All’inizio del libro incontriamo un gran numero di frequentatori di una piscina sotterranea, sono tipi umani diversi. C’è chi va a nuotare su prescrizioni mediche, chi solo per il piacere dell’acqua, chi nelle pause del lavoro per rilassarsi. Il mondo sotterraneo è silenzioso e protettivo, caldo e accogliente. Il mondo frenetico del ‘sopra’ svanisce, si allontana con il suo caos, la fretta, le corse e gli affanni. Nel mondo sotterraneo della piscina ognuno pare ritrovare sé stesso e nell’acqua che li accoglie spariscono i corpi troppo obesi, le forme sgraziate, i malesseri fisici. L’acqua pare donare a tutti una gran pace, fino a che l’ora finisce e il fischietto del bagnino annuncia che è tempo di uscire. Il turno è finito. Un giorno si nota una crepa nella grande vasca, in tutti i nuotatori nasce preoccupazione: che sarà? Le loro frequentazioni della piscina sono a rischio?
Alice, una delle frequentatrici è una donna avanti con gli anni, ma nell’acqua ha bracciate potenti, si muove bene, però la sua mente inizia a mostrare una crepa, come succede alla vasca. La crepa di Alice non è altro che un primo segnale di demenza senile che velocemente si allarga. E qui inizia la seconda parte del libro di Julie Otsuka, il resoconto di una perdita progressiva della memoria di Alice, sua madre. Alice “ricorda il nome del presidente, il nome del cane del presidente” ma non il nome della figlia morta bambina, ricorda il nome di un antico amore, l’uomo che non ha sposato, non ricorda come si fa il caffè, né come si serve una torta, come si allacciano le scarpe. Ricorda che sta dimenticando.
Con una prosa dal ritmo cadenzato, come le bracciate dei nuotatori, essenziale nella scelta del lessico, Juilie Otsuka ci regala un memoir di rara ricchezza poetica, dove il fading della madre è raccontato con amore e dolcezza, mentre procede in un crescendo continuo e a suo modo commovente perché quel che Alice ricorda è fatto di momenti e situazioni minuscole: il colore di un fiore, l’afa di un giorno d’estate, l’enorme albero di mimosa vicino ad un parcheggio. E’, quella di Otsuka, una scrittura vitruviana: “a togliere” ogni aggettivo superfluo, ogni orpello, fino a rendere l’essenziale della realtà di Alice, fatta di quasi niente eppure densa di significato.
”The Swimmers” ovvero “Nuoto Libero” nella traduzione italiana di Silvia Pareschi per Bollati Boringhieri, è fra i finalisti dell’Andrew Carnegie Medals for Excellence 2023. E’ l’ultimo romanzo di Otsuka, pluripremiata per i suoi precedenti “When the Emperor was divine” (Knopf, 2002) “Quando l’Imperatore era un Dio” (Bollati Boringhieri 2014) e “The Buddha in the Attic” (Knopf, 2011) “Venivamo tutte per mare” (Bollati Boringheri 2012).
Julie Otsuka è californiana, faceva l’artista prima di dedicarsi alla scrittura. I suoi libri sono meditati, personali, escono a distanza di una decina di anni l’uno dall’altro. Il primo libro è sulla prigionia di una famiglia di origine giapponese in America durante la seconda guerra mondiale ed è basato sulla storia della sua famiglia, il secondo è su un gruppo di giovani giapponesi scelte in fotografia per diventare mogli di americani agli inizi del ‘900, questo terzo è sul lento appannarsi della madre.
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