La quattordicesima domenica del tempo ordinario, quarantatreesimo lungometraggio dell’84enne regista, sceneggiatore e produttore Pupi Avati, ci porta nella sua Bologna degli anni Settanta. Marzio (Lodo Guenzi, nella realtà cantante del gruppo musicale Lo Stato Sociale), Samuele (Nick Russo) e Sandra, un fiore di bellezza che vuole diventare modella (Camilla Ciraolo) sono giovanissimi e ognuno ha un suo sogno da realizzare: la musica, la moda, forse la carriera. I due ragazzi, amici per la pelle, fondano il gruppo musicale I Leggenda, con il quale iniziano ad esibirsi nei vari teatri parrocchiali, sognando un futuro successo. Qualche anno dopo Marzio ritrova Sandra, che anni prima aveva cercato di rimorchiare facendole cadere un frappé sul vestito: i due si sposano nella quattordicesima domenica del tempo ordinario con Samuele che suona in chiesa Yesterday all’organo. Marzio è gelosissimo e spesso prende a pugni i maschi che fissano Sandra: è una vita agra la loro. Nel frattempo, quella ‘Quattordicesima domenica’ è diventata il titolo di una loro canzone (scritta da Avati e Sergio Cammariere, ndr), da loro incisa e diffusa da qualche radio locale cosa che gli permette di partecipare al Festival delle Voci di Castrocaro, nel quale si classificano quarti. Il loro nome inizia a girare.

Ma un giorno di quei meravigliosi anni Novanta, in cui tutto sembra loro possibile, si abbatte su di loro un vento contrario e ostile che tutto spazza via. Li ritroviamo 35 anni dopo (con i volti di Gabriele Lavia, Massimo Lopez e Edwige Fenech): cosa è stato delle loro vite, dei loro rapporti, ma soprattutto dei loro sogni?
E’ un Pupi Avati dolente, quello di questo film. “Il tempo scorre e fa male” dice mentre, con i titoli di testa del film, passa in rassegna le foto in bianco e nero della Bologna di quegli anni, con ragazze in bicicletta sotto le Torri, bambini che gustano il gelato comprato da un chiosco o un carretto, signore stupite dai nuovi apparecchi televisivi. La malinconia del regista cede il passo al dolore, al disagio in un presente che non è all’altezza dei sogni. Il film è una storia, in parte autobiografica, di musica, amori e fallimenti.

Perché questo titolo? “il tempo ordinario – ha detto Pupi Avati, cattolico praticante ma non bigotto, presentando il film – indica quel momento del calendario liturgico in cui generalmente ci si sposa. E quel giorno di giugno del 1964 rappresenta per me una grande felicità: dopo quattro anni di corteggiamento la ragazza più bella di Bologna finalmente diventava mia moglie”.
Sui momenti autobiografici, il regista ha precisato: “Avevo la sensazione che nella mia filmografia mancasse un’opera simile, così “autentica”. Pertanto ho realizzato un film dove c’è molto di me, della mia vita. A ben vedere, mi capita spesso di sovrapporre cinema e realtà: i due ambiti si mescolano, li confondo”.
Il matrimonio – vuole dirci il regista – è il momento in cui si pensa che la vita, e il legame tra i due, saranno solo rose e fiori, lo si vede spesso come un traguardo ma è invece l’inizio di una corsa con alti e bassi. Dopotutto, in termini religiosi, la XIV domenica del tempo ordinario mette al centro il bisogno della solidarietà, dell’aiuto reciproco per vivere tutti meglio.
Le diverse tematiche del film sono senza dubbio importanti e ben rappresentate nei personaggi nelle differenti età, quello che rende difficile il film è la sua quasi imperterrita malinconia. Il film sottolinea l’esigenza – anche di fronte alla morte di qualcuno – di guardare sempre avanti, pur sapendo che alcune cose non potranno mai essere corrette, come non sarà possibile ottenere risposte alle nostre domande da persone amate defunte: quelle di Marzio al padre e quelle di Pupi Avati al suo, perso quando aveva 12 anni. “Era da tempo – ha detto il regista – che volevo verbalizzare senza reticenze quell’interlocuzione con mio padre che non ho mai avuto la possibilità di avere avendolo perso all’improvviso quando lui aveva solo 40 anni e io ero ancora un adolescente”.
La quattordicesima domenica del tempo ordinario che, a 40 anni di distanza dopo il film Zender riunisce Pupi Avati e Gabriele Lavia, è da oggi nelle sale italiane, distribuito dalla Vision.