Avete letto l’articolo del New York Times sulla nuova politica del Rijksmuseum ad Amsterdam? In rete immagini ad alta risoluzione di tutta la collezione, scaricabili da chiunque e per qualsiasi scopo. È una filosofia illuminata secondo me, in quanto riconosce che le opere d’arte sono patrimonio di tutta l’umanità, e perché permette anche a quelli che non siano in loco di studiare capolavori quali La lattaia di Vermeer. (Avanti allora anche voi presso il Rijksstudio.)
Chi è in loco a New York invece farebbe bene a correre al Metropolitan Museum of Art per vedere dal vivo le gallerie di pittura europea allargate e messe a nuovo (1250–1800). Lì incontrerete prima di tutto un ospite illustre: il duca Francesco Io d’Este nel ritratto di Diego Velázquez, in prestito dalla Galleria Estense di Modena, chiusa in seguito al sisma del 2012. Francesco vi ferma di colpo col suo sguardo penetrante e con le sua labbra carnose. La sua persona sprizza gagliardia ed arroganza, mentre i baffi leggeri esaltano la pelle fresca e luminosa del principe trentenne. Un bel fusto da assaporare sino al 14 luglio.
La collezione permanente del Met è splendida più che mai dopo la restaurazione, che ha compreso anche la pulitura di molti dipinti e l’acquisizione di diverse cornici d’epoca. Ma per quanto siano invitanti le gallerie rifatte, vi consiglio di non trotterellare ma, se conviene, di diventare amici del museo in modo da potere gustare queste opere di genio un po’ alla volta. Mi limito quindi a segnalarvi qualche percorso, invitandovi a far tesoro dell’intuizione del grande Baudelaire, che cantò le corrispondenze che echeggiano nelle foreste di simboli.
L’Ester e Assuero di Artemisia Gentileschi e all’altra estremità della sala, in prestito, la Danaë di suo padre Orazio. Da una parte la donna pia, salvatrice del suo popolo, dall’altra la donna profana oggetto del voyeurismo maschile. (Va detto che le bellezze d’Ester la aiutarono non poco nella sua missione eroica e che, lascivia a parte, Orazio dimostra una maestria sbalorditiva nel rendere i giochi di luce sul velluto, sulla seta e sui veli che fanno da sfondo alla sua Danaë).
Ester e Assuero di Artemisia Gentileschi. The Metropolitan Museum of Art.
Due tele monumentali di Domenikos Theotokopoulos, in arte El Greco, costituiscono un iter da sé stante perché ti sconquassano anima, cervello e viscere. Insieme opaco e fosforescente, l’inquisitore del Ritratto di un cardinale ispirò Velázquez e Francis Bacon e in qualche modo ingloba (e anche fa esplodere) tutta la pittura occidentale, dalle icone bizantine a Tiziano e la scuola veneziana fino alle pennellate frenetiche dell’espressionismo—e oltre. La visione di San Giovanni, che ritrae l’apertura del quinto sigillo dell’Apocalisse, potrebbe essere un quadro del Picasso, per essere precisi Les Demoiselles d’Avignon, solo che le signorine meretrici di Ser Pablo sono assai meno inquietanti di questi martiri nudi (alcuni bimbi) aspirati in un cielo di turbini e fiamme.
Per finire, un percorso rivoluzionario. Benjamin Franklin in un ritratto di Duplessis: A Parigi il buon Franklin destava meraviglia perché si vestiva in modo sobrio e non portava la parrucca. Nel dipinto francese sembra leggermente infastidito (forse dalle attenzioni eccessive) ma vi si scorge un animo aperto e solidale. Di Jacques-Louis David, Antoine Lavoisier e consorte. Genio poliedrico, portò onore alla Patria e rese servizio all’umanità intera con la scoperta dell’ossigeno e dell’idrogeno, ma finì ghigliottinato lo stesso. E infine il ritratto mozzafiato di Juan de Pareja del Velázquez. Bello e nobile quanto un sovrano, Juan fu proprietà dell’artista, un suo schiavo morisco. Dopo l’affrancamento lavorò anche lui come pittore. Attraverso i secoli Juan ci interroga, e nulla fra le tante meraviglie del Met preme di più di questo suo quesito.
Il Metropolitan Museum of Art è aperto dal martedì fino alla domenica; dal 1o luglio 2013 resterà aperto sette giorni su sette. Orari e ulteriori informazioni: www.metmuseum.org o 212.535.7710.
Parliamoci chiaro però: per quanto siano irrinunciabili musei come il Met, a volte sembrano degli ipermercati dell’arte, dove tra spinte, piedi pestati e felpe promozionali le comunicazioni spirituali col Vermeer e con la O’Keefe si stabiliscono con estrema difficoltà. Ma a New York un po’ al di fuori dei sentieri battuti ci sono anche musei a dimensioni umane e con collezioni altrettanto degne di nota.
Fra essi spicca la Morgan Library & Museum, a pochi passi dalla Grand Central Station e dall’Empire State Building. Alle sue origini la biblioteca privata del barone brigante Pierpont Morgan, la Morgan fu aperta al pubblico nel 1924 da suo figlio J. P. Morgan, Jr. Ampio e luminoso, il padiglione d’entrata sulla Madison fa parte dell’espansione del museo curata da Renzo Piano tra il 2000 e il 2006.
Dal fitto programma della Morgan vi segnaliamo due mostre. Treasures from the Vault, una scelta di oggetti dai depositi del museo, rende omaggio a Giuseppe Verdi e Richard Wagner (che compiono 200 anni nel 2013) e Benjamin Britten (che festeggia i suoi teneri 100 anni) con documenti autografi: il libretto dell’Aida con annotazioni sulla messa in scena di pugno del nostro Grande e pagine dalle partiture del Lohengrin e del Billy Budd. Per chi non sia melomane invece attirano l’attenzione lettere di Jane Austen, George Sand e Albert Einstein; un esemplare del primo libro stampato in inglese, risalente al 1474; e un rarissimo rotolo di ricette in inglese medievale (compreso il blancmange, per la grande gioia di noialtri devoti dei Monty Python).
Illuminating Faith, invece, è centrata sull’eucaristia nell’arte medievale. A differenza di mega-mostre che impongono ritmi di marcia forzata, Illuminating Faith consiste di una settantina di oggetti disposti in un’unica grande galleria, tutti corredati di ottimi testi esplicativi. L’esibizione invita a meditare sui misteri dell’ostia, insieme umile e divina, emblema dell’unione con Dio e anche della divisione tra le Sue creature. (La mostra non occulta né le stragi di ebrei compiute dai cristiani nel nome dell’ostia, né la profanazione dell’ostia perpetrata dai rivoluzionari francesi nel 1794.) Su YouTube potete visionare primi piani di diversi oggetti in un clip narrato dal curatore Roger S. Wieck.
Particolare del Messale Tiptoft, c. 1320. The Morgan Library & Museum.
E quali oggetti: la Morgan vanta una delle collezioni di manoscritti miniati più importanti del mondo, affascinanti per i credenti e non. Nel Libro d’ore Farnese, illustrato da Giulio Clovio, putti si divertono a gettare sulla processione del Corpus Christi fiori che rappresentano la grazia divina. Il Libro d’ore di Tours, opera della bottega di Jean Bourdichon, ci offre un chiaro di luna squisito raffigurante l’agonia nel Getsemani, in cui la luce dell’angelo di Dio consola Gesù ed illumina anche il calice eucaristico. Un codice vallone evoca la crocifissione e il vino della messa mostrando Gesù schiacciato in una pressa enologica.
L’immagine più singolare, dal Libro d’ore di Verdun, raffigura la ferita al costato di Gesù. Si dice che da quella piaga, da cui uscirono acqua e sangue (allusioni al battesimo e al vino eucaristico), sarebbe nata la Chiesa. La ferita però somiglia non poco ai genitali femminili, quelli che non sarebbero stati coinvolti nella nascita di Gesù e che Sant’Agostino, e non fu l’unico, designò come pudenda. Ohibò, sono questioni forse per Dan Brown e il professor Langdon, ma ci fanno capire che, grandi o piccoli che siano, le opere d’arte ed i musei ci serbano sempre notevoli sorprese.
The Morgan Library & Museum è aperto dal martedì fino alla domenica. L’entrata è gratuita il venerdì dalle 19,00 alle 21,00. Orari e ulteriori informazioni: www.themorgan.org o 212.685.0008.