Se aprite il web, i social o navigate sui siti, se aprite un giornale, accendete la radio o la tv, vedrete Napoli piangere. Vedrete Napoli ricordare, citare, celebrare, postare, la vedrete partecipare commossa ai funerali, la vedrete scrivere e riscrivere. Napoli ha pianto tanto. Ha pianto anche il resto di Italia. Napoli non riesce ancora ad asciugarsi le lacrime. Napoli piange perché le è morto un figlio, un figlio di quelli di cui si è orgogliosi, assai: Napoli oggi piange per la morte di Luciano De Crescenzo.
C’è chi piange il Maestro, il professore, chi piange lo scrittore, chi il filosofo, chi l’attore, chi il poeta, chi il regista, chi l’ingegnere, chi il napoletano e chi semplicemente piange l’uomo, Luciano. Chi è Luciano De Crescenzo (e non chi era), basta essere nati per saperlo, basta aver imparato a leggere o anche semplicemente ad ascoltare per saperlo. E se non lo sapete, ecco che arriva in soccorso il web di cui sopra. Napoli piange Luciano. Ed è giusto, sacrosanto, quasi scontato che sia così: Napoli ha il diritto di piangere Luciano. Così come ebbe il diritto (pur senza social) di piangere Massimo, di piangere Eduardo e suo figlio e appena qualche anno fa, con i social già pervasivi, di piangere Pino.
Ma Napoli (e l’Italia che l’ha conosciuto) che piange Luciano De Crescenzo fa pensare. Fa pensare a due cose… Dove va a finire la memoria dei grandi uomini come Luciano nel tempo dei social che tutto fagocitano ad una velocità disarmante? E poi, dove sono gli uomini e le donne che piangeremo domani? Mi spiego: siamo ancora in grado di essere uomini e donne capaci di diventare “Luciano De Crescenzo” ed essere pianti così nel giorno della nostra mancanza? Chi ci mancherà tra 10, 20 o 30 anni? La prima domanda: dopo aver postato le foto del professore, dopo i racconti, gli aneddoti, dopo il vanto dell’averlo magari conosciuto anche solo per il tempo di una foto, cosa resterà? Dopo le celebrazioni ai funerali, passato qualche giorno, cosa ne resterà dell’amore che oggi dimostra? E non è una polemica, per carità: è un dato di fatto. Di De Crescenzo resta tutto: gli scritti, i video, i film, le poesie, i libri, le citazioni e la napoletanità prorompente, ironica e senza mai essere volgare, anzi. Ma come si fa a celebrarlo oltre il suo tempo? Con l’intitolazione di una strada. Con i documentari. E poi? Basterà? Mah…
La seconda domanda: in fondo, siamo fortunati a poter piangere o’ prufessor’. Siamo fortunati perché per piangerlo, vuol dire che l’abbiamo vissuto. L’abbiamo ascoltato, letto, visto e apprezzato. E siamo fortunati. Ma tra 10, 20 o 30 anni? Chi piangeremo e chi piangeranno domani? Ne nasceranno ancora di Luciano De Crescenzo? Se ci guardiamo intorno, ne vediamo di professori? Mah. Non sembrano: gente che distingua cuore e libertà? Che distingua così gli uomini? Che li sappia dividere con una parola sola? Ecco, chissà se il respiro che per un attimo si ferma alla notizia della morte di Luciano nostro, si rivivrà. Per adesso non ci resta che piangere l’uomo di Napoli, figlio, padre e cantore della sua terra amata.