Quentin Tarantino, Jim Jarmush, Kevin Smith, Steven Soderbergh, Robert Rodriguez, Trey Parker e Matt Stone, Wes Anderson, Paul Thomas Anderson, Todd Hynes. Sono solo alcuni dei grandi registi lanciati dal prestigioso Sundance Film Festival: una delle principali vetrine del cinema indipendente – statunitense ed internazionale – che quest’anno (dal 18 al 28 gennaio) celebra la sua quarantesima edizione: 82 i film in programma, provenienti da 24 Paesi e per lo più anteprime mondiali, suddivisi nelle 15 sezioni del Festival, e ben 40 i registi esordienti. Purtroppo, quest’anno nessun film italiano in gara per aggiudicarsi uno dei 30 premi previsti!
Storicamente, il festival venne fondato dalla Utah Film Commission nel 1978 con il nome di Utah/United States Film Festival, con lo scopo di attrarre sceneggiatori, registi e produttori indipendenti, e si svolgeva nel mese di settembre a Salt Lake City. Nel 1981 Robert Redford fondò il Sundance Institute – organizzazione no-profit, che trae la propria denominazione dal personaggio di Sundance Kid, bandito gentiluomo interpretato da Redford nel film Butch Cassidy di George Roy Hill (1969) ed è finalizzata al sostegno del lavoro dei cineasti indipendenti. Redford iniziò ad essere sempre più coinvolto in qualità di testimonial e mecenate della manifestazione, e così, dal 1984, il Sundance Institute assunse il potere organizzativo e la direzione artistica del festival, decidendo di spostarlo al mese di gennaio e a Park City, importante città sciistica dello Utah (la miglior neve al mondo, dice il motto dello stato). Nel 1991 il festival fu ufficialmente rinominato Sundance Film Festival.

Dal 2010, grazie anche alla consacrazione nell’edizione del 2009 di Precious (di Lee Daniels), poi vincitore di due Oscar, la manifestazione si è trasformata in una stravagante orgia di anteprime, party esclusivi, star che arrivano in aereo o elicottero, ed altre amenità varie, nel Resort di Park City, una specie di zona franca dove per dieci giorni non valgono le rigide regole dei Mormoni, che sono la stragrande maggioranza della popolazione dello Utah.
Da quest’anno direttore del festival è Eugene Hernandez, giornalista ed ex direttore del New York Film Festival. Di immutabile è rimasta comunque la ricerca di talenti emergenti, di film, documentari e cortometraggi indipendenti di valore (17.435 le opere arrivate, 4.410 delle quali lungometraggi), dalle tematiche le più diverse e per palati di tutti i gusti e tutte le età.
Molti i film, i registi e gli attori oggetto già di una particolare attenzione nell’edizione del quarantesimo che, ricordiamo, prevede come sempre quattro sezioni dedicate a film drammatici e documentari statunitensi e quattro a film provenienti da tutto il mondo.
Il segmento della competizione drammatica statunitense offre le anteprime mondiali di Ponyboi di Esteban Arango e con River Gallo, Dylan O’Brien e Victoria Pedretti; A Real Pain, scritto, diretto e prodotto da Jesse Eisenberg, che recita anche nel film insieme a Kieran Culkin (fresco di Golden Globe ed Emmy per il suo Roman Roy in Succession); Suncoast con Laura Linney, Woody Harrelson e Nico Parker. Attesi con loro anche Between the Temples di Nathan Silver con Jason Schwartzman e Carol Kane; Love Me, dramma romantico
post-apocalittico di Sam e Andy Zuchero con Kristen Stewart e Steven Yeun.
Molto attesi nella sezione Next: l’irlandese Kneecap di Rich Peppiatt e Little Death di Jack Begert. Cinque invece i film della sezione Midnight che destano particolare attenzione: I Saw the Tv Glow di Jane Schoenbrun; Crazy House degli olandesi Steffen Haars e Flip van der Kuil; Love Lies Bleeding di Ros Glass; The Moogai dell’australiano Jon Bell e Your Monster di Caroline Lindy.
Nella sezione Premiere fari puntati soprattutto su: The American Society of Magica Negroes di Kobi Libii; Freaky Tales di Ryan Fleck e Anna Boden; Presence, thriller psicologico di Steven Soderbergh con Lucy Liu e Julia Fox; A Different Man di Aaron Schimberg. Da segnalare infine, nella sezione Spotlight, il film Hit Man di Richard Linklater.
Peccato che tra le opere arrivate e poi scelte non figurino gli attesi Rebel Ridge di Jeremy Saulnier; Challengers di Luca Guadagnino; Y2K di Kyle Mooney; Humane di Caitlin Cronenberg e Babes di Pamela Adlon.
Particolare attenzione ed emozione merita la scelta fatta per celebrare i quarant’anni del Sundance Festival: a 500 persone, tra registi, critici e membri dell’industria cinematografica, è stato chiesto di indicare i dieci film più significativi nella storia del Festival.

In cima alla lista, dei quasi 4.000 film presentati negli anni, è risultato il dramma psicologico del 2014 Whiplash, diretto e scritto da Damien Chazelle e che vede protagonisti Miles Teller e J.K. Simmons nei panni rispettivamente dello studente del conservatorio Andrew Neiman e del violento insegnante di musica Terrence Fletcher. Il film vinse l’Oscar con J.K. Simmons come Miglior attore non protagonista, per la migliore sceneggiatura adattata e il miglior montaggio. Al secondo e terzo posto nella lista si sono piazzati il film neo-noir di Quentin Tarantino del 1992, Reservoir Dogs, sulle conseguenze di una fallita rapina di gioielli, e l’horror di Jordan Peele del 2017, Get Out, su un uomo di colore (Daniel Kaluuya) in visita alla casa della sua ragazza bianca, Rose (Alison Williams), solo per scoprire che all’interno si stanno svolgendo operazioni terrificanti.
Gli altri sette film meritevoli finiti nella lista sono, in ordine decrescente: Little Miss Sunshine di Jonathan Deyton, Memento di Christopher Nolan, Sex, Lies and Videotape di Steven Soderbergh, Before Sunrise di Richard Linklater, Boyhood sempre di Linklater, Y tu mamá también di Alfonso Quarón e Blood Simple di Joel e Ethan Cohen.