
Se il palcoscenico è il mondo, non sempre le persone sono protagoniste. In un giardino botanico, ad esempio, lo sono i fiori, le piante, gli alberi eccezionali, le foglie dalle forme più svariate, i profumi di tutti i generi e i semi. Sì, i semi, come mette in evidenza, attraverso la sua arte eccezionale, Laura Fantini, artista Bolognese pluripremiata in tutto il mondo. Laura si definisce un’incredibile artista minimalista-iperrealista e usa le matite per raccontare ciò che vede e sente.
Lo fa da quando fu selezionata da Profilo d’Arte – Banca Profilo tra i più interessanti giovani artisti italiani emergenti. La sua prima esperienza espositiva risale al 1992 e da allora le sue opere sono state esposte in numerose le istituzioni e gallerie fra cui il Museo della Permanente di Milano, la Galleria Forni di Bologna, lo Staten Island Museum di New York, lo Schweinfurth Art Center di Auburn, il Museo Nazionale José Malhoa in Portogallo e la Denise Bibro Fine Arts di New York.
Le sue opere sono incluse nelle collezioni permanenti dell’Hunt Institute – Carnegie Mellon University di Pittsburgh, al Monaco Government Tourist Office a New York e in numerose collezioni private in Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone. Inolre, Laura Fantini ha vinto diversi premi, tra cui il primo premio alla mostra floreale First Annual Sylvia Glesmann e il Jane Peterson Memorial Award al Salmagundi Club di New York. Ha ricevuto anche i premi internazionali Canson Paper Award for Excellence e il Premio per meriti eccezionali dalla Colored Pencil Society of America.
Ora una parte delle sue opere sono raccolte in una mostra personale dal titolo “Hope” al Queens Botanical Garden, fino al 29 Aprile 2018. Avendo l’artista a disposizione, abbiamo chiesto a lei di illustrarci le sue opere e di fare con noi una chiacchierata sull’arte fra Italia e Stati Uniti.

Laura, come nasce questa mostra e perché?
“Questa mostra include opere della mia nuova serie HOPE, che si basa sulla rappresentazione di semi ritrovati principalmente tra Bologna, Brooklyn e Queens, ma anche Upstate New York e Messico. I semi sono così piccoli, complicati e misteriosi, ma quello che fanno è straordinario. Essi sono parte integrante di ciò che siamo, e sono emblematici di nascita e crescita. A volte il seme è tutto ciò che rimane di una pianta: può essere la fine, ma anche l’inizio e la speranza per la generazione futura. Per questo sono molto affascinata dal soggetto, perché pur essendo così piccoli quello che riescono a fare è enorme e rappresentano un messaggio positivo, come speranza e nuovo inizio”.
Come crei le tue opere, dall’idea all’esecuzione?
“Negli ultimi anni, mi sono concentrata esclusivamente sulle matite e la natura, come pretesto per rappresentare i miei stati d’animo. Infatti, pur trovando molta ispirazione nella natura, non mi considero un’artista botanica, mi definisco piuttosto un’artista iperrealista-minimalista, perché amo rappresentare soggetti singoli, ma che nella loro semplicità sono in grado di creare una composizione completa. Trovo spesso i miei soggetti casualmente, mentre cammino in un parco o per strada tanto che porto sempre con me una piccola scatola per poter raccogliere i miei “trofei”…semi, foglie, fiori, germogli etc. Successivamente, fisso i soggetti su una tavoletta con un chiodo trovato in un vecchio bancone di mio nonno, che era un abile falegname, e comincio ad abbozzare lo sfondo su un cartoncino da illustratore per poi passare al soggetto.
Utilizzo esclusivamente la tecnica delle matite colorate, perché mi permette di essere estremamente precisa nelle mie esecuzioni. Inoltre, mi piace molto il contatto mano-matita sul foglio. A questo punto, tratteggio dopo tratteggio, riesco a creare sfumature, profondità, giochi di luci e ombre fino ad ottenere l’effetto desiderato”.
Hai esperienza in varie parti del mondo, che similarità’ e differenze trovi nel mondo dell’arte?
“Nel mondo dell’arte trovo più similitudini che differenze. Il networking rimane una chiave molto importante un po’ ovunque. In Italia però dal punto di vista professionale, sembra essere tutto un po’ più difficile”.
Pensi che l’Italia, patria dell’arte mondiale, sia ancora una culla d’arte o si sta facendo sfuggire qualcosa?
“Per rispondere a questa domanda, ne farei un’altra, soprattutto a chi ci ammira dall’estero così tanto. Chiederei di farmi il nome di un artista italiano del passato e quello di un artista contemporaneo. Sono sicura che alla prima domanda mi saprebbero rispondere facilmente, ma sfido i non addetti ai lavori a rispondere alla seconda. Purtroppo mi sembra che sia chiaro che l’Italia si stia facendo sfuggire qualcosa”.
Che differenze o similarità trovi nei differenti paesi in cui hai esposto riguardo l’approccio con gli artisti.
“Negli Stati Uniti c’è un approccio più informale. Non è insolito instaurare qualche rapporto di amicizia con un direttore di galleria che ti segue e ti sostiene, anche se non ti rappresenta come artista. Ho anche incontrato alcuni artisti affermati pieni di grande umiltà che non disdegnano di darti il loro sostegno”.
Dopo il Queens Botanical Garden, dove andranno le tue opere?
“Subito dopo la mia personale al Queens Botanical Garden, sarò in un’altra personale, quasi una retrospettiva dal titolo “Beyond Nature”, al Cotuit Center for the Arts, un bellissimo centro culturale a Cape Cod in Massachusetts, dal 9 maggio al 10 giugno”.
Laura Fantini sarà presente al Queens Botanical Garden il 25 Marzo dalle 2 alle 4pm per l’Artist Talk e Horticulture Walk e il 14 Aprile, sempre dale 2pm alle 4pm per la Closing Reception.
Il Queens Botanical Garden si trova a 43-50 Main Street, Flushing, NY 11355. Per informazioni visitare il sito o chiamare il 718.886.3800.