Non ci sono parole. A soli 68 anni ci ha lasciato un artista poliedrico, una persona “d’altri tempi”: gentile, sempre disponibile con chi lavorava con lui e con i giornalisti, mai per piaggeria ma per gentilezza d’animo: è morto, per malattia, Alessandro D’Alatri, uno dei registi più amati degli ultimi tempi, noto per il suo tocco delicato e per la profondità dei temi affrontati nei suoi lavori cinematografici e televisivi.
L’ho incontrato una prima volta a New York, nei primi anni ’90, quando l’Istituto Italiano di Cultura ha organizzato una rassegna di lungometraggi del Bel Paese. Alla mia domanda sullo stato di salute del nostro cinema, rispose: “Stiamo cercando una nuova strada, senza imitare nessuno, c’è un certo fermento, ma dobbiamo crederci, senza cercare scorciatoie: credere dà forza”. Quel suo modo semplice di porsi, senza spocchia, anche se ormai già famoso per i suoi spot pubblicitari e i premi importanti per la sua opera prima American Rosso, mi colpirono e glielo dissi rivedendolo poi a Roma: “Grazie, ma stai esagerando”, fu la sua risposta.
La notizia della sua morte ha davvero colto come un fulmine a ciel sereno il mondo dello spettacolo.
Moltissime le attestazioni di cordoglio, dalla Biennale di Venezia allo scrittore Maurizio De Giovanni (dai cui libri Alatri ha ricavato tre fiction tv di grande successo, I bastardi di Pizzofalcone, Il professore e Il commissario Ricciardi): “Nessuno come lui. Nessuno. Gli ho dato i miei sogni, e lui me li ha restituiti migliori”, ha commentato il romanziere napoletano.
Su Twitter, Alessandro Gassman (attore nelle prime due serie tv appena menzionate) ha scritto: “E’ partito per un altro viaggio il mio amico regista, sceneggiatore, ma soprattutto essere umano dolce, generoso, pieno di talento, uomo di cultura Alessandro D’Alatri. Grazie per l’opportunità di averti conosciuto. A chi lo amava un abbraccio”.
Alessandro D’Alatri nasce a Roma il 24/2/1955. Inizia a recitare giovanissimo, debuttando prima a teatro, a dieci anni, con Luchino Visconti ne Il giardino dei ciliegi (1965) e poi sul piccolo schermo nello sceneggiato I fratelli Karamazov (1969). Il suo debutto cinematografico avviene nel 1969 con il film Il ragazzo dagli occhi chiari di Emilio Marsili, a cui fa seguito, l’anno dopo, il film Premio Oscar Il giardino di Finzi Contini, di Vittorio De Sica (Alatri interpreta il giovane Giorgio). Strehler, Pietrangeli, Zurlini e Bolchi sono tra gli altri prestigiosi autori di teatro e cinema con cui Alatri recita.
E veniamo al cinema. Le sceneggiature dei film di D’Alatri hanno spaziato fra vari generi, cercando di suscitare interrogativi su diverse situazioni sociali, illustrando con scrupolosità ciò che rimane della vecchia commedia all’italiana.
Il suo impegno dietro la macchina da presa comincia in pubblicità, nel 1984, prima come assistente alle scene e costumi, poi aiuto di alcuni tra i più importanti registi pubblicitari nazionali ed internazionali e, per un anno, come produttore. Da allora fino ad oggi Alessandro D’Alatri gira centinaia di spot per prestigiosi marchi, molti dei quali lo portano ad ottenere i più grandi riconoscimenti dell’advertising internazionale (Cannes, New York Film Festival, London Film Festival, Clio, Moebius, Epica) e altrettanti riconoscimenti nazionali (Anipa, Art Directors Club, SpotItalia).
Il 1991 è testimone del suo debutto nella regia cinematografica con American Rosso, con cui vince il David di Donatello e il Ciak d’oro per il miglior esordio cinematografico dell’anno. Tra il ’93 e il 2006 escono altri quattro film, tutti pluripremiati in Italia e all’estero: Senza Pelle (1993, venduto in più di venti Paesi!); I Giardini dell’Eden (1997); Casomai (2001); Commediasexi (2006).
Nel 2017 Alessandro D’Alatri dirige l’ultimo dei suoi nove lungometraggi: l’indimenticabile dramma The Startup, storia di Matteo Achilli che dalla periferia romana approda alla prestigiosa Università della Bocconi, dove il padre lo manda a costi di grandi sacrifici familiari. Dalla borgata di Corviale ai salotti milanesi in breve Matteo diventa molto popolare e richiesto. La sua faccia è sulle prime pagine dei giornali e la sua startup conta migliaia di iscritti. Ma il mondo del successo è una giungla: sei preda o predatore. C’è un prezzo da pagare: la famiglia, l’amicizia, l’amore con Emma, tutto viene messo in discussione. “Il film vuole essere anche un omaggio ad una generazione di ragazzi che crede in quello che fa – disse D’Alatri –. Sono la stragrande maggioranza che hanno una passione, che si impegnano nello sport, che vivono il sacrificio di far convivere tutto questo con la scuola. Vedere che Matteo Achilli a 24 anni ha messo in piedi una società con un fatturato di tutto rispetto e quasi venti dipendenti mi sembra forte. Condividere questa energia, di chi rimane nel paese, di chi non se ne va o non ha la possibilità di andarsene mi sembrava importante. Come era importante raccontare che ‘si può fare’ anche in un paese, come il nostro, fondato sulle spinte. È un racconto dell’Italia più bella”. Parole di un uomo che amava l’Italia e soffriva per la fuga all’esteri di tanti nostri giovani cervelli.
D’Alatri, poliedrico e colto, è stato un artista dinamico “a tutto campo”, impegnato anche nel teatro e nella musica. Nella stagione teatrale 2013 è il regista dello spettacolo Quando la moglie è in vacanza di George Axelrod, con Massimo Ghini ed Elena Santarelli e le musiche di Renato Zero. A novembre 2014 , per le sue eccellenze artistiche, è nominato direttore artistico dello Stabile dell’Abruzzo e due anni dopo debutta con la sua nuova regia teatrale China doll, di David Mamet, con Eros Pagni e Roberto Caccioppoli (nominato miglior promessa del teatro alle Maschere del teatro 2016).
Sono stati numerosi i video clip musicali da lui diretti, dimostrando di essere un artista capace di adattarsi alle esigenze di mondi diversi tra i tanti quelli di Elisa, gli Articolo 31 e Renato Zero (per Ancora qui, del re dei “sorcini”, molte star italiane della televisione e del cinema cantano le parole di Zero nelle stanze di un’antica villa).
Alessandro D’Alatri Lascia due figlie, Federica e Carolina avute con la tedesca Christiane Horedt, da cui ha divorziato nel 2021, dopo 26 anni di matrimonio.