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February 25, 2023
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Ocean Vuong il poeta vietnamita che da Brooklyn ha conquistato il mondo

Arrivato al successo ripensa ai difficili inizi e alla “coinquilina” Grazina.

Michele CrescenzobyMichele Crescenzo
Ocean Vuong il poeta vietnamita che da Brooklyn ha conquistato il mondo

Ocean Vuong / Pia Taccone

Time: 6 mins read

Brooklyn, oggi. Notte fonda. Piove. Un lampo e subito dopo un tuono. Ocean Vuong non riesce a dormire. Osserva la sagoma di una quercia che lampeggia fuori dalla finestra, i rami spogli scossi dal vento e la pioggia.

Chissà come sta adesso Grazina.

Grazina Bartkus è stata la sua padrona di casa, più o meno. Una donna di ottantaquattro anni che soffriva di una grave forma di demenza. Nelle notti come questa Grazina apriva la porta della sua camera e crollava sul parquet, urlando e contorcendosi accanto al suo letto. Lui le accarezzava la schiena cercando di riportarla al suo letto, al presente, a sé stessa.

Negli anni universitari si è preso cura di questa donna anziana invece di pagare l’affitto. Ha potuto frequentare l’università solo grazie a una borsa di studio del Brooklyn College che, però, non comprendeva un appartamento per vivere in una delle città più costose del mondo. Quando è arrivato a New York nell’autunno del 2008, aveva esattamente 564 dollari sul conto corrente e uno zaino pieno di poesie scritte a mano. Non conosceva quasi nessuno. Tuttavia, grazie alla generosità di alcune persone, riuscì a creare un’intricata mappa di couch-surfing che si estendeva su tre quartieri e persino su Long Island. Ogni settimana si ritrovava a dormire su tre divani diversi, con l’occasionale aggiunta di un angolo della cucina o del corridoio. Faceva la doccia dove e quando poteva, anche in alcuni centri YMCA sparsi per i quartieri.

In alcune notti, quando non era così fortunato, finiva a Penn Station, una stazione della ferrovia sotterranea tra la 34ª strada e l’8ª Avenue a Manhattan, proprio sotto il Madison Square Garden. Lì si rintanava per la notte e faceva i compiti e cercava di scrivere poesie in mezzo a uomini e donne senza fissa dimora che si fermavano alla stazione per mesi o addirittura anni.

Ocean Vuong / Wikipedia

Si alza dal letto. Pensa che quel tempo è finito. Ormai è un professione di scrittura creativa al New York University e i suoi libri e le sue poesie sono state tradotte in tutto il mondo. Si avvicina alla sua scrivania, come per cercare conferma di quello che ha appena pensato.

Eccole, in alto a sinistra tutte le riviste dove ha pubblicato: la Poetry, The Nation, TriQuarterly, Guernica, The Rumpus, Boston Review, The New Republic, The New Yorker e The New York Times.

Sotto c’è il suo primo chapbook, Burnings (Sibling Rivalry Press) che è stato selezionato per la rassegna “Over The Rainbow” per i libri sulla non-eterosessualità dell’American Library Association. Accanto c’è la sua raccolta di poesie Night Sky with Exit Wounds (Cielo notturno con fori d’uscita, traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan; La Nave di Teseo) che ha vinto il premio TS Eliot . Molte delle poesie della raccolta prendono come soggetto la guerra del Vietnam (come Aubade With Burning City) mentre altre raccontano degli attacchi dell’11 settembre e della sua esperienza di quel giorno (Untitled Blue, Green, and Brown).

Si avvicina e afferra il suo primo romanzo On Earth We’re Briefly Gorgeous ( Brevemente risplendiamo sulla terra, La Nave di Teseo, traduzione di Chiara Durastanti). È la lunga lettera semiautobiografica di un giovane vietnamita americano soprannominato Little Dog. La lettera è scritta alla madre e coinvolge anche la vita della nonna, Lan, che è sfuggita a un matrimonio combinato durante la guerra del Vietnam e diventata una prostituta. A metà del romanzo, il protagonista incontra un giovane bianco di nome Trevor mentre lavora in una fattoria di tabacco un’estate e i due iniziano una relazione. Trevor alla fine diventa dipendente dagli oppioidi e successivamente va in overdose e muore. Il romanzo è stato nominato uno dei primi dieci libri del 2019 dal Washington Post. È stato finalista per il 2020 PEN/Faulkner Award for Fiction ed è stato selezionato per il National Book Award for Fiction 2019. Avrà un adattamento cinematografico.

Kirkus Reviews ha scritto: “Il risultato è un ibrido, è sia un libro di memorie, che un romanzo di formazione che una poesia lunga un libro. Più importante delle etichette, tuttavia, è la fede sincera del romanzo. Un’incursione nella narrativa cruda e scritta in modo incandescente da uno dei nostri poeti più dotati”. Nella sua recensione per Time, il romanziere vietnamita-americano Viet Thanh Nguyen ha scritto: “Vuong si rifiuta di essere imbarazzato. Trasforma l’emotivo, il viscerale, l’individuo in politico in un romanzo indimenticabile, davvero meraviglioso, un libro che cerca di colpire i suoi lettori tanto profondamente quanto è colpito Little Dog”.

Un tuono lo fa saltare mentre afferra Time Is a Mother (Il tempo è una madre Guanta, 2022) la sua ultima raccolta di poesie. Ocean Vuong si volta e si rimette a letto. Sotto le lenzuola però continua a pensare a Grazina. Ricorda quando lo chiamò una sua amica di Long Island. “Ehi! Ho un affare per te”, gli disse, “ho parlato con mia madre e mi ha detto che se ti occupi di mia nonna a Brooklyn puoi avere una stanza lì gratis…”. Le parole “stanza” e “gratis” furono tutto ciò che lui sentì, colpirono la sua mente come schegge di luce colorata. “Posso venire adesso? Ok… Ok. Sarò lì tra un’ora. Aspetta, aspetta… che treno devo prendere?”.

Grazina Bartkus era vecchia e minuta. Gli allungò la mano e la strinse con entrambe le sue. Erano freddissime. Invitò lui e la nipote in cucina per il tè. Frugando nei cassetti e aprendo e chiudendo gli armadietti, cercò, con grande difficoltà, di trovare le tazze adatte. I suoi occhi avevano lo sguardo di una bambina appena sorpresa a disegnare sul muro, in attesa di una rassicurazione o di un rimprovero. Era chiaramente smarrita. Improvvisamente Ocean Vuong si rese conto della gravità della sua demenza. Inoltre, nella sua ingenuità, la demenza era solo un termine vago per dire “essere vecchi”.

I suoi compiti furono sorprendentemente gestibili. Si occupò delle sue pillole dal colesterolo all’artrite, ai nervi, per la demenza e persino una per il “dolore generale”. A volte, la controllava chiedendole chi fosse il presidente degli Stati Uniti. Tra le altre responsabilità c’era quella di insegnarle a usare il microonde e di cucinare per lei, di spalare il marciapiede e il vialetto, di fare la spesa, di riparare la tv via cavo. A volte lavorava a una poesia e, mentre lottava con una metafora ostinata, andava verso le scale e gridava: “Grazina! Chi è il presidente?”. Alla fine, è diventato più bravo a leggere il suo linguaggio del corpo e le sue emozioni. Per esempio, se iniziava a parlare da sola mentre guardava la TV o se improvvisamente decideva di vagare per casa infilandosi in tasca statuette di gufi capiva che la situazione stava diventando grave. Ma il periodo peggiore erano le notti di pioggia come questa perché ad ogni tuono, la mente di Grazina faceva scattare un ricordo del 1944, a Dresda, dove, da ragazzina, lei e la sua famiglia furono coinvolti in uno dei più devastanti bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Lui e Grazina erano molto più simili di quello che appariva, erano entrambi immigrati, soli e con una guerra alle spalle che ha trafitto il loro destino.

Spinge il volto nel cuscino. Un ricordo si fa strada nella sua mente, non è un’immagine ma un suono, un dialogo.

“Hey?”

“Sì? Grazina sono qui”.

“Avrai una nuova poesia per me all’ora di colazione?”.

“Certo.”

“Una poesia d’amore, va bene?”.

“Una poesia d’amore”.

“Bene… bene. È bello.”

“Ok.”

“Ok.”

“Buonanotte.”

“Buonanotte.”

Ocean Vuong chiude gli occhi e lentamente si addormenta.

 

Questa storia è stata creata utilizzando l’articolo di Ocean Vuong su The Adroit Journal

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Michele Crescenzo

Michele Crescenzo

Michele Crescenzo legge e scrive, appena può. È nato a Napoli nel’77 dove si è laureato in Sociologia. Vive a Milano dal 2002, dove lavora in una multinazionale americana. La sua quotidianità è alternata da numeri e parole. Da lunghissime call conference internazionali alla stesura di articoli letterari. Scrive recensioni per Satisfiction. Gestisce “Ti ho Rivista” tabloid sul mondo delle riviste indipendenti italiane. Organizza eventi culturali alla libreria milanese Gogol&Company. Cura la column “Gotham's Writers” su La Voce di New York. Nel tempo libero scrive: Nel 2009 ha vinto il Premio Chatwin, concorso internazionale sul viaggio. Ha pubblicato racconti per antologie e riviste letterarie (‘tina, Pastrengo, Talking Milano, Lettura la newsletter del corriere della sera).

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