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February 10, 2017
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I misteriosi paesaggi di Segers

Al Met fino al 21 maggio la vasta retrospettiva monografica dedicata all'artista

Mauro LucentinibyMauro Lucentini
hercules-seghers-landscape-a

Landscape (Hercules Segers)

Time: 3 mins read

Come mai le montagne raffigurate da Hercules Segers (o Seghers), un pittore che in vita sua non aveva mai visto le montagne, hanno esercitato la più profonda influenza sul paesaggismo nella pittura degli ultimi tre secoli? Se si potesse rispondere a questa domanda si penetrerebbe nei più reconditi meccanismi del sentimento estetico. Non ci si è mai riusciti: l’ultimo tentativo è quello che viene fatto adesso – lodevole, ma sempre vano – con la più vasta retrospettiva monografica mai allestita su un piano internazionale dell’opera di questo pittore olandese, presentata al Metropolitan Museum di New York e che si intitola The Mysterious Landscapes of Hercules Segers.

I paesaggi di Segers (Haarlem, circa 1590 – Amsterdam, circa 1638) sono in effetti non solo misteriosi, ma anche minacciosi e addirittura deprimenti in senso clinico, tanto che la gente dell’epoca preferiva non vederli e – come scrisse un cronista dell’epoca – le incisioni di Seghers venivano buttate via o “usate per incartare il pane e il burro”. Solo alcuni dei contemporanei capivano che questo strano e isolato pittore, di cui non si sapeva (né si sa a tutt’oggi) quasi nulla era, come scrisse uno di loro, “un grandissimo artista.” Rembrandt poi lo stimava al punto da acquistare, nonostante fosse abbastanza parsimonioso, otto dei suoi dipinti e un gran numero di sue stampe. Queste opere non solo influenzarono profondamente la sua arte, ma Rembrandt rubò addirittura a Segers l’elaborato sfondo di un suo paesaggio, riproducendolo tale e quale in diverse sue incisioni, in cui cambiava soltanto i protagonisti umani (trasformando così per esempio una stampa di Tobia e l’Angelo di Segers nella sua ben più famosa stampa della Fuga in Egitto).

Anche essere semplicemente plagiati da Rembrandt è un onore tale, da dare fama a chiunque. Invece di Segers pochi si ricordano, e se non fosse per questa retrospettiva, in cui i curatori del Metropolitan hanno unito le loro forze con quelli del Rijksmuseum di Amsterdam – con contributi degli Uffizi e degli Staatliche Museen di Berlino – pochi continuerebbero a ricordarsene in futuro.

Ho detto sopra che Segers non aveva mai visto le montagne. Una delle poche cose che si sanno di questo strano, isolato artista, di cui non sono sicuri nemmeno la data di nascita e quella di morte, è infatti che dopo essersi trasferito da Haarlem – praticamente un sobborgo di Amsterdam – in Amsterdam stessa dove aveva comprato una casa, si allontanò dalla capitale olandese una sola volta per visitare Bruxelles, facendo andata e ritorno in questa che è una delle regioni più piatte del pianeta. Ad Amsterdam, tuttavia, c’era, in quello che è stato chiamato il “secolo d’oro” dell’arte olandese e fiamminga, un fervido ambiente artistico di cui Segers ha indubbiamente fatto parte, non fosse altro per averci sicuramente visto opere di un grande precursore comune, Pieter Bruegel il Vecchio, i cui fantastici nonché demoniaci paesaggi lasciarono su di lui il segno; specificamente le montagne (ma Breugel, perlomeno, le aveva viste in Italia).

Originale e innovatore, Segers sviluppò soprattutto la tecnica dell’incisione con acqueforti su carta dipinta (non se ne facevano prima di lui) e su stoffe di vario tipo (pure mai usate prima a questo scopo), impiegando puntasecca e inchiostri colorati, con ricchissime variazioni del tratto, compatte masse buie o luminose e le più impensabili sfumature dal bianco al nero. La granulosità, le punteggiature, i parallelismi e le altre sottili geometrie delle linee contribuiscono a dare ai suoi incombenti picchi montani un senso reale della materia. Per inciso, fu anche il primo a usare nelle sue stampe carta giapponese; lo seguirà, ma solo vent’anni dopo, Rembrandt.

Anche i suoi dipinti, di cui questa mostra ne produce una dozzina tra cui lo splendido Grande paesaggio degli Uffizi, prediligono cromatismi insoliti, con masse oscure illuminate improvvisamente da vaste maculature di luce dorata secondo una formula chiaroscurale ripresa da Rembrandt e poi venuta giù fino a noi attraverso un filone che tocca nel modo più ovvio la pittura moderna attraverso artisti come Nicolas de Staël e Max Ernst. Perché le musicali discordanze di Segers continuano a toccarci oggi ancora più di ieri nei recessi dell’anima? Forse perché la realtà ci commuove nell’epoca moderna ancora più dell’arte.

La mostra The Mysterious Landscapes of Hercules Segers è visitabile al Metropolitan Museum di New York dal 13 febbraio al 21 maggio 2017.

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Mauro Lucentini

Mauro Lucentini

Sono nato e vissuto a Roma che però ho abbandonato più di mezzo secolo fa per fare il giornalista in varie parti del mondo. Ne ho tratto una specie di complesso di colpa nei confronti della mia città natale, complesso che ho un po’ alleviato scrivendo da lontano una Grande Guida di Roma, che si vende in diverse lingue in diversi paesi. A New York venni per rimanerci tre o quattro anni, invece ci incontrai la ragazza più carina e dolce del mondo così ci sono rimasto, mettendo su, come si suol dire, famiglia. Lei però, pur essendo tanto più giovane di me, è poi scomparsa come un fiorellino che muore. In questa lunga carriera, cominciata quasi da bambino, ho sempre scritto sia di politica che di arte e di questo non mi pento.

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