Nata nel 1949 nel New Jersey, Ann Goldstein ha lavorato per anni come copy editor presso The New Yorker, dove ha scoperto l’italiano leggendo la Divina Commedia. Questa lingua diventa per lei una scelta d’elezione e, negli anni Novanta, si immerge nella traduzione.
Tra le opere che porta all’inglese, due autrici che, pur distanti nel tempo, condividono un’identica urgenza: Alba de Céspedes ed Elena Ferrante. La loro scrittura è un’indagine intransigente sul destino femminile, le ambizioni soffocate, le catene invisibili che ne imprigionano l’esistenza. “Il loro sguardo sulla realtà è feroce, a tratti sovversivo”, dice Goldstein nel corso di un incontro Before Ferrante che si è tenuto lo scorso 19 febbraio al The 92nd Street Y, un luogo che ha visto passare molte delle opere italiane arrivate negli Stati Uniti.
A discuterne con lei, Joanna Biggs, Judith Thurman, vincitrice del National Book Award, e Dayna Tortorici, caporedattrice di n+1. Al centro del dibattito, There’s No Turning Back (Nessun ritorno), il primo romanzo di de Céspedes. Si parla delle sfide della traduzione, dell’attualità della sua prosa, del legame che attraversa il tempo tra il suo lavoro e quello di Ferrante.
“La scrittura di Ferrante è un flusso continuo, avvolgente“, spiega Goldstein. “Un fiume in piena, capace di trascinare chi legge dentro il tumulto interiore delle protagoniste, con una musicalità implacabile. Tradurla significa tuffarsi in quella corrente, senza disperdere la sua energia”. De Céspedes, invece, è una voce diversa. “Si muove con nitidezza chirurgica. La sua parola è affilata, guidate da una consapevolezza storica e sociale che non lascia spazio all’indeterminatezza”.

De Céspedes scrive di donne consapevoli, donne che sanno che la libertà non viene mai concessa, ma sempre conquistata a fatica, e che ogni scelta comporta un prezzo da pagare. Goldstein legge le parole di Augusta, una delle protagoniste, una confessione che è insieme condanna: “Nei nostri villaggi, una donna che ha vissuto da sola in città è una donna perduta. Quelle rimaste, passate dall’autorità del padre a quella del marito, non ci perdonano di aver avuto la chiave della nostra stanza. E gli uomini non ci perdonano di aver studiato, di sapere quanto loro”.
Negli Stati Uniti, de Céspedes rimane in ombra fino a tempi recenti, quando Ferrante la cita tra le pochissime autrici che riusciva a leggere mentre lavorava ai propri romanzi. L’interesse si riaccende. Nel 2023 Quaderno proibito (pubblicato in Italia nel 1952) arriva per la prima volta in America, tradotto da Goldstein, ormai figura di culto per aver trasformato la quadrilogia di Ferrante un fenomeno letterario globale.
Scrivere, per entrambe le autrici, è un atto di rivolta, una pratica di resistenza. Un corpo a corpo con la lingua, con la memoria, con il desiderio. Nel tradurre Ferrante e de Céspedes, la sfida di Goldstein è sempre stata questa: conservare il non detto, la durezza di certe frasi, il ritmo spezzato che trattiene un’emozione. “Non voglio che la mia traduzione sorrida quando il testo non lo fa”. dice. “Perché tradurre non è addolcire, ma restituire. Perché la fedeltà non è armonia, ma rispetto delle dissonanze”.