C’è chi non ha mai lasciato la Francia ma ha dipinto la giungla. Chi in un anno, il 1932, potrebbe condensare gran parte della sua vita. Oppure chi immagina serbatoi di benzina in fiamme oscurare gli infiniti orizzonti americani. Sono Henri Rousseau, Pablo Picasso ed Ed Ruscha. Un francese, uno spagnolo, un americano. Tre pittori. Tre storie che rifioriscono all’ombra della Grande Mela sotto i colpi di un martello che non pianta chiodi ma sancisce sogni. Quelli dei collezionisti che da Christie’s, l’11 maggio, si presentano al Rockefeller Center per fare le loro offerte. L’appuntamento è quello con la 20th Century Evening Sale. Sul banco, come anticipato, tre capolavori ricchi di storie, attesi questa primavera da un nuovo e avvincente capitolo. Con loro altri 54 lotti, tra cui i sette che compongono l’ultima parte dalla Paul Allen Collection e di cui vi abbiamo già parlato su queste pagine.

Tra le opere – e i successi – più attesi c’è indubbiamente Les Flamants di Henri Rousseau. Un dipinto simbolo della sua poetica esotica claustrofobica. Rimasta nella stessa collezione dal 1949, e ora proposta in asta dall’ereditiera e filantropa Payne Whitney Middleton, l’opera è destinata a segnare un nuovo record per il Doganiere. Con la stima di 30 milioni di dollari il traguardo è infatti solo una formalità, dal momento che l’attuale top price – stabilito da Portrait de Joseph Brummer, nel 1993, sempre da Christie’s, ma a Londra – è di 4,4 milioni di dollari. D’altre parte Rousseau compare in asta molto raramente. Relativamente limitato il corpus di opere (meno di 240), con la maggior parte di loro conservate dai migliori musei internazionali, dal MoMA al Museo d’Orsay e alla National Gallery di Londra. Soprannominato il Doganiere in ragione della professione che svolgeva alla periferia di Parigi, da questa periferia, l’artista, non si è mai mosso. Eppure le sue opere raccontano di Paesi lontani, esotici e tropicali, giungle fitte e rigogliose, saturi di piante e animali che gli Europei di inizio Novecento potevano solo immaginare. Oppure leggere su riviste, giornali e guide botaniche a cui lo stesso Rousseau guardava. Proprio come Emilio Salgari ha fatto in letteratura, oppure Ligabue in pittura, anche lui è stato i grado di dettagliare un mondo lontano pur non avendolo mai visitato. Uno scollamento, questo, tanto affascinante quanto straniante. Il risultato è quasi onirico, surrealista: è una realtà generata dalla fantasia. Suggestiva anche la data di creazione, 1910, l’ultimo anno di vita del pittore.

La collocazione temporale è un aspetto importante anche di Nature morte à la fenêtre, che Pablo Picasso ha dipinto nel 1932. Un anno cruciale per l’artista. L’anno del delicato equilibrio con la moglie Olga Khokhlova, dell’amore passionale per la giovane Marie-Thérèse Walter, l’anno dei continui viaggi tra Parigi e la residenza di campagna di Boisgeloup, dell’ispirazione travolgente e dei momenti tetri, della pittura e della scultura. Un anno a cui la Tate Modern di Londra, nel 2018, aveva dedicato una mostra – Picasso 1932 – Love, Fame, Tragedy – che lo ripercorreva mese per mese. Nella tela a risaltare è proprio il profilo di Marie-Thérèse, qui rappresentata nelle sue forme più riconoscibili, anche grazie al taglio di capelli. La giovane rappresenta per Picasso un nuovo importante slancio nella sua attività, una musa destinata a tornare più e più volte nella sua opera. Come in Femme assise au chapeau de paille, dipinto nel 1938 e anch’esso in asta da Christie’s con una stima di 20-30 milioni di dollari.

Stima che si riverbera nell’ultimo capitolo del nostro trittico di maestri all’incanto: Burning Standard di Ed Ruscha. Un lavoro considerato tra i più rilevanti nell’opera dell’artista. Realizzato nel 1968, è uno dei soli cinque dipinti della serie delle Standard Station, risalente agli anni ’60; e, tra questi, uno dei due dove è presente il motivo del fuoco. Un’opera icona dell’arte del Dopoguerra americano, al pari delle Campbell Soup di Warhol o dei fumetti di Lichtenstein. Il suo passaggio in asta è solo il secondo per un dipinto della Standard Station. Il primo, nel 2007, da Christie’s a New York, aveva fatto registrare un nuovo record per Ruscha: 6,9 milioni di dollari. Il secondo, oggi, ci riprova: l’obiettivo, distante, sono i 50,5 milioni di Hurting the Word Radio #2 (1964), venduto nel 2019. Sempre da Christie’s, sempre a New York. Oggi, insieme a lui, sono in catalogo altre due opere dell’artista: Do You Think She Has It (stima 1,5-2 milioni) e Business #1 (stima 250-350 mila). Una sorta di antipasto, per gli appassionati, della mostra di Ruscha in programma per l’autunno 2023 al MoMA di New York e poi al LACMA di Los Angeles.

Seguono tre iconici dipinti di Philip Guston. Su tutti spicca Chair (stima 12-18 milioni di dollari), vista in pubblico per l’ultima volta nella mostra High and Low: Modern Art and Popular Culture del MoMA nel 1991.
A questi si aggiunge una selezione di lavori provenienti dalla preziosa Estate of Sophie F. Danforth. Top lot della selezione è Square de la Trinité di Pierre-Auguste Renoir (stima 4-6 milioni). Segue Danseuse à la barre di Degas (stima 2-3 milioni), uno squisito pastello che secondo gli studiosi fu con tutta probabilità tra le opere dell’artista esposte alla terza mostra impressionista del 1877. E Les Trois Juges di Daumier (stima 300-500 mila), esempio perfetto del filone artistico che il pittore dedicò ai tribunali francesi, tra testimonianza e denuncia. Au cirque: Eléphant en liberté di Toulouse-Lautrec (stima 400-600 mila) invece raffigura un elefante sulle zampe posteriori che reagisce ai comandi del suo addestratore. Ma soprattutto appartiene alla serie limitata di sole 50 opere che l’artista ha prodotto nel 1899 durante il ricovero nel manicomio di Folie Saint James a Parigi. E infine una grande prima volta. Quella di Francisco Goya, che mai prima d’ora aveva preso parte a questo format d’asta, con un disegno estremamente raro: A horse covering a she-donkey, while straddling its owner, a monk (stima 800 mila-1,2 milioni). Chissà che l’opera non possa far registrare un altro grande risultato dopo il record mondiale conseguito a gennaio dal doppio ritratto di Doña María Vicenta Barruso Valdés e di sua madre, venduti insieme da Christie’s per 16,4 milioni di dollari. Per ora, solo una cosa è certa: dal prossimo 11 maggio, per due settimane, New York sarà l’unica città segnalata sulla mappa del mondo artistico.