Definire The Witch un semplice “horror” sarebbe decisamente riduttivo. Ci sono lungometraggi destinati a superare il genere cinematografico a cui appartengono per proporre al pubblico un discorso più universale, che parla alla psiche e all’inconscio dello spettatore superando la soglia del semplice intrattenimento. Il film di Robert Eggers, presentato allo scorso Festival di Toronto e adesso nelle sale americane, riesce proprio in questo.
Partiamo dal delinearne brevemente la storia, perché fondamentale per capirne poi le significazioni. Ai tempi dei coloni americani una famiglia di sei membri viene allontanata dalla propria comunità a causa delle proprie credenze religiose. Il piccolo gruppo decide di stabilirsi ai confini di una foresta e costruire la piccola fattoria che li sostenterà, anche se isolati dal resto del mondo. Fin dall’inizio però cominciano ad accadere fatti orribili, di cui soprattutto la primogenita, l’adolescente Thomasin, è atterrita testimone. In un crescendo di tensione e paranoia di cui la famiglia cade preda si cercherà di allontanare la maledizione che tutti credono essere stata gettata sul nucleo da un essere demoniaco che si nasconde nel bosco.
Partiamo prima di tutto dall’aspetto contemporaneo di The Witch, che all’inizio mette in scena come l’isolamento volontario di parti sociali più piccole che si diversificano per credo, razza, reddito e così via, sia un processo dannosissimo a livello sociale, soprattutto per chi subisce tale diaspora. Considerato che ciò succede non solo negli Stati Uniti, ma nella stragrande maggioranza dei paesi occidentali economicamente più stabili, il “monito” contenuto sotto forma di metafora in The Witch appare di vitale importanza.

L’altro aspetto che riguarda il nostro oggi è il senso di paranoia, il terrore di essere presi di mira, sintomo di un’insicurezza dovuta soprattutto allo scollamento psicologico e affettivo che invade le maglie della nostra società.
Senza puntare sul facile effetto del classico film di intrattenimento, The Witch mette in scena la discesa all’inferno di una famiglia attraverso una progressione cinematografica di incredibile efficacia. L’angoscia generata da situazioni, silenzi, momenti di non visto è un qualcosa che il cinema dell’orrore non possedeva da anni a tale livello di intensità. Eggers ha realizzato un film certamente “povero”, ma che sfrutta al meglio qualsiasi soluzione visiva che il setting principale gli offre, soprattutto grazie anche alla fotografia livida di Jarin Blaschke.
Grazie a una sceneggiatura abilissima nel non dare punti di riferimento troppo evidenti nel decifrare la verità della storia, The Witch immerge il pubblico in una sequenza di dubbi, paure ancestrali, immersioni nell’inconscio individuale e collettivo che rappresentano un vero e proprio toccasana. Dal film si esce senza fiato, scossi forse più che spaventati, ma sicuramente consci di aver visto qualcosa di sorprendentemente ben orchestrato. Il referente cinematografico “alto” se si vuole cercarlo nei capolavori del passato è senza dubbio Repulsion di Roman Polanski, film che dilaniava il perbenismo dell’epoca per scavare dentro la parte più oscura della psicologia femminile con una sfrontatezza inaudita. Già il potere essere accostato a quel capolavoro – ovviamente alla lontana – è per The Witch enorme prova di merito.
Uscito nelle sale cinematografiche USA il 19 febbraio, The Witch non ha purtroppo ancora una data di distribuzione italiana.
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