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Quando l’arte non ha confini: a Milano, i quadri del Philadelphia Museum of Art

Un ponte tra Pennsylvania e Italia porterà a Palazzo Reale, per sei mesi, una selezione di cinquanta capolavori prestati dal museo di Philadelphia

Claudio MoschinbyClaudio Moschin
Quando l’arte non ha confini: a Milano, i quadri del Philadelphia Museum of Art

Marc Chagall Nella notte, 1943 olio su tela, 47 x 52.4 cm Philadelphia Museum of Art, Collezione Louis E. Stern, 1963

Time: 6 mins read

Un connubio artistico fra Stati Uniti e Italia, anzi tra Filadelfia e Milano. Perché per quasi 6 mesi, come se fosse l’apertura di un nuovo museo di arte moderna, il Philadelphia Museum of art si trasferisce nel capoluogo lombardo, a Palazzo Reale, con una selezione di capolavori dei più grandi pittori a cavallo tra Otto e Novecento nel loro periodo di massima espressione artistica. Per allestire la mostra milanese (aperta dall’8 marzo al 2 settembre) sono state scelte cinquanta splendide opere, che raccontano un percorso affascinante: troviamo infatti i luminosi paesaggi di Monet con, tra gli altri,  Il sentiero riparato (1873) e Il ponte giapponese (1895); di Sisley con Le rive del Loing (1885), di Pissarro con Paesaggio (frutteto) (1892); di Cézanne con Le Quartier du Four, à Auvers-sur-Oise (ca.1873) e Paesaggio invernale, Giverny (1894); di de Vlaminck con La Senna a Chatou (ca.1908); di Soutine con Paesaggio, Chemin des Caucours, Cagnes-sur-Mer (ca.1924); di Dufy con Finestra sulla Promenade des Anglais, Nizza (1938).

Pierre-Auguste Renoir – I Grands Boulevards, 1875 olio su tela, 52.1 x 63.5 cm. Philadelphia Museum of Art, Collezione Henry P. McIlhenny in memoria di Frances P. McIlhenny, 1986

E imperdibili scene cittadine come I grands Boulevards (1875) di Renoir e Place du Tertre a Montmartre (ca.1912) di Utrillo.  Sfilano poi magnifici ritratti come Ritratto di Isabelle Lemonnier (ca.1877) di Manet, Donna con collana di perle in un palchetto (1879) di Mary Cassatt, Ritratto di bambina (1894) di Berthe Morisot, Ragazza con gorgiera rossa (ca.1896), Ragazza che fa il merletto (ca.1906) e Bagnante (ca.1917-1918) di Renoir, Ritratto di Madame Cézanne (1885-1887) di Cézanne, Ritratto di Madame Augustine Roulin e la piccola Marcelle (1888) e Ritratto di Camille Roulin (1888) di Van Gogh, Nudo femminile seduto(1908-1909), Uomo con violino (1911-1912), Donna e bambine (1961) di Picasso, L’ora del tè (donna col cucchiaio) (1911) di Metzinger, Uomo al balcone (ritratto del dottor Théo Morinaud) (1912) di Gleizes, Omaggio a Maillol (1917) di Bonnard, Donna seduta in poltrona (1920) di Matisse.

Jean Metzinger – L’ora del tè (Donna col cucchiaino), 1911 olio su cartone, 75.9 x 70.2 cm. Philadelphia Museum of Art, Collezione Louise e Walter Arensberg, 1950

E ancora indimenticabili composizioni di frutta e fiori come Natura morta con rose centifolia in un cestino (1886) di Gauguin, Natura morta con mazzo di margherite (1885) di Van Gogh, Cesta di pesci (ca.1910) e Natura morta con piatto di frutta (1936) di Braque, Natura morta sul tavolo (1925) di Matisse.  E poi ancora sculture come L’atleta (1901-1904) di Rodin visivamente legata al Pensatore, che ritrae Samuel S. White III, tra i maggiori donatori del Museo; l’enigmatico Il giullare (1905) di Picasso; la bellissima scultura in pietra Il Bacio (1916) di Brancusi. Per chiudere con imperdibili opere come Marina in Olanda (1872) di Manet, La classe di danza(ca.1880) di Degas, Una sera di carnevale (1886) di Rousseau, Cerchi in un cerchio(1923) di Kandinsky, Carnevale al villaggio (1926) di Klee, Simbolo agnostico (1932) di Dalí, Pierrot con rosa (ca.1936) di Rouault, Nella notte (1943) di Chagall.

Claude Monet – Il sentiero riparato, 1873 olio su tela, 54.1 x 65.7 cm. Philadelphia Museum of Art, Donazione di Mr. and Mrs. Hughs Norment in onore di William H. Donner, 1972

FILADELFIA E LE GRANDI COLLEZIONI D’ARTE

Fondata nel 1681, Filadelfia si considerava sempre la prima e la più bella delle città degli Stati Uniti e nell’Ottocento era la più grande città nordamericana, i suoi commercianti facevano fortuna nel commercio, nelle navi a vapore, nelle ferrovie, nelle banche ed abbellirono la città, gareggiando per renderla la capitale culturale dell’America. La prima Fiera mondiale ufficiale negli Stati Uniti fu tenuta proprio a Filadelfia nel 1876 e fu visitata da più di 10 milioni di persone (il 20% della nazione), contribuendo a stimolare i ricchi americani a viaggiare in Europa, dove l’arte era al top nella loro lista della spesa. Ne è nato il Philadelphia Museum of Art, che ha aperto l’anno successivo, e possiede oggi una collezione di oltre 240.000 opere, rappresentative di oltre duemila anni di produzione artistica.

Edgar Degas – La classe di danza, ca. 1880

Lo sviluppo del museo si deve a Fiske Kimball, direttore per trent’anni dal 1925, che dotò il museo di arredi originali di vari paesi e epoche, convinto di voler offrire ai visitatori un’esperienza vivida della storia di ogni forma d’arte. Un susseguirsi pressoché continuo di donazioni da parte di imprenditori illuminati e appassionati collezionisti ha arricchito negli anni il museo che ora possiede opere d’arte di ogni epoca e tipologia: dalle terrecotte e sculture giapponesi e cinesi a miniature, xilografie e sculture asiatiche, dai dipinti antichi, disegni e stampe italiani a una collezione di armi e armature, da oggetti di argento e porcellana a opere d’arte e design contemporanei, compresa una collezione di fotografia che consta di trentamila stampe in bianco e nero e a colori.

Paul Cézanne -Le Quartier du Four à Auvers-sur-Oise, ca. 1873 olio su tela, 46.4 x 55.2 cm. Philadelphia Museum of Art, Collezione Samuel S. White III e Vera White, 1967

Le collezioni d’arte moderna e impressionista – raccontano oggi Jennifer Thompsone Matthew Affron, non solo i conservatori del museo ma anche i due curatori della mostra milanese – sono uno dei fiori all’occhiello del Philadelphia Museum of Art. La loro peculiarità è che sono il risultato di donazioni, non solo di singole opere, ma di intere eccezionali raccolte caratterizzate dalla forte personalità dei collezionisti. Gli americani, ma in particolare gli abitanti di Philadelphia, sono stati tra i primi collezionisti dell’impressionismo, in gran parte grazie all’artista Mary Cassatt che ha a lungo abitato a Parigi e fatto da tramite tra i propri concittadini e i mercanti e gli artisti francesi. L’atmosfera intima e affascinante dei dipinti impressionisti era ideale per decorare le grandi residenze di questi imprenditori, che hanno poi donato le proprie opere al museo. Alexander Cassatt, fratello della pittrice e capo della Pennsylvania Railroad per primo acquistò opere di Manet, Monet, Degas e Pissarro, contagiando altri dirigenti che fecero a gara nell’acquisto di opere d’arte francesi. Frank Graham Thomson, successore di Cassatt, cercò di conoscere Monet, mentre la Cassatt lo portò nella galleria parigina di Paul Durand-Ruel, il più importante mercante d’arte impressionista dell’epoca. Thomson acquistò nel tempo dodici dipinti di Monet e altre opere impressioniste.

Pierre Bonnard – Omaggio a Maillol, 1917
olio su tela, 121.9 x 47 cm. Philadelphia Museum of Art, Collezione Louis E. Stern, 1963

I primi dipinti impressionisti – raccontano sempre i due curatori americani – entrarono nella collezione del Philadelphia Museum of Art nel 1921, quando il W.P. Wilstach Fund consentì di acquistare dieci opere dagli eredi di Alexander Cassatt.

Tra gli altri collezionisti che contribuirono a fare del museo una meta imperdibile per gli appassionati d’impressionismo negli Stati Uniti figura anche Samuel Stockton White III. Da giovane, White fu un culturista pluripremiato e, durante un soggiorno a Parigi nel 1901, fece da modello a Rodin, la cui scultura è esposta in mostra. Rientrato a Philadelphia, White cominciò ad acquistare dipinti impressionisti, che la moglie Vera lasciò al museo nel 1967. Allo stesso modo, molte eccezionali donazioni furono il frutto della generosità di Henry P. McIlhenny e della sorella Berenice McIlhenny Wintersteen. I dipinti di Delacroix, Degas, Renoir, Matisse e Picasso che i due fratelli acquistarono e poi donarono al museo costituirono l’ossatura di una straordinaria collezione d’arte moderna, destinata a crescere senza sosta per tutto il XX secolo.

La donazione che diede però formalmente il via alla odierna, vastissima, collezione d’arte moderna del museo fu quella di Albert Eugene Gallatin che nel 1927 creò la prima collezione pubblica d’arte moderna del XX secolo negli Stati Uniti. La sua Gallery of Living Art aveva sede all’Università di New York e prosperò fino al dicembre del 1942, quando venne deciso di non poter più ospitare la collezione. Kimball, direttore del Philadelphia Museum of Art, chiese a Gallatin di considerare Philadelphia come sede permanente della collezione e all’inizio del 1943, i due firmarono un accordo per il prestito immediato e il successivo lascito di oltre centosessanta opere.

Henri Rousseau – Una sera di carnevale, 1886
olio su tela, 117.3 x 89.5 cm. Philadelphia Museum of Art, Collezione Louis E. Stern, 1963

La donazione di Gallatin fu seguita da quella di Louise e Walter Arensberg, la cui collezione costituisce l’altra pietra miliare dell’arte del Novecento a Philadelphia. Dopo essersi trasferiti a New York iniziarono a raccogliere la loro collezione e ben presto conobbero Duchamp, appena arrivato da Parigi e già famoso negli ambienti artistici newyorkesi. Gli Arensberg si affidarono alle sue conoscenze per l’acquisto delle opere d’arte, e il loro appartamento non tardò a riempirsi di dipinti, collage e disegni di Picasso, Matisse, Georges Braque e dello stesso Duchamp. Alla fine degli anni Quaranta, le opere che avevano raccolto erano già universalmente riconosciute come tesori dell’arte moderna. I musei di tutti gli Stati Uniti cercarono di aggiudicarsele, ma Fiske Kimball fece presente agli Arensberg che l’ala nord-orientale del Philadelphia Museum of Art, ancora incompiuta, avrebbe potuto offrire ampio spazio sia alla loro collezione d’arte moderna sia ai loro oggetti precolombiani. La propensione della coppia ad accettare la proposta di Kimball si consolidò quando Duchamp, mandato a Philadelphia nel 1949 in “ricognizione segreta”, giudicò favorevolmente la “sensazione di stabilità” trasmessa dall’edificio. La collezione di pittura moderna del museo fu poi arricchita dalla donazione, nel 1964, della collezione Louis E. Stern, che contava più di trecento opere. Stern si concentrò sulla pittura francese del XIX e del XX secolo, dai capolavori impressionisti e post-impressionisti di Renoir, Cézanne e Bonnard alle opere di Henri Rousseau, Henri Matisse e di maestri della Scuola di Parigi come Chagall e Soutine.

Pensare che questi capolavori erano nelle case di industriali americani o di illuminati collezionisti che con grande generosità decisero di donarli al Philadelphia Museum of Art che a sua volta li presta, per quasi sei mesi, a Milano, rende davvero la mostra una occasione unica. Un assaggio di grandissimo livello che farà senz’altro venire voglia a molti di andare a Philadelphia (perché no? ed è questo anche il suggerimento di Timothy Rub, direttore del museo americano), ad ammirare non solo la città ma anche il resto di questa imponente collezione di fama internazionale.

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Claudio Moschin

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