Nel 2013 avevamo scommesso sulla sua ascesa, ma nemmeno con le più rosee delle previsioni avremmo immaginato un successo del genere per Chance The Rapper. Il ventitreenne di Chicago è stata la più bella sorpresa della cinquantanovesima edizione dei Grammy, con tre statuette su quattro nomination: quella per il miglior album rap con il sorprendente ed elegiaco mixtape Coloring Book, quella di migliore performance rap grazie al brano No Problem scritto insieme a Lil Wayne e 2 Chainz e, soprattutto, l’ambitissimo premio di migliore nuovo artista dell’anno. I Grammy rappresentano il degno coronamento di in un anno davvero speciale per il giovane, che tra i suoi estimatori illustri, ha Barack Obama e che nella sfida ha avuto la meglio su giganti come i De La Soul, Kanye West e Drake, oltre agli altri due candidati Schoolboy Q e DJ Khaled. È la prima volta che a vincere il premio è un album in streaming. Come è noto Chance non ha ancora pubblicato un vero e proprio LP, ma ha alle spalle solo tre mixtape.
Un’altra delle stelle preferite dell’ex presidente americano, Beyoncé, ha rubato la scena a tutti, con una maestosa esibizione live con pancione in bella vista, la prima dall’annuncio della maternità gemellare davanti agli occhi commossi del marito Jay Z, presente insieme a tante altre star allo Staples Center. A lei sono meritatamente arrivati i riconoscimenti di miglior album urban contemporaneo e di miglior video, per il progetto visuale di Lemonade. Due vittorie su otto nomination, forse troppo poco, come ha ammesso la stessa Adele. Quest’ultima, premiata per il miglior album dell’anno, ha ammesso nel suo discorso che forse il premio l’avrebbe meritato proprio Lemonade per la sua qualità e per i messaggi che contiene. All’artista britannica sono andati anche altre due delle statuette più prestigiose: quella più affine come “record of the year” e quella per il miglior brano, Hello, che ha avuto la meglio su Formation di Beyoncé e Love Yourself di Justin Bieber.
Un altro dei momenti da ricordare dei primi Grammy dell’era Trump è stato senz’altro lo scoppiettante spettacolo dei mitici A Tribe Called Quest affiancati per l’occasione da un’altra delle nostre scommesse, il virtuoso vocalist/batterista R&B Anderson .Paak, in corsa anche senza successo per il “best contemporary urban album” e per il titolo di “best new artist”, e da due vecchi guru della scena rap del Queens e di Brooklyn, Consequence e Busta Rhymes.
Una performance carica di contenuti politico-sociali, come del resto il disco del ritorno dello storico collettivo guidato da Q-Tip,We Got It From Here… Thank You 4 Your Service, che avevamo inserito al primo posto nella nostra lista dei migliori album del 2016 made in New York. Nessuna nomination per loro, ma l’invito a resistere con quei pugni chiusi in aria, un tempo simbolo del Black Panther e presto diventati il gesto identitario più noto dell’immaginario afroamericano contemporaneo. Busta Rhymes, senza mezzi termini, soprannomina il presidente Trump “Agent Orange”, efficace doppio senso sul colore della sua chioma e il nome di quell’agente chimico altamente distruttivo usato dagli americani durante i bombardamenti in Vietnam. L’America che non abbassa la testa, si prepara a una lunga stagione di lotte.
Restando in ambito black, alla sorella di Beyoncé, Solange, è andato l’ambito Grammy per la migliore performance R&B con la suggestiva traccia Cranes In The Sky (il premio per la migliore canzone è andato invece a Maxwell), a Drake quello per la miglior canzone rap e per la migliore performance rap grazie al suo tormentone planetario Hotline Bling. Un’altra delle nostre scommesse per cui facevamo il tifo, il sorprendente BJ The Chicago Kid, non è riuscito invece a prevalere su Lalah Hathaway alla sezione miglior album R&B.
Per chiudere il quadro, a David Bowie è andato un riconoscimento postumo per la migliore canzone rock, la titletrack del suo ultimo LP, Blackstar. In ambito dance vincono per la prima volta un Grammy The Chainsmokers e il producer Flume.