Nel quartiere di Soho, a New York, c’è un luogo in cui l’arte moderna italiana e i suoi amanti trovano casa. Nelle ampie e luminose sale espositive del Center for Italian Modern Art (CIMA), dopo un inizio dedicato a Fortunato Depero, a partire dall’autunno scorso, sono state esposte le opere di Medardo Rosso.
In meno di due anni di attività il CIMA è già diventato un’istituzione nel panorama culturale newyorchese targato Italia. Con il suo approccio accademico e allo steso tempo orientato alla comunicazione al grande pubblico, il centro nasce allo scopo di diffondere la conoscenza dell’arte italiana del Novecento tra il pubblico americano ed è riuscito ad imporsi come realtà innovativa e dinamica. Un obiettivo che lo staff e i ricercatori ospitati dal centro portano avanti con passione e capacità d’invenzione, sotto la guida della fondatrice Laura Mattioli che ha mutuato dal padre collezionista l’idea della casa-galleria intesa come luogo in cui entrare in contatto intimo e ravvicinato con l’arte.
“Vogliamo essere di stimolo ad altre istituzioni culturali newyorchesi per la diffusione di artisti italiani ancora non abbastanza conosciuti” dice Heather Ewing, direttore esecutivo del Centro.
Ogni anno il CIMA (che di recente ha inaugurato una rubrica sulle pagine di questo giornale) propone una retrospettiva su un artista italiano ancora poco noto da questa parte dell’Atlantico e, nel corso dell’anno, organizza seminari di approfondimento, incontri e workshop oltre che visite guidate bisettimanali (su prenotazione). La mostra della stagione 2014-15, in corso fino a fine mese, è dedicata a Medardo Rosso di cui sono esposte 115 opere tra sculture in bronzo, cera e gesso, fotografie sperimentali e disegni, in massima parte provenienti dal Museo Medardo Rosso di Barzio (LC).
L’opera di Medardo Rosso (1858-1928), largamente sottovalutata in patria e all’estero, ha segnato un passaggio cruciale nella scultura moderna, introducendo un profondo senso di tridimensionalità associato all’astrazione e a un uso della materia in divenire. Bronzi, cere, gessi e malte sono i materiali con cui Rosso sperimenta proponendo figure in cui l’astrazione è il risultato di un gioco di luci e ombre date da un uso gestuale del materiale che crea un effetto di non finito.
Rosso è considerato uno degli esponenti più importanti della scultura impressionista. Poco capito in patria, lavorò a lungo a Parigi dove fu considerato tra i fondatori della scultura impressionista insieme a Rodin. A differenza di molti dei suoi colleghi che in quegli anni scelsero la Francia, Rosso si rifiutò di “francesizzare” del tutto la sua arte, pur lasciandosi da essa trasformare: mentre in Italia le sue opere si concentravano soprattutto sulla gente semplice, i lavoratori, gli emarginati, i sofferenti, durante la permanenza in Francia, le sue opere persero via via la connotazione sociale in favore di soggetti più borghesi e ritratti più eterei.
In un momento in cui la scultura si andava sempre più industrializzando preferendo la riproduzione meccanica e seriale alla manualità, Rosso scelse di continuare a forgiare le sue opere in proprio, nel suo studio, in modo da avere un controllo totale sull’intero processo di realizzazione dell’opera. Anche nei suoi studi seriali non abbandonò il processo di produzione. Nel corso della sua carriera, Rosso tornò più volte sugli stessi soggetti proponendone varie versioni e sperimentando con i materiali (del suo Bambino Ebreo, per esempio, esistono dieci versioni), come si può apprezzare nella mostra in corso al CIMA dove della scultura Madame Noblet sono esposti tre esemplari diversi.
A rendere unica la mostra al CIMA sono, tra l’altro, le circa 50 fotografie che documentano il lavoro dell’artista nello studio parigino (una curiosità: Degas aveva lo studio vicino a quello di Rosso a Parigi e fu lui a prestargli la macchina fotografica con cui Rosso fece i suoi primi esperimenti) e che consentono allo spettatore di osservare da vicino il processo creativo, di capirne la logica e l’estetica. “Sono foto molto coreografate – spiega Heather Ewing – ed attentamente costruite. In una sua mostra Rosso aveva esposto delle foto senza dichiarare che si trattasse di foto: Rosso non è mai quello che vedi”.
In mostra ci sono anche tanti dei disegni, bozzetti e appunti dell’artista, alcuni dei quali sono delle minuscole opere d’arte che mostrano l’attenzione per il materiale, il rispetto del supporto dell’opera e il rifiuto della monumentalità dell’arte.
Molte delle fotografie e dei disegni esposti al CIMA vengono presentati al pubblico americano per la prima volta. Eppure, nonostante Rosso sia oggi poco noto negli USA, è proprio all’America che si deve la sopravvivenza della sua fama nel tempo. Nel 1928, infatti, Rosso morì abbandonato e dimenticato dall’Italia, dove era tornato negli anni Dieci e aveva conosciuto una breve stagione di successo, favorita dall’ammirazione da parte dei futuristi che in Rosso vedevano un rivoluzionario vero. Fu proprio l’America a riscoprirne il contributo all’arte contemporanea: gli espressionisti astratti furono infatti grandi estimatori del lavoro di Rosso e, negli anni ’50 e ’60, quando la pittura americana portava sulla tela la concretezza e l’energia di materiali e gesti, Medardo Rosso, con la sua materialità non finita, fu visto come un precursore.
Ogni anno, il Center for Italian Modern Art, in abbinamento all’artista italiano esposto, propone un altro artista, non necessariamente italiano, il cui lavoro viene ripensato in dialogo con la mostra principale. L’anno scorso, in dialogo con le opere di Depero, era stato esposto il lavoro di Fabio Mauri. Quest’anno, accanto alle sculture di Medardo Rosso, sono proposte due tele di Cy Twombly composte da segni grafici e minuscoli gesti che riecheggiano l’estetica di Rosso. “In Twombly i bianchi e i vuoti della tela fanno parte dell’opera – spiega Francesco Guzzetti, uno dei borsisti ospitati quest’anno al CIMA – la tela non è vista come una superficie da coprire, bensì come parte integrante del lavoro finito, in dialogo con i segni sulla tela per costruire la composizione. Il modo in cui Twombly tratta la superficie, ci insegna molto su Rosso”.
La mostra del CIMA offre una piattaforma da cui avviare nuovi studi e rivitalizzare un artista molto contemporaneo. Nel corso dell’anno, il centro ha infatti organizzato molte attività per approfondire vari aspetti e momenti del lavoro di Rosso. Ora il CIMA si avvia alla fine di questo ciclo offrendo un’ultima opportunità di vedere e conoscere l’opera di Rosso: un’occasione unica per avvicinarsi al lavoro di questo artista e a quello del Center for Italian Modern Art sarà l’evento di fine anno organizzato per il 26 e 27 giugno quando, oltre alle visite guidate a cura dei ricercatori del CIMA, ci saranno un concerto e una reception per chiudere l’anno con un momento di festa.
Poi, imballate le opere per il viaggio di ritorno verso l’Italia, il CIMA inizierà a prepararsi per la nuova stagione, quando gli spazi della casa-galleria di Soho accoglieranno le opere di Giorgio Morandi.