L’architettura non è solo spazio, ma anche suono: un organismo capace di amplificare onde sonore ed emotive. Un concetto che sarà al centro della conferenza Space and Sound in Late-Seventeenth Century Rome, parte della rassegna Viva Voce, curata dal professor Eugenio Refini. L’evento, organizzato dalla Casa Italiana in collaborazione con il Dipartimento di Italian Studies di NYU, si terrà mercoledì 12 marzo alle 18:30 e avrà come protagonista il musicologo Luca Della Libera, docente di Storia della musica per Didattica presso il Conservatorio Licinio Refice di Frosinone.
Attraverso un viaggio nella Roma barocca e nei suoi paesaggi sonori, Della Libera esplorerà l’intreccio tra musica sacra e architettura, due elementi che si fondono fino a diventare indistinguibili. Per lui, questa relazione va ben oltre la semplice acustica: “Il caso della chiesa di Sant’Ivo è molto particolare, perché si tratta di un grande spazio ‘vuoto’, ispirato a una complessa simbologia legata alla Sapienza da parte di Francesco Borromini. Questo accostamento con il mondo immersivo di oggi è quindi certamente calzante”.
Musica e architettura si sono infatti influenzate a vicenda nel corso dei secoli. Nel Cinquecento, a Roma, nacque la prassi di “cantare negli organi”, che portò alla costruzione di particolari cantorie. Gli spazi delle chiese venivano progettati tenendo conto non solo dell’estetica e della funzionalità liturgica, ma anche della prassi esecutiva e delle formazioni musicali attive in ogni luogo di culto. Rispetto ad altre chiese romane, Sant’Ivo non aveva una cappella musicale stabile, e le esecuzioni avvenivano solo in occasioni specifiche, come la festa della dedicazione nel 1661. In quell’occasione, la Messa a tre cori di Orazio Benevoli trasformò la chiesa in un vero e proprio strumento sonoro. Come dimostrato in un concerto del 2018, in cui i tre cori furono posizionati nei tre organi della chiesa, la composizione si integra perfettamente con il disegno architettonico di Borromini.
Ma questo rapporto tra spazio e suono non appartiene solo al passato. Le chiese barocche conservano ancora oggi la memoria sonora per cui furono progettate. “Nel Seicento, la musica era anche una strategia”, sottolinea Della Libera. “Il repertorio di Alessandro Melani è strettamente connesso al messaggio ‘politico’ incarnato dalla Cappella Paolina, fortemente voluta da papa Paolo V Borghese per ribadire la centralità del culto mariano in risposta alle tensioni provocate dalla Riforma, mentre Benevoli riflette l’architettura di Borromini con una scrittura più astratta”.
Una lezione ancora attuale. Lo spazio non è mai neutro: il suono lo abita, lo modifica, lo trasforma. E anche oggi, nelle città iperconnesse e negli ambienti artificiali, l’architettura barocca ci insegna che non costruiamo solo edifici, ma esperienze sensoriali.