Un sogno, quello di diventare attrice e regista, un luogo, il Greewich Village, un’ambizione, quella di portare in questo quartiere scenografico un festival dedicato a giovani cineasti. È questa la mission della giovane e talentuosa Alessia Gatti, originaria di Fano, 27 anni, da cinque a New York City dove si dà da fare per costruirsi il futuro. Due anni fa ha creato, quasi per scherzo con l’amico regista Antonio Padovan, 32 anni, negli USA da 10, il Greenwich Village Film Festival.
Tra un doppiaggio e l’altro, in particolar modo per serie animate come gli Invizimals, e varie partecipazioni a importanti lungometraggi come Italy in a Day di Salvatores, Alessia può vantare la partecipazione al film Hope (2012), di Daniele Ciferri, in cui ha interpretato la parte di Lisa. È anche membro del Lab-NY, costituito da un gruppo di filmmaker, registi, attori e produttori che si riunisce ogni settimana a Brooklyn per esaminare nuovi progetti. Alla vigilia dell’edizione 2016 del festival, che dal 24 al 26 ottobre porterà su Barrow Street film provenienti da tutto il mondo, abbiamo incontrato Alessia Gatti per farci raccontare dei suoi progetti e del suo lavoro.
Raccontaci come è nata l’idea del festival
“Tutto ebbe inizio una sera mentre io ed Antonio stavamo cenando nel Village. Lui avanzò la proposta di organizzarvi un film festival ed io aderii con entusiasmo. Nessuno ci aveva mai pensato prima, nonostante questo sia il quartiere più fotogenico di Manhattan, sede, quotidianamente, di un gran numero di riprese TV e cinemotografiche”.
Come ha esordito lo scorso anno il GVFF e cosa ci dobbiamo aspettare dall’edizione 2016?
“Nel 2015 il Festival si è tenuto al The Players Theatre. Per l’occasione sono stati selezionati 15 cortometraggi tra gli 80 e più presentati, e provenienti da tutto il mondo. Quest’anno, grazie all’aiuto di due produttori del West Village, Micheal Anastasio e Richard Weigle, il Greenwich Village Film Festival sarà suddiviso in tre serate, il 24, 25 e 26 ottobre presso la Greenwich House Music School. La cerimonia di apertura prevede molte sorprese che non posso svelare e in programma vi sono anche un opening party, con ospiti eccellenti come il famoso attore e residente del Village, Bill Sage (American Psycho, Precious, nda). Il festival si concluderà in un party al 49 Grove, rinomato club del West Village. Ogni sessione sarà dedicata ad una categoria di filmati: Best Greenwich Village portraits, Best short film, Best short documentary. Ci aspettiamo che le pellicole sappiano rappresentare le affascinanti e suggestive atmosfere del quartiere: strade strette, contorte, curve e angolazioni particolari, alberi curati, caffé, negozi, ristoranti, locali in cui ascoltare tanta buona musica circondati dai classici edifici bassi e di mattoni rossi. Il vincitore della sezione Best short film dell’anno scorso è stato il regista Patrick Vollrath, poi nominato agli Oscar 2016. Una soddisfazione anche per noi, che speriamo ripetibile in futuro”.
Cosa significa per te “fare cinema”?
“Essere filmmaker significa farsi coinvolgere totalmente dalla storia che si racconta, farla diventare un parte di noi, ed un capitale di esperienza da spendere in futuro. L’obiettivo del festival è d’altra parte quello di dare visibilità al lavoro di registi che, a prescindere dalla propria provenienza, sappiano rendere omaggio al Greenwich Village ed aiutare il quartiere a rimanere punto di connessione per artisti di talent”.
Preferisci essere dietro la macchina da presa o dare il volto a personaggi?
“Sono due facce di una stessa medaglia e le amo entrambe. Devo confessare che mi manca la recitazione visto che negli ultimi due anni mi sono dedicata alla regia”.
Come spieghi la particolare forza creativa di certi short movie?
“Riuscire a raccontare una storia, uno spaccato di realtà in qualche minuto è secondo me un dono naturale. Trovo ci siano innumerevoli short film che sanno essere molto più intensi ed interessanti dei lungometraggi….”.
Il Greenwich Village è sicuramente un crogiolo di creatività ed ormai un luogo simbolo della cinematografia. Come spieghi questa alchimia tra quartiere ed arte?
“La storia, e la fama, del Greenwich Village è legata alla musica ed allo scambio culturale tra diverse generazioni. New York è una città che cambia a vista d’occhio ed ha bisogno di punti di stabilità, di riferimento così come di occasioni per mantenere e rafforzare l’aspetto creativo promuovendo l’incontro tra nuove sinergie e punti di vista, nel nostro caso di filmmaker e autori internazionali. Lo staff stesso del GVFF è costituito da persone diverse per età e background e a mio parere è anche questo a rendere il tutto più interessante.E con me ci sono anche tre persone di origine italiana…è come essere a casa!”
Qualche cenno sui progetti che hai presentato a Venezia?
“Sono appena rientrata dopo aver prodotto e lavorato da aiuto-regia ad Oscar Boyson per un cortometraggio intitolato Ciao Lola, con attori protagonisti Jane Levy e Thomas McDonell. È stata un’esperienza complessa e bellissima; le riprese sono andate benissimo e siamo stati tutti molto soddisfatti. Venezia non è un posto semplice in cui girare e solo il fatto che l’attrezzatura debba essere manovrata in barca lo chiarisce, ma è così bella e accogliente che ogni angolo appare perfetto per lo schermo. Mi ha aiutato l’avervi già lavorato, sempre con Oscar, per un altro corto commissionato dal padiglione del Kuwait per la Biennale. Dall’inizio dell’anno ho già girato come regista tre cortometraggi : Greener, tutto al femminile con tre attrici americane protagoniste; Lapse, forte e provocatorio, e Oatmeal, commedia che segue per una giornata una coppia di giovani che vivono a Manhattan”.
Ora in cosa sei impegnata?
“Beh, appena rientrata ho dovuto dedicarmi totalmente al nostro film festival, inoltre da fine settembre sono iniziate le riprese di un altro cortometraggio in cui reciterò e dirigerò. Si intitola Alone//Together, è scritto da un attore newyorchese ed è la storia, ambientata in un’unica scena con una sola location, di due che perdono una persona cara. Poi sono in post-produzione un altro corto girato a luglio, di cui ho curato la regia, Adulting, con protagonisti Martha Frances Williams, e altre due pubblicità sempre ambientate a New York. Uno dei miei ultimi video girati qui è appena apparso online e scelto da Il Gufo, nota azienda italiana di abbigliamento per bambini. Infine in sarò presto impegnata sul set di un lungometraggio italiano, di cui ancora non posso svelare niente”.
Il web ha cambiato il modo di fare cinema. Per te quali sono i vantaggi e/o gli svantaggi?
“Nel mio caso è grazie al web che ho potuto imparare, iniziare a produrre e partecipare, spesso vincendoli, a concorsi e bandi per note aziende. E’ così che ho potuto crescere dal punto di vista professionale. Credo che al giorno d’oggi ci sia una grossa sottovalutazione del web in paesi come l’Italia. Alla fine secondo me, è pur sempre la storia che conta, ed il prodotto finale. Il web, molto più veloce come tempistiche, decisamente meglio si adatta all’energia di un mondo come quello newyorchese. L’ultimo corto ambientato a Venezia per esempio, Ciao Lola, è stato girato con attrezzatura da cinema e un valore di produzione decisamente alto per il web, ma è stato fatto per una ditta di moda in occasione della fashion week e verrà distribuito online; insomma davvero cinema e web possono procedere nella stessa direzione”.
Che consigli daresti a un giovane appassionato di cinematografia che voglia fare carriera negli USA? Da cosa si comincia e quali sono le qualità su cui puntare, e le esperienze da fare?
“E’ fondamentale seguire il proprio istinto ed essere determinati. Non ci sono scelte giuste o sbagliate, tenendo conto che quando ci si trasferisce in una realtà diversa è sempre utile partecipare a workshops o frequentare scuole per ricavarne contatti e poter iniziare a “fare”. Dopodiché ognuno avrà la sua storia ed un suo percorso condizionato indubbiamente dal talento; ma senza perseveranza non si arriva da nessuna parte!”.