Quando racconta della sua vittoria al Montreux Jazz Festival Vocal Competition, la cantante e compositrice Chiara Izzi lo fa con una semplicità disarmante. “Non me lo aspettavo affatto. Essere lì era già un sogno, ma vincere e incontrare Quincy Jones è stato qualcosa che non avrei mai immaginato”, ricorda. L’incontro con questa leggenda della musica americana ha segnato un prima e un dopo nella sua carriera. “Mi ha detto di non farmi limitare dai generi musicali, di esplorare senza confini. Un consiglio che porto con me ancora oggi”. Quella vittoria le ha anche dato l’opportunità di registrare il suo album di debutto, Motifs, un progetto che è diventato il suo biglietto da visita e le ha permesso di trasferirsi a New York.
“È stata una rivelazione per me”, ammette. “È una città piena di stimoli, dove ho avuto la possibilità di suonare in alcuni dei migliori club jazz del mondo, ma senza mai dimenticare le mie radici italiane. Mina, Fabrizio De André, Mia Martini, Luigi Tenco… sono loro che mi accompagnano ogni volta che salgo sul palco”.
Il suo arrangiamento jazz de Il Pescatore di De André ha conquistato il pubblico americano. “C’è qualcosa nella profondità del testo e nella melodia che, anche in una lingua diversa, riesce a comunicare emozioni universali. L’ho trasformato in una chiave jazz e sia in Italia che all’estero, lo hanno apprezzato tantissimo”.
Chiara Izzi ha portato il suo nuovo progetto, Oltreoceano: Le Hit in Viaggio, alla Casa Italiana Zerilli-Marimò a New York il 19 settembre. Un concerto che, come spiega lei stessa, rende omaggio ai brani che hanno attraversato l’Atlantico, diventando successi iconici nella cultura musicale italiana. Sul palco, l’artista era accompagnata da un ensemble di musicisti che includono un pianista jazz, un contrabbassista e un batterista, con i quali ha eseguito arrangiamenti di brani italiani rivisitati attraverso il linguaggio del jazz, alternati a composizioni tratte dal panorama jazz internazionale. Non solo arrangiamenti di canzoni italiane, ma anche brani che esplorano il repertorio jazz internazionale. “Non si tratta solo di riproporre i brani”, dice, “ma di aggiungere variazioni sottili che rendono ogni esecuzione unica senza alterare il messaggio originale. Cerco sempre di trovare una chiave che esprima il significato profondo della canzone, facendo mia la melodia mentre la canto”.
Chiara Izzi ha interpretato brani in diverse lingue – italiano, portoghese, inglese – ma quando si parla di emozioni profonde, non ha dubbi: “L’italiano è la lingua in cui riesco a raccontare le storie più vere”, confessa. Eppure, vivendo a New York, anche l’inglese è diventato uno strumento essenziale per esprimersi e trasmettere sensazioni oltre le barriere linguistiche. “Cantare in italiano rimane qualcosa di speciale, però”, aggiunge. “È una parte fondamentale di chi sono”.
Racconta che a soli 17 anni, durante uno scambio culturale in Belgio, si è esibita su un palco per la prima volta in un contesto jazzistico. “Ricordo ancora quella sensazione di magia, di connessione immediata con i musicisti. È stato un momento che mi ha illuminato, facendomi capire che era esattamente ciò che volevo fare per il resto della mia vita”.
Da allora, Izzi ha imparato una lezione fondamentale: la pazienza. “Alla me degli inizi direi di non avere aspettative troppo alte su una rapida svolta nella carriera. La strada è lunga e tortuosa, ma è proprio quel viaggio che ti forma e ti rende un artista e una persona migliore”.
Il percorso artistico di Chiara Izzi è sempre in movimento, alla ricerca di nuove direzioni, proprio come le aveva suggerito Quincy Jones tanti anni fa. “Mi piace immaginare la mia musica come un’avventura senza fine”, conclude. “E non vedo l’ora di scoprire dove mi porterà il prossimo capitolo”.