Ad Hollywood è sempre piaciuto raccontare a stessa, ecco perché ci sono già stati tanti “film sui film” (da Viale del tramonto a È nata una stella, da Cantando sotto la pioggia a Gli ultimi fuochi, da The Artist a 8 e mezzo, da Mulholland Drive a Babylon, solo per citarne alcuni): d’altro canto, come dimostra anche il successo di giornali di gossip sul mondo della celluloide o della televisione, le storie di attori, registi e produttori sono spesso intrise di fascino, mistero e suggestione.
Il mondo del cinema si divide in due grandi categorie: da un lato le star con i riflettori puntati addosso e premiate agli Oscar, dall’altro chi lavora dietro le quinte, le maestranze che rendono possibile i film con il proprio lavoro invisibile. C’è poi chi, addirittura, è disposto a rischiare la vita, con folli acrobazie: gli stuntmen.
E proprio a quest’ultimi, come un riconoscimento per chi rende possibile questo genere di film, è dedicato The Fall Guy di David Leitch, con Ryan Gosling ed Emily Blunt e da venerdì 3 maggio nei cinema Usa (in Italia dal 1 maggio).
D’altronde, per omaggiare questa categoria, chi meglio poteva se non Leitch (Bullet Train, Deadpool 2, Atomic Blonde), in passato stuntman e oggi tra i pochi in grado di confezionare film d’azione di qualità?
È un film che riesce a mettere insieme tante anime diverse, con un’azione di alta qualità, una comicità sofisticata, una trama profonda e dei personaggi ben sviluppati: ma è anche, e soprattutto, una lettera d’amore per gli stuntmen e per quelle personalità che, nel mondo del cinema, vengono tralasciate e dimenticate persino nei titoli di coda.
Una lettera d’amore che potrebbe avere delle implicazioni ben più serie di quanto potreste pensare. Sono ormai anni che la categoria lotta per vedersi riconosciuto un Oscar e il film di Leitch potrebbe rimettere prepotentemente la questione sul tavolo. Se così non dovesse essere, si tratterebbe comunque di una celebrazione necessaria per una categoria ingiustamente lontana dalle luci della ribalta.
Detto questo, torniamo a The Fall Guy.
Colt Seavers (Ryan Gosling), uno stuntman stanco e ormai oltre l’apice della sua carriera, si ritrova a lavorare insieme a Tom Ryder (Aaron Taylor-Johnson), una star di prim’ordine cui aveva prestato la sua figura prima di un terribile incidente occorso su un set due anni prima. Quando la celebrità improvvisamente sparisce nel nulla, il film, diretto dalla talentuosa Jody Moreno, ex macchinista ora regista (Emily Blunt) per cui lo stuntman ha perso la testa, rischia di essere cancellato. Colt viene convinto da Gail, propria manager e produttrice del film (Hannah Waddingham) a indagare sulla scomparsa di Tom con il compito di ritrovarlo prima che la produzione s’interrompa: sarà anche un modo per conquistare definitivamente il cuore di Jody.
Una trama piuttosto semplice, forse addirittura poco originale, per un film che mescola sapientemente almeno tre generi cinematografici: la commedia, il sentimentale e l’action. Ma non fatevi ingannare, perché The Fall Guy è molto più complesso di quanto si possa in un primo momento pensare: man mano che la storia procede si susseguono colpi di scena e sconvolgimenti che difficilmente ci si aspetterebbe, partendo sì dai cliché dei tre generi appena citati, ma distorcendoli e rimaneggiandoli fino a costruire qualcosa di completamente nuovo, fresco, godibile e appagante dal punto di vista narrativo.
Insomma, The Fall Guy è un film estremamente divertente ma anche, per certi versi, complesso. Nelle due ore del film si ride tanto, attraverso una comicità su più piani, che vanno da quello più superficiale e becero a quello più ricercato, senza farsi mancare qualche affondo satirico nei confronti degli studios (la reazione di Colt alle scansioni facciali delle comparse – le stesse che hanno scatenato lo sciopero degli attori e degli sceneggiatori di Hollywood lo scorso anno – è unica, impareggiabile). Non mancano neanche le citazioni, più o meno esplicite, ai classici del genere action, come, tra altri, L’ultimo dei Mohicani, Miami Vice, Fast and Furious.
The Fall Guy è un film d’azione che si diverte nel battere i record mondiali di car rolling (macchine cappottate), che si esalta nelle scene di inseguimento (a piedi, su strada, in barca), che fa esplodere cose per il gusto di farle esplodere: un cinema tamarro, fracassone, alle volte pure un tantino sconclusionato ma mai troppo sciocco. Un cinema che vive e respira il dinamismo come dichiarazione d’intenti. Leitch lo sa perfettamente e gioca a carte scoperte e ci regala 120 minuti di pura follia creativa che raramente tentenna.
E allora l’unica maniera per godersi questo viaggio è accettarne la sgangheratezza, il voler essere “meta cinematografica” a tutti i costi, le varie frecciatine lanciate verso le lotte sociali hollywoodiane (e non solo), l’aria guascona. Dopotutto The Fall Guy comincia con un montaggio di grandi film di azione in cui gli stuntmen e le stuntwomen saltano, corrono e se le danno di santa ragione, prosegue sulle note dei Kiss, di Bon Jovi, dei The Darkness di I Believe in a Thing Called Love, ma il momento “intimista” arriva di notte, in una macchina parcheggiata sulle note di Taylor Swift e della sua All Too Well, mentre Colt/Ryan Gosling si strugge, fino a piangere, per l’amore non corrisposto di Jody/Emily Blunt.
The Fall Guy: riuscita rappresentazione della contemporaneità al cinema e nell’intrattenimento.