Siamo a Racalmuto, in Sicilia (in realtà il film è stato tutto girato in Puglia, a Molfetta e Bisceglie). La Madonna del paese appare in sogno alla bidella Alfonsina (Maria Grazia Cucinotta), detta Fofina e appassionata di Pasolini: parla con accento straniero e le dice di far pace con il fratello e le chiede di ritrovare un ex voto seppellito sotto un albero di carrube. Il sogno turba Alfonsina che si reca in chiesa per chiedere spiegazioni alla Madonna, cioè alla statua del ‘500 venerata da secoli. Ma la statua non c’è, è fuori per restauro. Che fare?
L’albero di carrube c’è ancora ma si trova a ridosso del confine con il terreno adiacente, dei Malavasi con i quali la famiglia di Alfonsina non ha mai avuto buoni rapporti. Si scava prima da una parte poi dall’altra, grazie all’intervento del parroco, ma di Madonne nemmeno l’ombra. La storia coinvolge Saverio (Massimo Venturiello), fratello maggiore di Alfonsina, un pastore marocchino con una giovane figlia, Aziza, che somiglia proprio alla Madonna del sogno, ed il giovane Ganu Malavasi, figlio dell’arrogante proprietario del terreno confinante. Sarà Ganu, mosso “d’amore” verso Aziza, a buttare giù il confine tra i due terreni e a trovare un ex- voto: una statuetta della Madonna in frantumi. Dentro la piccola statua di zolfo, Alfonsina e Saverio trovano una vecchia sconvolgente confessione.
Gli agnelli possono pascolare in pace (il titolo si ispira alla sonata di Bach Le pecore possono pascolare in pace), scritto e diretto dal 77enne Beppe Cino (apprezzato assistente di Roberto Rossellini e con all’attivo oltre 50 anni di carriera e riconoscimenti nelle più importanti rassegne cinematografiche italiane e internazionali), è un film che ben si coniuga con il paesaggio dominato dalla seicentesca Masseria Posta di Santa Croce, con annessa chiesetta (è il luogo, nell’agro di Bisceglie, dove trovavano ospitalità e pascolo i pastori e le greggi in transumanza).
Il film è una favola che mette alla berlina il feticcio della proprietà e del confine e che con acume intellettuale, ma anche semplicità, usa la metafora religiosa delle apparizioni per parlare di confini, quelli del piccolo paese quanto quelli lontani: tutti sono teatro di scontri e incomprensioni, come ci ricorda tristemente la stessa realtà odierna.
Beppe Cino è da sempre interessato ad un’indagine antropologica sui valori che rendono l’essere umano degno di essere definito come tale: un valore primario è quello del sacro, evitando però un approccio acriticamente fideistico. Se una critica deve essere fatta al film è quella di un uso troppo intenso, drammatico della colonna sonora rispetto ai momenti della storia sullo schermo.
Ottimo il cast, attorialmente e visivamente, a cui fa da riuscito contorno una scenografia molto “storica” e quindi di grande aiuto. Maria Grazia Cucinotta offre una recitazione convincente in quel districarsi tra sogno e realtà, passato e presente, alla ricerca della verità. Nel riuscito cast anche Umberto Sardella, Valentina Gadaleta, Tiziana Sciavarelli, Francesco Bernardi, Fabio Camassa e Pinuccio Sinisi.
Come già fatto in passato (Dicerie dell’untore, Miracolo a Palermo), Cino, attraverso il ricorso al realismo magico, scandaglia storie di ieri riportandole nell’oggi con la forza pervasiva del simbolo e del mito.
Presentato in anteprima mondiale al Bif&st, Gli agnelli possono pascolare in pace è stato realizzato con il contributo della Regione Puglia, di Apulia Film Commission, prodotto e distribuito da Draka Production di Corrado Azzollini (società di produzione cinematografica pugliese, impegnata non solo in Italia ma anche in Africa).
Cino, è ben congegnato e costruito questo suo ritorno al cinema dopo più di quindici anni, con un film capace di unire che ha tanto di Sciascia nell’ambientazione e nella descrizione dei personaggi per una storia che sottolinea la necessità di abbattere le barriere, i confini: naturali ma anche quelli sociali, culturali, psicologici.
“Il film è un racconto morale di formazione e di passaggio da una cultura ossessionata dal feticcio della proprietà e del confine della propria terra, del proprio territorio, alla comprensione che tutti i confini sono relativi, casuali, indefiniti, così come lo sono i rapporti fra gli uomini, fra tutti gli uomini e le donne di questo nostro pianeta, a prescindere da dove siano nati e dal colore della loro pelle”.
Funziona molto il suo ricorso al realismo magico: perchè questa scelta?
“Credo che il realismo magico sia il tema idoneo a raccontare il Sud del pianeta, in particolare il nostro Sud; é quindi un film di realtà, fantasia e sogno: lo start del film, non a caso è un sogno”.
Nel film traspare anche, attraverso alcuni personaggi, il valore del perdono, il contrario cioè dell’orgoglio: valore, quello del perdono, sempre meno importante in una società sempre più egocentrica e divisiva.
“Si, l’incontro, il perdono sono necessari se vogliamo abbattere i pregiudizi che individuano un nemico nell’altro, nello straniero: dobbiamo invece capire che il cambiamento è la logica profonda di ogni storia, di ogni epoca”.
Cos’ha spinto la Draka Production a dire sì al progetto? Spiega Azzollini:
“Siamo da sempre impegnati a produrre film che possano lasciare un messaggio significativo alla società e la sceneggiatura di Beppe Cino era tale. Penso sia un privilegio, come comunicatori sociali quali siamo noi produttori, poter appoggiare progetti che hanno un impatto sociale rilevante, com’è il film Gli agnelli possono pascolare in pace”.
Azzeccata la scelta di Maria Grazia Cucinotta come interprete principale: una “rinascita” dopo essere stata ingiustamente emarginata da molti cineasti.
“Sono assolutamente d’accordo. Donna del sud, fisicamente ma anche nella gestualità, Maria Grazia è un’ottima testa d’ariete di un riuscito cast corale”