Quel centinaio di pagine che ogni settimana fanno bella mostra di sé sui banchi delle edicole newyorkesi sono dal 1925 un’istituzione della parola scritta. Eppure, è innegabile che gran parte del fascino del New Yorker sia dovuto anche alla copertina: i grandi nomi non sono solo quelli che firmano le story, ma anche gli artisti che disegnano le cover.
Tra questi c’è anche un famoso artista italiano, che ha realizzato alcune delle graphic novel più importanti e innovative degli ultimi decenni: Lorenzo Mattotti. Il 6 febbraio, all’istituto Italiano di Cultura diretto da Giorgio Van Straten è stata inaugurata la mostra dedicata a lui e alle sue cover: “Lorenzo Mattotti. Covers for The New Yorker“, curata da Melania Gazzotti e Françoise Mouly.
I visitatori dell’esposizione, che rimarrà aperta fino all’8 marzo, possono godersi i 32 disegni originali a pastello con cui, dal 1993 in poi, l’artista ha firmato la copertina della rivista, oltre ad altri disegni usati a corredo di articoli. Lorenzo Mattotti è stato accolto da un nutrito gruppo di appassionati, italiani e no, di tutte le età. “Sono molto molto orgoglioso di questa esposizione, che è la mia prima mostra a New York”, ha salutato i presenti.
E ha anche raccontato un retroscena divertente: “Realizzare una copertina per il New Yorker è, oltre che un sogno, l’obiettivo di ogni artista. Ma nel mio caso sono anche stato fortunato perché, quando mi è stata chiesta la prima copertina, non sapevo proprio che cosa disegnare e ho scelto un tema abbastanza surrealistico, disegnato in modo naif”. È andata decisamente bene: Françoise Mouly, che proprio nel 1993 inaugurava il suo ruolo di nuova art director del New Yorker chiamando Mattotti a collaborare, fu così soddisfatta che continuò a contare sulla sua collaborazione, oltre a spendersi per l’organizzazione della mostra e i testi del catalogo, edito da #logosedizioni di Modena. “Lavoriamo insieme da anni, se devo pensare a un modello per le nostre copertine penso a quelle di Lorenzo”, dichiara. “Di solito, non gli dico cosa deve fare ma lo lascio libero di seguire i suoi interessi, che sono diversi tra loro. Lorenzo è bravissimo a disegnare idee che sanno toccare le emozioni: il suo uso del colore e della composizione è davvero incredibile”.
L’esposizione degli originali permette a chiunque di scoprire la maestria di Mattotti: a ogni disegno è affiancata la resa grafica con la sovrapposizione dell’inconfondibile testata della rivista. Capita così di scoprire dettagli interessanti: gli schizzi preparatori, come nel caso di “Rite of Fall”, con cui il numero dell’8 novembre 2010 celebrava la Maratona di New York (e che è stata scelta anche come copertina del catalogo). Invece, scopriamo un interessante retroscena di “Blizzard”, scelta per il numero del 10 gennaio 2011 ma disegnata da Mattotti dieci anni prima. Il disegno raffigura le strade innevate della Grande Mela percorse da uno sciatore di fondo che guarda attonito uno sciatore acrobatico sorvolare i semafori, ma la mancanza di tempeste di neve ne rallentò la scelta. Quando poi il numero uscì, un ignoto lettore scrisse all’artista di riconoscersi nel disegno, allegando tanto di foto: non poteva sapere quanto lontano fosse dalla verità.
“Osservare da vicino gli originali è fondamentale per scoprire i colori e le composizioni”, ha detto Mattotti prima di sedersi al tavolo accanto alle copie del catalogo e davanti a una lunga fila di fan, per ognuno dei quali non si è limitato a un autografo con dedica ma ha voluto realizzare un piccolo disegno. A introdurre la serata, il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura Giorgio Van Straten ha raccontato di quanto è stato importante il New Yorker per lui per “sognare gli USA”: le pagine della rivista, anni prima di immaginare di trasferirvisi, “rendevano vivi davanti ai miei occhi gli Stati Uniti”. Un sogno che ora tutti i visitatori della mostra potranno vivere con i propri occhi.