela plastificata e gli spettatori non possono avvicinarsi, ma mantengono i canonici sei piedi di distanza tra loro”.

Come hai realizzato la mostra?
“La mia mostra nasce dalle foto che faccio per strada e che nel 2017 presi a fare anche sui battelli della città. Resami conto che le immagini mostravano un possibile progetto cominciai l’attuazione della prima mostra che arrivò a Photoville 2018. il festival si svolge generalmente in dei container. Quest’anno, giunto alla nuova edizione, le varie esibizioni sono invece diffuse in giro per il Brooklyn Bridge Park e i vari quartieri, e rimarranno visibili molto di più, fino a fine novembre. Per seguire passo a passo l’andamento della mia ricerca è possibile consultare il mio sito, francescamagnani.com o il mio account Instagram, @magnanina”.
Progetti futuri?
“Sicuramente una mostra più articolata su questo periodo unico che abbiamo vissuto qui in questi mesi. Per questo motivo, se tra i lettori della Voce ci sono accademici o curator o galleristi che se ne stanno occupando da altri punti di vista, sono aperta a collaborare e a programmare un “meeting of the minds”!”.
