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August 3, 2020
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Riapre il Museo della Città di New York con gli artisti che raccontano il coronavirus

"New York responds" espone fotografie per raccontare la pandemia di Covid-19 e le proteste anti razzismo. Tra loro anche Francesca Magnani

Manuela CaracciolobyManuela Caracciolo
Francesca Magnani all'esposizione del Museum of the City of New York

Francesca Magnani all'esposizione del Museum of the City of New York (foto Valerie Caro)

Time: 3 mins read

Il 2020 ha già segnato l’intera umanità. E New York risponde attraverso gli sguardi degli artisti  ispirati dal lockdown.

In questo momento di crisi e cambiamento, The Museum Of The City Of New York (MCNY – Museo della città di New York) vuole condividere le storie di come i cittadini hanno affrontato la pandemia e le proteste contro la polizia. La nuova iniziativa fa parte di un progetto molto articolato battezzato appunto, New York Responds, che include vere e proprie testimonianze.

Dal primo agosto, il Museo ha svelato la prima fase di una installazione composta da immagini di tanti artisti che hanno immortalato questo difficile momento, anche per  ottenere una proiezione di ciò che sarà il futuro.

L’esposizione è allestita sulla terrazza dove saranno raccolte fotografie e elementi grafici, inviati al Museo con l’hashtag #CovidStoriesNYC e #ActivistNY e vuole essere un  input per i new yorchesi affinchè continuino a condividere testimonianze ed esperienze in questi tempi di inevitabile cambiamento. Noi abbiamo incontrato una delle fotografe protagoniste della mostra, la padovana Francesca Magnani, che vive a New York da vent’anni ed è anche una collaboratrice de La Voce di New York.

Come è nato il progetto?

“Il progetto è nato su Instagram quando i curatori del Museum of the City of New York hanno ideato un hashtag #covidstories con cui i fotografi che uscivano a scattare durante la pandemia potevano contrassegnare immagini del momento. Hanno ricevuto migliaia di immagini e la mostra sarà sempre aggiornata, per cui ci sarà un continuo ricambio di immagini. I primi tredici, comunque siamo noi!”.

Visite alla mostra New York responds
Visite alla mostra New York responds (foto Francesca Magnani)

Cosa significa per te come artista?

“Per me ha un grande significato sia perché questo museo è una vera e propria istituzione cittadina, sia perché è la prima mostra di questo tipo che viene inaugurata, e sia personalmente per il formato scelto. Il fatto che le foto siano attaccate ai muri, ma all’esterno anziché all’interno crea quell’interazione tra immagine e strada che io prediligo e che già in una certa misura avevo sperimentato in altre mostre, sia a New York con la mostra Gente del ferry che ebbe luogo in dei container all’aperto, parte di Photoville che a Padova, in cui esposi le immagini di Qui. Street stories tra Padova e New York in una galleria col muro di vetro, la Galleria Samonà che guarda su una delle vie pedonali più battute del centro, via Roma. Il fatto che l’energia multiforme della strada possa dialogare con l’opera e che questa non sia chiusa in una galleria per me è senza prezzo”.

Quanti siete e chi a partecipare?

“Insieme a me, in questa prima ondata gli artisti scelti sono tredici, di varia provenienza: Clayton Benskin, Ximena Echague, Milo Hess, Juliana E Muchinyi, Accra Shepp, Francisco Vasquez, Kenneth Nelson, Valerie Caro, Gene Gutenberg, Enrique Garcia, Darnell Thompson, Nina Drapacz”.

Cosa hai intenzione di trasmettere con la tua opera?

“Io ho sempre voluto mostrare quali, tra le cose che avvengono realmente in strada, in questo caso le soluzioni creative e credo tipicamente newyorkesi che i cittadini hanno trovato per affrontare le pandemia, possano avere un’eco più grande e forse bellezza e potenzialità di dare ispirazione: in questo caso l’immagine ritrae un parrucchiere, Antony Payne, che rimasto senza hair salon si è inventato di mettersi a tagliare i capelli nei pressi del ponte di Williamsburg, uno dei posti per me più significativi e belli della città su cui ho anche fatto una mostra in passato”. 

La riapertura DelMuseo della città di New York
La riapertura del Museo della città di New York (foto Francesca Magnani)

Cosa sta cambiando nel mondo dell arte durante la pandemia e cosa sarà diverso?

“Beh, per ora i musei e le gallerie qui restano chiusi ed è difficile prevedere come si evolverà la situazione. Di sicuro molto si sposterà su piattaforme online virtuali. Forse, la “soluzione esterna” di cui parlavo prima e che questo museo ha inaugurato sarà adottata anche da altri, e vedremo su molti più muri esterni opere d’arte per cui in passato si sarebbe pagato il biglietto. Questo approccio così democratico credo avvicini il pubblico all’opera e credo che una foto si arricchisca enormemente con il passaggio e la sovrapposizione di storie che solo la strada può dare”.

 

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Manuela Caracciolo

Manuela Caracciolo

Manuela Caracciolo, fin da bambina ha coltivato la passione per tutto ciò che è creazione ed espressione artistica. Dopo avere frequentato l’Istituto Europeo di Design a Torino e si diploma nel 2001 al Corso di Fashion & Textile Design, lavora per alcuni anni come stilista e graphic designer. Amante della creatività anche nel campo letterario, rispolvera la sua antica passione per la scrittura. E’ giornalista e reporter dal 2007 e collabora con il giornale locale Gazzetta d’Asti e altri fogli locali e con i magazines americani America24 del gruppo il Sole24ore e La Voce di New York scrivendo articoli di costume, arte e cultura. Si occupa di comunicazione per varie realtà associative nell’ambito dell’arte, della cultura , dell’enogastronomia. Ha partecipato e vinto numerosi riconoscimenti letterari con racconti e poesie e ha pubblicato nel 2011 una raccolta di racconti “Storie sole” per Carta e Penna edizioni . A gennaio 2017 è stato pubblicato il suo primo romanzo "Quella notte a Merciful street" edito da Trenta Editore.

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