Non sono esattamente un’esperta di street art, ma c’è un’artista che conosco piuttosto bene perché i nostri destini sembrano incredibilmente intrecciati. Si tratta di Space Invader.
È impossibile che non lo abbiate presente perché il suo stile è riconoscibilissimo: realizza mosaici con piastrelle da bagno riproducendo l’effetto pixelato dei videogiochi anni Ottanta Arcade. All’inizio, parliamo del 1998, i protagonisti delle sue opere erano principalmente personaggi dei videogiochi del periodo, poi, negli ultimi tempi, ha allargato il suo immaginario ad altre icone pop come i personaggi dei cartoni animati o, in alcuni casi, ritratti di personaggi o opere d’arte simbolo delle città in cui agisce.

Una delle opere newyorchesi di Invader, su un edificio all’angolo tra Delancey e Essex Street, oggi abbattuto
Space Invader è uno street artist piuttosto sui generis. Lavora per strada e spesso ai limiti della legalità come un artista di strada, ma non è un writer. La sua arte, i temi iconici e ironici che affronta hanno molto della pop art e il modo ragionato in cui distribuisce le sue opere in giro per il mondo hanno molto di concettuale. Che vogliamo definirlo street artist, pop artist, artista concettuale o vandalo (sì, esistono anche dei pazzi furiosi che lo considerano tale e hanno rimosso le sue opere), Space Invader è uno che ha inventato un modo di fare arte e comunicare iper immediato e iper riconoscibile che prima di lui non esisteva.
È davvero molto improbabile che non siate mai incappati in un’opera di Space Invader, soprattuto se vivete a New York, dove l'artista, che ha base a Parigi, periodicamente fa un salto e lascia il suo segno. Magari non ci avrete fatto caso, ma pensateci bene e vi verrà in mente. Dal 1998 a oggi Space Invader, ha seminato più di 3.000 pezzi in più di 60 città diverse. Alcuni sono stati rimossi, certo, ma la maggior parte è ancora lì: integrati nei paesaggi urbani di Parigi, la sua città che è anche la più ricca di sue opere, di Londra, New York, Roma, Los Angeles, San Diego, Tokyo, Lubiana, Monbasa, Vienna, Amsterdam, Istanbul, Marsiglia e tante tantissime altre città, appaiono questi personaggi pixelati dall'aspetto ormai un po' vintage.
Si dice che quando Space Invader arriva in una città si prenda un po’ di tempo per studiarne la mappa e capire dove sistemare i suoi lavori. Lo deve avere fatto di certo a Montpellier, visto che se posizionate tutti i suoi pezzi su una mappa riconoscerete chiaramente un personaggio di un videogioco Arcade. In ogni caso le posizioni che Space invader sceglie non sono mai casuali e la posizione in cui piazza un’opera fa parte dell’opera stessa (v. foto). Ecco perché non ha molto senso rimuoverle. Come dice lui stesso si tratta di lavori che chiunque può ricostruire da sé con le piastrelle da bagno, quello che conta è l’insieme: il luogo in cui si trovano, la realizzazione, l’idea. Come faccio a sapere che cosa dice Space Invader della sua stessa arte? Perché lo seguo! Su Instagram, prima di tutto, da dove annuncia quando arriva in una città.
Poi, pur mantenendo l’anonimato, qualche rara intervista in questi quasi 20 anni di carriera l’ha rilasciata e credo di averle lette tutte. Non sono sempre stata una patita di Space Invader, è tutto nato per caso. Ricordo che la prima volta che ho sentito parlare di lui è stato quando ho visto il documentario di Bansky sul mondo della street art Exit Through the Giftshop. Proprio in quel documentario Space Invader, con la faccia pixelata come una sua opera, ci teneva a specificare che lui non è un writer, non lo è mai stato. Il film è del 2010 e non è che io non avessi mai visto opere di Space Invader in giro per il mondo, semplicemente non ci avevo fatto caso. Ecco, questa è una delle cose più notevoli di Space Invader: il fatto che lui scelga per i suoi lavori delle icone estremamente riconoscibili, che sono talmente il segno dei nostri tempi e fanno così parte dell’immaginario collettivo, soprattutto per le persone della mia generazione, che proprio per questo poi la sua arte la noti e non la noti. È un’arte che non disturba, spesso molto discreta che però ti entra dentro, ce l’hai già dentro, e una volta che inizi a fare caso ai segnali che Space invader lascia in giro per il mondo, poi non smetti più.
Space Invader sa bene di fare questo effetto alle persone che lo seguono, tanto che l’anno scorso si è divertito a lanciare una app che si chiama Flash Invaders in cui chi lo segue può fotografare le sue opere e accumulare punti, rientrando in una classifica in perfetto stile videogame vintage. Quasi 6.000 persone hanno scaricato la app e giocano attivamente, io sono una di loro. Si tratta, però, solo di un gioco. Non è che attraverso la app si possano avere informazioni sui prossimi step di Space Invader. Il modo migliore per sapere in che città si trova è seguirlo su Instagram, è così che ho saputo che era a New York in questi giorni e indovinate un po’? Pure io sono a New York!
Ecco, qui vorrei aprire una parentesi per spiegare perché ho esordito dicendo che spesso mi sembra che il mio destino sia intrecciato con quello di Space Invader. Da quando sono ben consapevole di chi è e di cosa fa e guardo con occhi diversi i muri delle città, mi è capitato un numero incredibile di volte di essere nella stessa città in cui si trovava lui. Contemporaneamente. E mi è capitato di vedere da un giorno all’altro un muro “vuoto” riempirsi con un segnale di Space Invader. Mi è capitato un numero impressionante di volte ed è sempre un’emozione. So per certo che siamo stati a Roma nello stesso periodo, per esempio. Proprio quando ha invaso, tra gli altri luoghi, persino quel posto surreale e fuori dallo spazio e dal tempo che è il quartiere Coppedè.
La coincidenza più incredibile è che Space Invader è stato ben due volte a Ravenna, la mia città natale ed entrambe le volte anche io ero lì, cosa che tra l’altro non capita così spesso. Ok, mi direte che non è così incredibile che un artista che si occupa di mosaici contemporanei, perché poi in fondo questo sono i suoi lavori, vada a rendere un tributo a una delle città più famose al mondo proprio per i mosaici. Resta però il fatto che sono felicissima di essere stata lì in quei giorni e di avere potuto fotografare il suo bellissimo tributo all’Imperatrice Teodora e all’Imperatore Giustiniano che aveva posizionato in una casa davanti alla Basilica di San Vitale. Avendo azzardato il posizionamento di quell’opera in una casa adiacente a un’area che fa parte del patrimonio dell’UNESCCO, purtroppo si sono immediatamente innescate tante sciocche polemiche, terminate con l’iniziativa di un privato che, dopo pochi giorni, ha rimosso l’opera di Space Invader, lasciando i segni che potete vedere dalla foto qui a lato. Vorrei farvi notare come l’unica cosa veramente fuori luogo in queste fotografie fosse una macchina, non me ne voglia il proprietario, quella sì, a prescindere dal modello, davvero impoverisce la preziosa area protetta dall’UNESCO. In ogni caso, nella mia città d’origine ci sono ancora quasi una trentina di opere di Space Invader e ogni volta che ci torno mi diverto ad andare in giro a scovarle.
Mancavo da New York da un po’. Appena sono tornata, la settimana scorsa ho scoperto dai social che anche lui è qui e che sta lavorando a dei pezzi ad hoc per la Grande Mela (dove è già stato in passato, disseminando in particolare il Lower Manhattan): un favoloso Andy Warhol, un Woody Allen, un Lou Reed e soprattutto un Joey Ramone. Di tutti i nuovi pezzi che ha anticipato, l’unico che ha già piazzato è Joey Ramone, gli altri sono ancora in fase di studio o comunque non ancora posizionati. Questo significa che lui è ancora qui e che questo è l’inizio di una nuova elettrizzante caccia al tesoro.
Va detto che Space Invader evidentemente è molto cauto quando si tratta di New York perché proprio qui nel 2013 è stato arrestato. Certo, gli era già successo a Los Angeles nel 2011, ma è una noia che immagino eviti volentieri. Insomma, stavolta sta studiando molto bene il territorio prima di agire, anche perché i pezzi che ha pubblicato in anteprima sui social sembrano oversize rispetto ai suoi normali lavori.
Insomma, per ora l’unico nuovo pezzo è il ritratto del cantante dei Ramones con una maglietta a righe. Volevo essere una delle prime a scovarlo e ce l’ho fatta. Ma non è stato facile. Dalla foto che aveva pubblicato su Instagram (qui a lato) quattro giorni fa non è che si capisse molto: si vedeva chiaramente che l’opera era piazzata in una zona industriale piuttosto anonima e vi sfido a setacciare le zone industriali piuttosto anonime di New York. Siccome lui nel commento citava il Bushwick Collective, ovvero un noto collettivo di street artist che ha sede proprio a Bushwick, una zona al limite tra l’industriale e l’hipster di Brooklyn, ho capito che il pezzo doveva trovarsi proprio lì. Così, sono partita. Ho preso la L, la mitica linea degli hipster che collega Manhattan a Williamsburg e poi si addentra nelle parti un po’ più autentiche di Brooklyn e sono scesa, appunto, alla fermata Jefferson.
Le strade di Bushwick colorate dalla street art
La nuova opera di Space Invader a Bushwick dedicata a Joey Ramone
Sono davvero grata a Space Invader per avere piazzato il suo nuovo pezzo proprio lì perché avevo tanto sentito parlare dell’incrocio di vie piene di murales di Bushwick, ma non avevo mai avuto occasione di andarci di persona. Insomma, cercando Space Invader ho fatto una delle passeggiate più ispiranti e piacevoli della mia vita a New York, solo che non l’ho trovato. Seguendo indicazioni sbagliate che ho raccattato sul web mi sono spinta dentro a magazzini, su un ponte, in posti sempre più industriali e sempre più sperduti, ma niente. Non ce l’ho fatta. Ormai era buio e io avevo un appuntamento di lavoro, così ho mollato.
Il giorno dopo però, con molta più calma, sono tornata e non allontanandomi troppo dalla fermata Jefferson, eccolo! Eh no, scusate, ma la posizione esatta non ve la dico, se no che gusto c’è. Ma dalla foto qui a lato potete anche voi provare a indovinare e partire per la caccia al tesoro. Space Invader, anche questa volta ti ho beccato! Ora tocca a voi.