Dopo il tanto acclamato Mad Max: Fury Road (2015), vincitore di ben 6 Oscar e quattro premi Bafta, molti – anche chi scrive – hanno pensato che la creatività del regista australiano George Miller (oggi settantanovenne) fosse giunta al suo massimo, ma Furiosa: A Mad Max Saga – suo ultimo lavoro, presentato fuori concorso a Cannes – è un suo degno prequel perché dà all’ambiziosa saga post-apocalittica una luce nuova.

Se Fury Road era costruito come una lunga, ipercinetica e adrenalinica sequenza d’azione, Furiosa: A Mad Max Saga presenta un intreccio più articolato e strutturato del suo predecessore, dando più spazio alle parole e a momenti di riflessione in cui far sedimentare l’azione: siamo comunque ancora davanti ad un grande spettacolo visivo, implacabile con le sue spericolate corse mozzafiato nel deserto (una gran gioia per gli occhi, anche se il ritmo è meno frenetico e i tempi sono più ampliati e rifiniti di quanto lo fossero in Fury Road). Questo perché il nuovo capitolo non è un film di inseguimento ma un’epopea di vendetta.
Mentre il mondo va in rovina, la piccola ma già scaltra Furiosa (la brava Alyla Browne) viene strappata dall’idilliaco Luogo Verde delle Molte Madri (dove vive una pacifica comunità matriarcale, già presente nel capitolo precedente) e cade nelle mani di un’orda di motociclisti nomadi capitanata dal Signore della Guerra Dementus (un irriconoscibile Chris Hemsworth), un gladiatore, e ridicolo profeta, che si nutre di salsicce di lucertola e sangue umano, porta sulla schiena un gattino di peluche (non è l’unico personaggio strano!) e davanti agli occhi della bimba ne uccide la madre in modo straziante. Attraversando le Terre Desolate, arrivano nella Cittadella, piccola fortezza rocciosa che dall’alto domina una grossa fetta di deserto ed è presieduta dal cattivo Immortan Joe (ora impersonato da Lacky Hulme dopo la prematura morte del suo predecessore Hugh Keays-Byrne due anni fa), dittatore deforme di una civiltà al collasso e padre di due stupidi figli, Rectus (Nathan Jones) e Scrotus (Josh Helman).
Mentre i due tiranni si battono per il predominio del territorio – Gastown e Bullet Farm incluse -, la piccola Furiosa, ora schiava di Immortan Joe, per sopravvivere e potersi muovere più liberamente nella Cittadella si taglia i capelli, traveste da maschio e si finge muta fino a che, ormai maggiorenne (ora Anya Taylor-Joy, la nuova stella di Hollywood dopo Ultima notte a Soho e The Menu), cerca di mettere insieme i mezzi necessari per vendicarsi di Dementus e trovare la strada di casa.
Ad aiutarla in questo suo percorso è Pretorian Jack (Tom Burke) ma solo per un po’: Miller dà al film solo questo piccolo tocco di romanticismo evitando così di rovinarlo con un’eventuale love story. Furiosa non ha tempo per distrarsi dalla vendetta! Come in Fury Road, Miller non dà molte opportunità al genere maschile!
Il regista australiano fornisce una luce nuova alla saga scegliendo di dare un passato al personaggio più iconico di Fury Road (la Furiosa, allora interpretata da Charlize Theron) ma senza snaturarlo: sempre senza un braccio, è però meno cattiva ma più astuta nel muoversi tra gli eccessi del mondo senza speranza di Mad Max formato da uomini assetati solo di guerre e violenza, personaggi a dir poco pittoreschi, esaltati solo da speciali veicoli e armi da combattimento (dalle moto volanti con paracadute alla biga trainata da tre motociclette a piramide; dalla pistola, coltello e tirapugni tutto in uno alla mastodontica blindocisterna).
In questo nuovo capitolo, Furiosa non è più in una posizione di personaggio collaterale (come era invece la Theron) ma è una determinante protagonista femminile capace di assorbire dai potenti quanto necessario, di imporsi e dare linfa vitale alla serie: Mad Max non c’è più, è ormai solo una figura che si staglia, ma solo in lontananza e di spalle, su una collina rocciosa, con la sua inseparabile Interceptor, ora solo felice spettatore garante!
Il quarto capitolo della bella saga del regista australiano è un film sul senso di appartenenza, su come questo sia legato intrinsecamente ad una strada da percorrere, da e verso un luogo che sentiamo casa e vogliamo custodire nel cuore perché vogliamo ritornarci un giorno. Furiosa vuole indietro la sua infanzia e sua madre, ed è per questo che nella prima metà del film la vediamo bambina: è infatti esattamente in quel frangente di tempo che si rompe qualcosa, la vegetazione rigogliosa diventa deserto arido e di una terra di donne pacifiche, laboriose e con valori sociali rimangono solo uomini che vogliono la guerra.
Furiosa: A Mad Max Saga è un road movie, un western nel deserto, presentato in capitoli che ripropongono sì tematiche già affrontate in precedenza (traumi infantili, bambini perduti, speranze dietro la prossima duna) ma declinate in modo potente, lontano dal senso di artigianalità primordiale che era un po’ alla base di Mad Max: Fury Road.
Gli anni 70 sono stati caratterizzati da film innovativi, spettacolari, unici, leggendari che hanno travolto gli “argini” dei critici e, accompagnati dall’amore sconfinato del pubblico, sono poi risultati dei capolavori. Tra questi Star Wars di George Lucas (1977), Alien di Ridley Scott (1979) e Mad Max di George Miller (1979): tre leggendarie perle di fantascienza alle quali, nel corso degli anni, sono seguiti dei sequel che li hanno trasformati in grandi saghe cinematografiche. Furiosa: A Mad Max Saga conferma che quella del regista australiano è un caposaldo della fantascienza apocalittica e del cinema d’azione, è l’epopea che più di tutte ha sempre garantito un livello molto alto come intrattenimento e fedeltà ad una specifica atmosfera narrativa.
Ottima Anya Taylor-Joy: nel fuoco della battaglia riesce ad essere credibile, con la sua interpretazione fatta di sguardi, azioni e gesti più che di parole
Miller e Nico Lathouris hanno scritto insieme la sceneggiatura (come già fu per Mad Max: Fury Road). Il gruppo creativo comprende, tra gli altri, il direttore della fotografia Simon Duggan (La battaglia di Hacksaw Ridge, Il grande Gatsby) e collaboratori di lunga data del regista: lo scenografo Colin Gibson, la montatrice Margaret Sixel, il sound mixer Ben Osmo; la costumista Jenny Beavan e la truccatrice Lesley Vanderwalt.
Furiosa: A Mad Max Saga, film più lungo della saga, è un vero e proprio colossal alla stregua di Ben-Hur di William Wyler (1959), Lawrence d’Arabia di David Lean (1962) e Hero di Zhang Yimou (2002): otto mesi di riprese, 1300 uomini sul set, divisi in due unità, stuntmen impegnati in peripezie al limite dell’impossibile e tanti efficaci effetti speciali. Durata due ore e ventotto minuti che però, a differenza dei lunghi blockbuster visti quest’anno, passano velocemente e in modo piacevole.
Ben tornato a George Miller, sempre più giovane nonostante l’età: a Cannes non ha escluso la possibilità di un altro capitolo della saga!