
Preceduta da immensa fama e da grandi memorie politiche e storiche, tra cui tuttavia anche quella di una sventura, è arrivata in America dall’Italia una statua di gesso in grandezza naturale di George Washington, uscita circa due secoli fa dallo studio romano di Antonio Canova. Questi fu a suo tempo il più celebre scultore d’Europa, quasi impersonando il nuovo stile “neo-classico” che il grande archeologo tedesco Winckelman aveva definito corrispondente a quel sentimento di “nobile semplicità, quieta grandezza” che ispirò la scultura greca. La fama di Canova era giunta fino in America, così che quando, nel 1816, il parlamento statale della Carolina del Nord aveva deciso di erigere una statua in onore di George Washington deceduto diciannove anni prima, l’ex presidente degli Stati Uniti e massimo co-autore della costituzione americana che era presente, uomo di grande cultura, Thomas Jefferson, aveva suggerito di servirsi dell’opera di Canova.
Il parlamento aveva accettato, tanto più considerando che allorché gli europei avessero saputo dell’intervento di Jefferson che, tornato semplice cittadino, trascorreva i suoi giorni pacificamente nelle sue campagne, i loro uomini politici avrebbero desistito dall’abitudine tanto comune e nefasta nel loro vecchio mondo, di cercare di rimanere al potere con tutti i mezzi (questo è il taglio politico-democratico che ancor oggi viene attribuito a tutto questo episodio negli Stati Uniti). Il monumento era stato dunque commissionato a Canova e cinque anni dopo era arrivato ed era stato eretto in un’aula del parlamento della capitale statale, Raleigh.
Tutto era andato bene e vi era stata grande affluenza e deliquio estetico dei visitatori americani quando, dieci anni dopo l’installazione, un incendio era scoppiato nel parlamento e il soffitto, crollando, aveva ridotto in frantumi la statua. Da allora Raleigh piange questa scomparsa, e ciò spiega l’iniziativa della Frick Collection, il raffinato museo di Manhattan a cui è stata dovuta l’idea della importazione temporanea del modello di gesso della statua, la cui esistenza nel museo canoviano di Possagno nel Veneto era nota agli esperti. La statua è arrivata per via aerea ed è stata rapidamente allestita in una sontuosa sala del museo, insieme ad altri reperti (abbozzi a matita, disegni, modelli e statue dello stesso periodo ecc.), per costituire insieme con essi la mostra “Canova’s George Washington” della durata di tre mesi. Dopo la chiusura, la statua verra restituita a Possagno insieme a tutto l’altro materiale, e là la mostra verrà riaperta nel museo canoviano che, contenente tutto ciò che a Roma si trovava nello studio di Canova in via delle Colonnette, sorge accanto alla casa natale dell’artista.
Il modello di gesso (il nome che gli scultori danno all’ultimo, e definitivo, dei vari abbozzi che precedono l’opera in marmo) venne completato da Canova due anni prima della morte, un periodo in cui si serviva ormai abbondantemente dell’aiuto di assistenti, tra i quali il suo fratellastro e una squadra di collaboratori. Con loro, lo studio dell’ormai celeberrimo artista sfornava opere e copie su scala che oggi verrebbe detta industriale. Canova, evidentemente, non aveva mai conosciuto Washington, ma lo studio assicurò che per aumentare l’autenticità dell’opera sarebbero stati usati vari mezzi, per esempio sarebbero state appese alle pareti copie di quadri dell’autore del famoso ritratto americano di Washington, Gilbert Stuart; al centro dell’atelier sarebbe stato collocato un ritratto scultoreo di Washington sessantenne a firma del contemporaneo artista italiano Giuseppe Ceracchi (adesso il busto fa parte della mostra); infine, mentre Canova lavorava gli sarebbe stata letta una storia della Rivoluzione Americana.

Quanto tutti questi espedienti abbiano garantito la totale paternità e l’autenticità estetica della statua ognuno potrà giudicare. Certo, non si tratta di uno dei grandi e pìù famosi capolavori di Canova, per esempio di una Paolina Bonaparte seminuda o di un Apollo e Dafne come quelli che sono nella Galleria Borghese. Ma Canova è stato tra gli scultori più influenti nella storia post-romantica dell’arte (allo stesso modo che il suo conterraneo rinascimentale, il vicentino Palladio, aveva avuto influenza sull’architettura di tutto il mondo e segnatamente in quello anglosassone); e in America il suo tono classico ha avuto influenza enorme su tutta la scultura pre-moderna, e fino ad artisti come William Wetmore Story e Augustus St. Gaudens. Chi può criticare chi si entusiasmi adesso in America di un’opera, anche non primaria, di Canova e che per di più ha tanti riscontri nella storia e nella psiche nazionali?
Quanto alla Frick Collection, essa si è valorosamente imbarcata, da più di un anno, in un programma di collaborazione italo-statunitense che incontra la diligente partecipazione delle autorità italiane. Anche questa mostra è ad esempio accompagnata da manifestazioni canoviane italiane negli Stati Uniti, come la mostra “Antonio Canova by Fabio Zonta”, sulla documentazione e interpretazione dell’opera canoviana nel museo di Possagno effettuate dal fotografo Zonta, esposta al Consolato di New York ; e la mostra “Canova e la Danza”, che espone sedici dipinti a tempera di Canova, dello stesso soggetto, recentemente restaurati e mai prima conosciuti negli Stati Uniti, in una mostra dell’Istituto Italiano di Cultura pure a New York.