E’ proprio vero che l’arte mantiene giovani, e Gillo Dorfles (nella foto) lo è davvero giovane!… Alla bella età di 102 anni compiuti, è presente alla Triennale di Milano con la mostra “Gillo Dorfles, Kitsch – Oggi il kitsch” (che prende spunto dal libro dallo stesso titolo e che è anche catalogo della mostra – fino a settembre). Egli stesso ne è il curatore insieme ad Aldo Colonetti, Franco Origoni, Luigi Sansone e Anna Steiner.
Del fenomeno Kitsch, Dorfles ha cominciato ad occuparsi dal 1968, quando uscì il suo saggio “Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto” ( Ed. Mazzotta) il quale lo impose all’attenzione del mondo artistico come il più attento osservatore a livello internazionale di quel fenomeno artistico-sociale, che si stava sviluppando a macchia d’olio in ogni dove.
Dorfles si fa ispirare da Clement Greenberg, che nel 1939 aveva scritto il saggio “Avant-Garde and Kitsch” (il quale proponeva e caldeggiava i movimenti di modernismo e avanguardia come strumenti necessari per opporsi e osteggiare la cultura del consumismo e della produzione kitsch che stavano avanzando) e col suo saggio va oltre e sistematizza con approfondimenti teorici il fenomeno “Kitch”. Tale termine di origine tedesca, era stato coniato per indicare sostanzialmente oggetti di cattivo gusto e successivamente per traslazione, associato all’arte sentimentale e patetica che non lasciava nulla all’ interpretazione del fruitore, tanto il manufatto si presentava didascalico e ovvio nella sua sovrabbondanza di elementi decorativi ed esplicativi.
Col tempo però il termine è andato assumendo altri significati fino ad indicare una forma espressiva artistica precisa, rappresentata da quella corrente di artisti che vedevano nella modalità kitsch un mezzo espressivo che stravolgendo il significato denigrante associato al termine, permetteva loro di produrre opere a volte grottesche ma cariche di significati e metafore sociali. Ed è proprio questo che ci viene svelato nella mostra di Gillo Dorfles presente a Milano fino a settembre, in quanto con le innumerevoli opere e oggetti presentati, si possono osservare le varie declinazioni del kitsch dalla sua origine ad ora.
Si comincia con il sorprendente tappeto interattivo di ben 5.000 immagini che, introducendoci alla mostra, si accende mano a mano che i suoi frame vengono calpestati. Si prosegue con la presentazione di opere di autori i quali intenzionalmente hanno usato citazioni kitsch, artisti che mostrano come dai primi del novecento il fenomeno kitsch stia dilagando. Si va da Adriana Bisi Fabbri con un’opera del 1911 ad Alberto Savinio con “Penelope” del 1933, a Gianfilippo Usellini e la sua Donna con la coda del 1970 ad Enrico Baj con “Madame Garonne” del 2003. E poi ancora Luigi Ontani, Antonio Fomez, Mario Molinari e Salvador Dalì oggetto di omaggio da parte della Cracking Art Group, solo per citarne alcuni. E per il gran finale una sala piena di oggetti kitsch di artisti anonimi a illustrare l’oggi e la sua multiforme confusione. Amore e odio traspaiono da questo artista- critico- filosofo nei confronti del fenomeno oggetto di sua osservazione da ormai mezzo secolo, quando ammonisce: “(Il kitsch) …è necessario conoscerlo, anche frequentarlo e, perché no, qualche volta utilizzarlo, a patto di non farsi prendere la mano. Perché il cattivo gusto è sempre in agguato”.