Ha fondato riviste all’avanguardia come Dazed and Confused e Hunger, ha pubblicato 40 libri, ha immortalato tutti i divi conosciuti, attori, registi, cantanti, ed è riuscito persino a mettere davanti alla fotocamera una sorridente e persino ironica regina Elisabetta. Le sue fotografie, sempre molto innovative, sono state pubblicate ovunque ed esposte in tutto il mondo, dal MoMA di New York al Victoria & Albert Museum di Londra. E ora, per la prima volta, una galleria italiana dedica al famoso fotografo inglese John Rankin, meglio noto solo come Rankin, tre diverse mostre una dietro l’altra, la prima ora dedicata ai grandi ritratti, una carrellata di grandi ritratti a divi come Jude Law, Ewan McGregor, Blondie, Björk, Monica Bellucci, Madonna e tanti altri. Nell’arco di quattro mesi poi, da novembre a febbraio 2020, ci saranno tre cambi di opere e quindi di interi allestimenti in concomitanza con alcuni degli eventi distintivi del calendario moda milanese.
Incontro Rankin un pomeriggio proprio nella galleria milanese (la 29 Arts in progress di Luca Casulli ed Eugenio Calini) mentre guarda da solo, compiaciuto, le sue fotografie esposte.

Che genere di fotografo sei e che tipo di soggetto fotografi?
“Io mi classificherei come un fotografo di ritratti perché adoro fotografare gli esseri umani. Adoro le persone. Ma uso la moda per instaurare una comunicazione in grado di sedurre lo spettatore. E ovviamente adoro il processo, la tecnica e i tecnicismi della fotografia, e i suoi strumenti. In questo senso, sono quasi un artigiano. E tutte queste cose insieme restituiscono alla fine un significato. In verità, è molto difficile classificare quello che faccio. E se vedi lo show, alla fine ottieni delle sensazioni proprio da questo”.

Ci sono altri fotografi il cui stile si avvicina al tuo?
“In verità, non proprio. Non c’è proprio uno “stile” dietro ai miei lavori. Io provo a spaziare in ambiti diversi, laddove altri fotografi continuano con il loro stile. E questo consente loro di andare fino in fondo a quell’argomento. Io invece amo la fotografia e la sua capacità di narrare una storia. Per questo continuo a cambiare, a imparare, a sperimentare, perché questo è quanto mi piace fare. Adoro molto di più la fotografia in quanto tale che i suoi stili. Per questo adoro gli esperimenti”.
Cosa vuol dire essere un fotografo per te?
“Essere un fotografo per me vuol dire essere in grado di parlare a un pubblico e realizzare il mio concept creativo in un modo molto controllato così da raccontare a più persone possibili la mia idea”.
Solitamente, i fotografi non amano essere fotografati ma ho sentito che tu rappresenti un’eccezione; ce ne puoi parlare? E pensi che sia una parte fondamentale del tuo lavoro?
“Ah, io assolutamente non amo essere fotografato. E in fondo in fondo penso che sia la cosa peggiore che mi tocca fare. Ma alla fine, quello che tento di fare è ricordare a me stesso quello che le persone provano quando stanno di fronte alla mia macchina fotografica. E uso me stesso come un modo per esplorare le idee che ho. Pertanto, a volte puoi chiedere a un soggetto di fare cose che ho tentato io stesso di fare per avere una storia interessante. Ma decisamente odio avere fotografie di me e non conosco molti fotografi che amino essere ritratti”.
Di tutte le fotografie che hai scattato c’è un soggetto che prediligi e uno che ti infastidisce?
“Sono soggetti sempre diversi. Ma probabilmente mia moglie è il soggetto che preferisco. Perché noi collaboriamo molto nel lavoro. Collaborare rappresenta una parte grandissima di quello che faccio. Ed è una cosa che adoro fare. Che mi infastidiscono? Sinceramente, non trovo quasi niente di fastidioso. Ho un grande rispetto per il fatto che la fotografia possa intimidire, dando un po’ la sensazione come di essere sotto la lente di un microscopio. Per questo, tento a non infastidire più di tanto, perché sarebbe sleale. In più, penso che quando sei famoso e ti alzi al mattino dal lato sbagliato del letto e non sei dell’umore giusto, e se sei sotto lo sguardo di tutti, per cui tutti ti giudicano, capita che ti dicano che sei una persona terribile – sono sicuro l’abbiano detto – e ti chiacchierino alle spalle, ma è meglio lasciar perdere. Io credo, specialmente di questi tempi, che sia assolutamente meglio essere più pazienti con tutti”.
Ed è vero che la Regina Elisabetta ha sorriso quando ha visto la tua macchina fotografica cadere per terra?
“Quando stavo fotografando la Regina Elisabetta e mi cadde la macchina fotografica. Lei ha riso ed è stato proprio quello il momento che avrei voluto immortalare. E ho fatto di tutto con il mio assistente per rimettere tutti i pezzi a posto, ma quando eravamo nuovamente pronti, aveva smesso di ridere. Allora ho provato di tutto, barzellette divertenti, o fingere di essere Austin Powers…”.
Parliamo sempre di Rankin, ma… chi è esattamente Rankin?
“Chi è Rankin? Chi vuole sapere chi sono basta che guardi le mie foto. Voglio dire: sono in tutte le immagini, lì c’è il mio carattere, le mie passioni, il mio stile. Insomma, nelle mie foto trovi me”.
Se tu non fossi diventato un fotografo, cosa avresti fatto?
“Se non fossi diventato un fotografo, probabilmente sarei diventato un publisher, un editore. O, forse, un direttore creativo, ma direi più un editore. O un gallerista. Ecco, sì, adoro le gallerie”.
Tu giri il mondo tutto l’anno, ma sei inglese, quindi… devo chiederti cosa pensi della Brexit…
“La Brexit? Rimanga tra noi, ma io odio la Brexit. L’Unione Europea credo sia la cosa migliore mai accaduta al nostro paese, alla nostra società. Quelli che vogliono lasciare l’Europa per qualcosa di indefinibile sono solo una elite ristretta di persone che pensano in questo modo di fare soldi. Il sovranismo è una grande stupidaggine. Perché invece non possiamo stare tutti insieme in Europa?”.
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