Ottavia Fusco Squitieri, vedova del mai dimenticato regista e sceneggiatore Pasquale Squitieri, lo ricorda in occasione del quarto anniversario della scomparsa attraverso un inedito ritratto privato, arricchito dai tanti indimenticabili ricordi condivisi, ed anticipa la notizia del Premio a lui dedicato: Pasquale Squitieri, il Piacere della Libertà.
Attrice e cantante, Ottavia Fusco Squitieri è sicuramente una figura protagonista nel palcoscenico teatrale italiano. Oserei dire fra le più apprezzate. Sul palco è stata diretta ed hanno scritto per lei registi e autori autorevoli, quali Giorgio Albertazzi, Nelo Risi, Don Lurio, Lina Wertmuller, Andrea Liberovici, Dacia Maraini, Edoardo Sanguineti; le sue interpretazioni in carriera hanno spaziato da personaggi come Tamara De Lempicka, Edda Ciano, Lady Machbeth, Giuseppina Strepponi-Verdi. Come qualcuno direbbe: “tutte faccende assai serie”.

Ovviamente, è stata anche la Musa dell’uomo con cui ha diviso anni di amore, di vita e di palcoscenici: lo sceneggiatore e regista Pasquale Squitieri. Ad Ottavia mi unisce la passione per le Arti: quella per il Teatro, ma anche quella per il Cinema. Sono molti gli amici che abbiamo in comune.
La intervisto al telefono in una domenica pomeriggio piovosa; con la sua voce emozionata, mentre mi parla di Pasquale Squitieri, suo indimenticato marito, sin dalle prime battute riesce a riscaldarmi il cuore.
Ottavia, bentrovata. Ricordiamo come hai conosciuto, nel lontano 2003, tuo marito Pasquale Squitieri, al quale sei stata sposata dal 2013 fino alla sua morte, avvenuta 4 anni fa. Come si riesce a sopravvivere ad un grande amore quale è stato il vostro? Aggrappandosi al lavoro? Ai ricordi dei giorni vissuti insieme? O alla volontà di ricordarne la memoria?
“Cominciamo dal nostro incontro: un vero colpo di fulmine… dico sul serio, sai! Era la torrida estate del 2003 ed io stavo seduta all’aria condizionata del bar Rosati a Roma a studiare il copione per uno spettacolo con Lina Wertmuller che avrei fatto di lì a poco. Pasquale era all’unico altro tavolo occupato, insieme a Tony Renis. Tony dice a Pasquale: “Che bella donna!”; Pasquale gli risponde : “Sì…Ed è proprio strana!”. Io faccio finta di non sentire, ma quando Pasquale mi passa davanti per uscire dal bar, alzo lo sguardo e gli tendo la mano per presentarmi. Lui me la stringe, guardandomi con gli irresistibili occhi azzurri che aveva, e si può dire che, da allora, quella mano non ce la siamo più lasciata. Davvero tanta vita insieme, ed io sono così fiera di portare il suo cognome e di fare di tutto quello che posso per parlare di lui, in ogni occasione. Per questo ti ringrazio di cuore, Lisa; di questa opportunità per ricordarlo ancora una volta. Sai, mi piace dire che Pasquale mi ha lasciato “un pieno incolmabile”, perché tanto di quella che sono ora lo devo a lui, così come tanto di quello che ancora dovrò diventare. Gli dicevo scherzando che stare con lui era come imparare a guidare a Napoli…”.
In questo 2021 Pasquale compirebbe 82 anni; come pensi , Ottavia, che avrebbe reagito alla attuale situazione di immobilismo e crisi in cui versa il mondo dello spettacolo italiano in seguito alla crisi sociale, economica e sanitaria che stiamo vivendo?
“Pasquale riusciva ad avere sempre una visione sorprendente dei fatti: mai scontata e banale. Me lo domando spesso anche io come avrebbe commentato questa situazione, ma so per certo che non aveva nessuna stima della nuova classe dirigente italiana, che considerava impreparata e dilettantesca. Lui è stato Senatore per il Governo Berlusconi, insieme ad Andreotti, Bertinotti; era un amico di Craxi… Insomma, al di là di come la si pensi nel versante politico specifico, parliamo di uomini di tutt’altra statura politica rispetto ad alcune figure in auge negli ultimi tempi”.

Pasquale Squitieri ha debuttato nel cinema come regista e sceneggiatore con Io e Dio; siamo nel 1969 e la produzione di quel film era di Vittorio De Sica. C’e’ qualche episodio in particolare che puoi riferirci, che lui ha vissuto direttamente e che ti ha a sua volta raccontato, su quel gigante del nostro Cinema?
“Mi ha colpito il racconto del loro primo incontro, quando Pasquale venne convocato a casa del Maestro, a via Aventina; De Sica aveva letto la sceneggiatura di Io e Dio e volle incontrare Pasquale: lui lavorava a Paese Sera come giornalista e si fece prestare i soldi del taxi per precipitarsi in quella casa. De Sica lo ricevette e gli disse, con il libretto degli assegni in mano: ”Ti bastano 2 milioni per cominciare?” Il resto è nella storia del Cinema : Io e Dio è uno straordinario concentrato di talento”.
Pasquale, sulla falsariga di registi come Sergio Leone, nella sua carriera si è anche dedicato, seppur brevemente, al genere spaghetti western con Django sfida Sartana (1970) e La vendetta è un piatto che si serve freddo (1971), entrambi da lui firmati con lo pseudonimo William Redford. Arrivarono subito dopo, sotto la firma del suo vero nome e cognome, pellicole più impegnate, che raccontavano tematiche allora poco svelate della società italiana. Mi riferisco a film come L’ambizioso (1975), Il prefetto di ferro (1977) e Corleone (1978) (che riguardano i contatti tra mafia e politica); Viaggia, ragazza, viaggia, hai la musica nelle vene (1973) e Atto di dolore (1990) (dove Pasquale affronta il tema della droga); poi fu il turno de Gli invisibili (1988) (centrale la tematica del terrorismo); L’avvocato De Gregorio (2003) (con le “morti bianche”); Razza selvaggia (1980) e Il colore dell’odio (1989) (dove tratto’ l’immigrazione, tema attualissimo del resto ancora oggi). Il Cinema di Pasquale Squitieri è stato infatti un Cinema importante, che continua per tanti aspetti ad essere attuale, e che merita di essere ricordato attraverso un Premio a lui dedicato. So che ci stai lavorando. Ce ne puoi parlare?
“La prima edizione era prevista per la ricorrenza del 27 Novembre scorso (giorno in cui Pasquale avrebbe festeggiato il suo compleanno), ma la realtà dei fatti ci ha costretti a rimandare a Novembre di quest’anno. Il titolo del Premio sarà Pasquale Squitieri, il Piacere della Libertà. Consisterà in un riconoscimento anche in denaro, rivolto ai giovani registi che presenteranno un cortometraggio, equivalente ad un biglietto da visita di un talento cinematografico ben preciso: Pasquale, infatti, ha sempre sostenuto in maniera convinta questo ultimo concetto. La manifestazione avrà luogo ogni anno, organizzata e finanziata dalla Fondazione Arteficina: un Premio all’insegna della libertà di pensiero e del cinema di denuncia (quello coraggioso). Possiamo dire, concedimelo, che sarà un premio all’insegna del Politically Scorrect, così come si poneva orgogliosamente Pasquale”.

Se pensiamo a Pasquale Squitieri, oggi lo ricordiamo molto per i suoi film storico-politici; mi riferisco a movies come I guappi (1974), Claretta (1984) e Li chiamarono… briganti! (1999 – sul brigantaggio postunitario). Quest’ultima è probabilmente la sua opera più discussa, tanto da essere immediatamente ritirata dalle sale cinematografiche in circostanze mai chiarite. Alle critiche che nel corso della sua vita gli sono a turni alterni cadute addosso, in che modo rispondeva e reagiva tuo marito?
“Come avrebbe reagito un combattente senza tregua! Niente e nessuno gli faceva paura. Si è giocato tanti rapporti per questo suo carattere indomito. Pasquale era un uomo senza vie di mezzo: o amato o odiato; erano insomma escluse tutte le mezze misure per trattare con lui. Hanno spesso tentato di appiccicargli addosso etichette per sminuirlo, affossarlo, controllarlo, ma lui se n’è sempre fregato. Aveva uno stile ben preciso: quello del piacere della Libertà”.
Lo Squitieri pubblico che tutti ricordano era un uomo di successo, molto impegnato sul piano civile, dal temperamento napoletano, a tratti turbolento. Ce lo ricordiamo grandissimo fumatore e dal piglio deciso. Tu, come compagna di vita, che immagine inedita di lui ci vuoi svelare, sia sul piano professionale che su quello privato? Che rapporto aveva Pasquale con il suo vissuto, con i suoi amori passati, con sua moglie Ottavia, con il Cinema di una volta?
“Pasquale era un uomo di straordinaria generosità, soprattutto con i giovani. Amava essere maestro, anche di vita. E amava fare del bene. Mi ricordo che aveva un rapporto particolare con un lavavetri del Bangladesh: un venditore di accendini e fazzoletti ad un semaforo di Corso Francia, qui a Roma: gli aveva persino pagato un biglietto aereo per tornare al suo Paese per assistere il padre malato. Insomma, un giorno ci fermiamo al semaforo e il tizio gli fa: “Ciao fratello, hai bisogno di qualcosa ?” e Pasquale, ridendo: “Sì! Di 50 Euro”. Senza battere ciglio, il bengalese si mette una mano in tasca e gli dà i 50 Euro !!! Scatta il verde e ce ne andiamo. Qualche giorno dopo, al rosso, ci fermiamo e allo stesso bengalese Pasquale restituisce i 50 Euro con un “Grazie, fratello!” Credo sia un episodio significativo da rivelare del suo temperamento: Pasquale era proprio così. Con la sua esperienza, poi, aveva l’atteggiamento di chi ha vissuto le stagioni d’oro del Cinema italiano e quindi, certamente, viveva i ricordi con un po’ di rimpianto e di nostalgia per un tipo di professionalità e di coraggio, di intraprendenza e di creatività, che stentava a ritrovare, soprattutto nei produttori di oggi. Del suo privato amava raccontare aneddoti che facevano letteralmente sbellicare dalle risate, perché aveva la capacità di raccontare episodi con tempi comici straordinari”.
Che rapporto aveva, invece, con l’estero? Con l’America in particolare.
“Ecco, l’America era un suo grande rimpianto. Pasquale aveva passato un lungo periodo a New York al fianco di Dino De Laurentiis, ma poi la sua storia d’amore con Claudia Cardinale gli fece terra bruciata intorno e De Laurentiis non voleva inimicarsi l’ambiente cinematografico italiano assecondando Pasquale in quella sua scelta di vita”.

Tu sei stata interprete di numerosi recital di canzoni d’autore che ti hanno portata a rappresentare il nostro Paese in tournèe all’estero. Tra l’altro, sei una poliglotta ed hai realizzato progetti musicali e teatrali in Francia, ma anche in Argentina, Brasile e Canada. Insieme a tuo marito hai avuto modo di viaggiare. Più per lavoro o per motivi privati?
“Abbiamo viaggiato tanto soprattutto in Italia, per gli spettacoli che abbiamo realizzato insieme; inoltre, lui mi raggiungeva spesso quando io ero a lavorare all’estero. Nel nostro privato, invece, avevamo una destinazione fissa: Napoli, la sua città. Il meraviglioso Hotel Excelsior. E subito al secondo posto, Capri.
E’ noto che sei stata protagonista, insieme a Claudia Cardinale, della commedia di Neil Simon La strana coppia, progetto fortemente voluto proprio da Pasquale; a quale anno ci riferiamo? Questo spettacolo, che è stato in tourneè nei maggiori teatri italiani, è poi sfociato in un riconoscimento nella tua carriera molto importante, perchè hai ricevuto il Premio Flaiano per il Teatro. Quale sogno ti piacerebbe tanto ancora realizzare come attrice?
“Per La Strana Coppia ci riferiamo al 2018/19. Sì, è stato un progetto inventato da Pasquale che, un po’ sadicamente, avrebbe voluto dirigere Claudia e me in scena. Lui purtroppo ci ha lasciati prima di poterlo fare, e la regia è stata rilevata dal suo aiuto regista Antonio Mastellone. Per me è stata una esperienza professionale enorme, ma umanamente e psicologicamente mi ha molto provata: il rapporto con Claudia è stato pessimo. Peccato. Per il futuro, il mio sogno sarebbe quello di realizzare uno spettacolo musicale e multimediale dedicato ai voli spaziali, dei quali sono una grande appassionata sin da bambina”.
Di recente, favorevole il lockdown in seguito alla emergenza sanitaria da Covid-19, la tua creatività ha trovato espressione anche nella scultura: sarà la tua prossima attività lavorativa?
“Sarà certamente una passione che continuerò a coltivare, perché la soddisfazione che provo nel modellare forme sotto le mie dita è incommensurabile! Ho anche realizzato il prototipo che diventerà la statuetta del Premio dedicato a Pasquale. La scoperta di questo mio talento la considero un grande regalo della vita e dell’esperienza lockdown. Non so davvero come io riesca a creare, perché non ho mai studiato scultura o disegno, ma è come se lo avessi sempre fatto. E sto avendo anche delle proposte per delle esposizioni; accettero’ appena sarà possibile tornare ad una vita normale, che sogno fatta nuovamente di incontri e di abbracci, in tutti i sensi. A conclusione della nostra chiacchierata, mi viene in mente una espressione suggeritami da un amico – riferita a Pasquale – che ho fatto mia adesso che non è più fisicamente tra noi: ”Il diversamente vivo”. E’ davvero così, sai, per me: Pasquale è vivo in modo diverso, ma pur sempre fortemente vivo. E continua, e continuerà, ad accompagnare la mia vita per sempre, passo dopo passo”.