Purely è il nome dell’esposizione che ha introdotto prepotentemente Roberto Fiorentino, artista napoletano, sulla scena artistica newyorchese, a cui apporta la purezza, appunto, della sua espressività pittorica, insieme ingenua e convincente, smaliziata e vergine.
Il 16 Ottobre, i suoi quadri li troviamo già lì, dove devono essere: appesi alle pareti di un salotto, dell’angolo soggiorno, ruggenti risvegliano gli ambienti di una casa prototipo, vegliano sui sogni di una camera da letto disabitata. Sono gli spazi del salone espositivo di Poltrona Frau. Egregiamente ammobiliati, formano la casa dei desideri, riempita per l’occasione dai quadri di Fiorentino, che ha curato personalmente anche la loro disposizione e illuminazione, per un’arte contemporanea che dopo essersi fatta graffito, istallazione, performance, torna all’intimità di uno spazio domestico, parla alla quotidianità dei momenti di vita vissuta.
Il suo è stile libero, svincolato dall’ossessione del concetto, passa nuotando come vuole, nella grande piscina visiva di ogni spettatore che si fermi un momento a fissare le sue opere. “La mia voglia di dipingere non ha ispirazioni precise, è voglia di fare, di mettermi a lavorare. L’ispirazione viene fuori così. Il mio rapporto con l’arte è estremamente pratico, mi piace sporcarmi mentre lavoro”, dichiara l’artista, laureato all’Accademia delle Belle Arti di Napoli e attualmente residente ai quartieri spagnoli, dopo molti anni di soggiorno londinese. Se gli si chiede cosa voglia portarsi via da New York risponde: “Niente, anzi vorrei portare io qualcosa, vorrei venire io qua. Trovare una galleria, magari, una strada. In Italia mi sento meno apprezzato per quello che faccio, l’arte contemporanea è molto avanguardista e la pittura viene un po’ bistrattata. In America è diverso – aggiunge – Napoli in particolare è un po’ chiusa”.
La particolarità delle sue opere risiede in un rapporto dialettico e di continuo scambio con lo spettatore, al punto da preferire non etichettarle tramite una didascalia o un titolo: “Alcuni quadri hanno il titolo, altri no. Io do titoli solo a volte e spesso li cambio pure. Magari dopo un anno, due anni, i miei stessi quadri mi dicono qualcos’altro. Mi piace che la gente dia una sua interpretazione personale, non voglio obbligare lo spettatore a una chiave di lettura che sia solo quella”. Fiorentino è fautore e promotore di un’arte che sia soprattutto partecipazione: “E’ capitato di lasciare i quadri senza titolo e poi chi era interessato ne proponeva uno spontaneamente, così lo decidevamo insieme. L’opera è di entrambi, di chi la fa e di chi ne gode”.
All’evento, organizzato da Open Gate Comunications, era presente anche la console generale Natalia Quintavalle, attenta ai movimenti artistici degli italiani a New York: “Questo spazio mi piace già di per sé, mi sembra un ottimo posto dove venire di tanto in tanto a godermi l’arte, cose nuove, nuovi, stimoli e questo artista mi sembra perfettamente calzante in questi spazi. Trovo molto intelligente esporre in un ambiente come questo, che é sì commerciale, ma anche bellissimo e sarebbe un peccato non sfruttarlo appieno”.
New York ha risposto con entusiasmo. Oltre alla consistente partecipazione all’evento, potenziali compratori si sono informati sulle opere già in fase di allestimento. Si prospetta dunque un seguito allo scambio tra Roberto Fiorentino e la Grande mela.