Quando ho sentito del nuovo documentario su Peggy Guggenheim ho subito drizzato le orecchie. Da 25 anni vivo a due miglia dalla Pollock Krasner House a Long Island e a poco più di un miglio dal Green River Cemetery, dove è sepolto Jackson Pollock. Quest'ultimo proprio da Peggy Guggenheim ebbe il suo primo incarico nel 1943 e poi anche un prestito per acquistare una casa a Springs. Grazie a quell'aiuto la sua arte ha potuto crescere e prosperare. E questo esaurisce quanto sapevo di Peggy, la celebre collezionista d'arte ed ereditiera.
Ciò che non sapevo era con quanti altri artisti e scrittori fosse andata a letto, quanti ne avesse sposati e aiutati ad affermarsi rendendo celebri le loro opere. La regista Lisa Immordino Vreeland dà vita a questi legami attraverso le stesse opere d'arte, vecchi filmati, spezzoni di film e lunghe interviste audio andate perdute di Jacqueline Bogard Weld a Peggy, tratte dal suo libro Peggy: the Wayward Guggenheim. Lungo il tragitto incontriamo Marcel Duchamp, Robert Motherwell, Chuck Close, Lucien Freud, Yves Tanguy, Henry Moore, Salvador Dali, Giacometti, Max Ernst, Man Ray e Picasso. Il film accenna ai suoi rischiosi tentativi di salvare le opere d'arte nella Parigi occupata dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale e mostra come proprio la sua passione per il lavoro abbia contribuito a foggiare e definire l'arte moderna come la conosciamo noi oggi. I suoi amici raccontano le parti più intime della sua storia, mentre storici dell'arte, galleristi e direttori di musei si soffermano sull'eredità che ha lasciato. Il film ci porta a scoprire quanto si celava dietro il denaro, il glamour e i viaggi. Nella sua vita c'era molta tristezza: dalla morte prematura del padre sul Titanic, alla perdita della sorella ventenne, dalla brutalità del marito alla perdita della figlia. L'arte è andata a riempire quel vuoto e a darle uno scopo nella vita.
E' proprio questa la motivazione dietro uno straordinario numero di collezioni: la Guggenheim Jeune a Londra (1938); la galleria Art of This Century di New York (1942) e naturalmente la splendida Collezione Peggy Guggenheim a Venezia nel Palazzo Venier dei Leoni (1951), ciò che Peggy definiva il suo più grande successo dopo la scoperta di Jackson Pollock. Per citare la regista Vreeland: “Ha sempre voluto creare collezioni che la gente potesse vedere. Questa era il suo modo di dare qualcosa in cambio al mondo”.
Dal punto di vista cinematografico, nel documentario c'è del materiale davvero prezioso. In apertura, i primi minuti combinano abilmente i titoli di testa con omaggi visivi agli artisti. L'utilizzo dei filmati d'archivio è di grande impatto, fornendoci uno spaccato della vita dell'alta società newyorchese e di quella bohémien parigina degli anni '20. La musica dell'epoca ci guida da un decennio all'altro. L'unica nota dolente è la voce incorporea di Jacqueline Weld durante l'intervista a Peggy Guggenheim, le cui parole sono, a dir poco, difficili da distinguere.
La vita di Peggy Guggenheim è stata lunga e complessa. Una personalità colorita ed eccentrica, senza dubbio anticipava i tempi “afferrando la vita e vivendola alle sue condizioni”. Eppure sembra ci sia ancora chi voglia dibattere il suo reale impatto sul mondo dell'arte. Ha davvero aperto la strada al passaggio dal Surrealismo all'Espressionismo astratto? Aveva veramente un gusto innato o un talento per l'arte o semplicemente si trovava nel posto giusto al momento giusto? Era una ribelle o una ragazza sola in cerca di attenzioni?
Per sua stessa ammissione, Peggy condusse una vita folle. Ma come amava dire “Il segreto è arte e amore”. E, come il film chiaramente dimostra, i risultati si vedono.
Peggy Guggenheim – Art Addict arriva nelle sale di New York il 6 novembre.
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Traduzione dall'originale inglese di Simona Lisi.