Io mi definisco sempre un giornalista “residente”. Un giornalista a km zero, detto in un altro modo. Sono uno che racconta quello che vede, nella terra, la Sicilia Occidentale, in cui vivo. Mi considero, in questo senso, molto fortunato. Già, si è fortunati ad essere giornalisti in Sicilia, perchè ogni giorno si ha un argomento su cui scrivere che sarà di sicuro interesse nazionale, e non parlo solo di “cose” criminali, quello che seguo più da vicino, mi riferisco anche alla politica, alla cronaca. Nel bene e nel male, la Sicilia fa parlare di se. E un giornalista che si fa il mazzo tanto, dalle mie parti, riesce sempre ad emergere.
Ho anche la fortuna di essere direttore di un portale, www.marsala.it, che è un piccolo gioiellino. Siamo pochi (li voglio citare: Francesco Timo, Francesco Appari, Carlo Rallo, Jana Cardinale), malmessi, ma sappiamo raccontare le cose e ci divertiamo anche a farlo. Il pubblico ci segue, numeroso. Ci suggerisce temi ed inchieste. Il fiore all’occhiello della nostra esperienza è il fatto che siamo stati invisi a tutti i politici che hanno governato la mia città, Marsala, e che si sono succeduti nel tempo, dal centrosinistra al centrodestra. Chi è all’opposizione ci considera alfieri della libertà, chi è al governo non ci può vedere. Poi, si vota, e magari quelli che erano all’opposizione diventano i padroni, e allora cominciano ad odiarti anche loro, e quelli che prima erano al potere e oggi sono nella polvere si dimenticano querele e minacce e ti indicano come esempio di giornalismo libero.
Raccontare le cose che si hanno accanto ha le sue controindicazioni, questo lo so e non lo nascondo. Capita che vai a prendere il caffè al bar e trovi quello a cui hanno sequestrato una mega villa per fatti di mafia, e che ce l’ha con te. Il caffè è molto amaro. Capita che qualcuno ti aspetti sotto la redazione con parole e messaggi non graditi. Capita di avere amici che non ti salutano più. Capitano anche le minacce. L’ultima denuncia, alla polizia, l’abbiamo fatta un mesetto fa. Adesso, per esempio, abbiamo notato che c’è un auto di grossa cilindrata che segue alcuni tra noi, si apposta davanti le case, si ferma a guardare, e poi parte via.
Quindi, si, parlare di mafia, di Cosa nostra e Cosa grigia ha le sue controindicazioni. Fare il contropelo al potere, anche.
In questi giorni mi è successa una cosa clamorosa, inedita.
Il Comune di Marsala, tramite il suo rappresentante legale, il Sindaco Giulia Adamo, mi ha notificato una citazione a giudizio, in sede civile, dove mi chiede un risarcimento di 50.000 euro per la mia attività giornalistica, considerata, sono parole del documento “di critica” nei confronti dell’amministrazione. Vengono citati una decina di articoli, con considerazioni pretestuose e infondate nel merito (tra l’altro rispetto a quanto scritto il Comune non mai presentato replica o diffida di sorta…). La mia attività giornalistica è considerata “lesiva del Comune di Marsala”, la mia città. Viene anche citato che il mio comportamento è ancora più grave perché agisco (sic!) “in un contesto storico di grande difficoltà per tutte le istituzioni a causa della crisi economica e della crisi di credibilità”. E’ una vicenda troppo ridicola per non essere seria, soprattutto in una città che pochi giorni fa ha ospitato il “Festival del Giornalismo di inchiesta”, costato alle casse comunali ben 115.000 euro. Credo che sia un caso unico in Italia, poi, che un Amministrazione Comunale chieda i danni ad un giornalista che fa inchieste su quello che accade in città. E’ insopportabile che il mio sindaco, nel mio nome, e nel nome dei miei concittadini, chieda ad un giornalista – che, quando fa bene il suo dovere, con scrupolo e coscienza, in realtà tutela la comunità – di pagare i danni….
Una roba mai vista. Un attacco alla libertà di stampa che sembra non avere precedenti nella storia del pur tormentato rapporto tra giornalisti e potere in Italia. Per la prima volta in Italia un’ Amministrazione Comunale chiede i danni ad un giornalista, e non per un articolo, ma, più genericamente, per la sua attività. Per la serie: mi dai fastidio anche solo se esisti. Se volete, una specie di bullismo istituzionale. Il nostro quotidiano è, dal 2006, tra i più seguiti in Sicilia Occidentale. Abbiamo fatto, nel nostro piccolo, e con molti sacrifici, inchieste che ci hanno reso molto popolari, soprattutto su mafia, corruzione e sprechi della pubblica amministrazione, che riguardano Marsala, e non solo. Abbiamo vinto premi, godiamo di credito verso le più importanti testate nazionali e si sono occupati della nostra esperienza i giornalisti più diversi. Se oggi scrivo ne La Voce di New York è perchè faccio bene il mio mestiere su www.marsala.it
Eppure, sono convocato davanti al Tribunale di Marsala il 15 Ottobre 2013.
Può un Sindaco querelare un giornalista in nome e per conto della città? Perchè non lo fa – ne ha tutto il diritto – da privato cittadino? Può un Sindaco utilizzare i soldi pubblici per difendere i suoi interessi? Cosa danneggia di più la comunità: la cattiva amministrazione o chi la racconta?
Che un’azione legale del Sindaco di Marsala fosse in corso, lo sapevamo. Ma vedere arrivare una richiesta di risarcimento danni di 50.000 euro firmata non da Giulia Adamo (qusto il nome del mio Sindaco, ex centrosinistra, ex Forza Italia, ex Pdl, oggi Udc) ma dal Sindaco della mia città, è un’altra cosa. E non è più l’esercizio di un diritto, è il segno arrogante di un potere che non ammette critiche, che pretende che il pelo sia lisciato sempre dal verso giusto, e ti vuole punire per questo.
ll Comune di Marsala ritiene che io sia lesivo per la sua immagine. Non per una cosa che ho scritto, ma per le cose che scrivo.
Il Comune di Marsala si sente danneggiato da me.
Il Comune di Marsala mi chiede i danni.
Il Sindaco mi sta dicendo chiaramente – a nome di tutti – che io non sono cittadino marsalese gradito.
50.000 euro non è una richiesta di risarcimento danni. E’ un cazzotto nei denti. Coscienze meno pelose avrebberoi sarebbero tutelate in sede penale, con un processo, delle prove, dei giudici.
50.000 euro è una richiesta che, se passa, è destinata a gambizzare me, il mio lavoro, la nostra redazione.
50.000 euro è il prezzo che si paga per scrivere notizie anzichè fare fusa, in questo pezzo di Sicilia.